Nuove armi contro "mucca pazza"
Si parla sempre di meno della sindrome della "mucca pazza"; in effetti, dall'inizio di settembre, su 232 mila bovini controllati solo 28 sono stati trovati positivi per la BSE. Così, mentre presto la fiorentina ritornerà in commercio, le paure si dissolvono.
Eppure l'attenzione verso il pericolo della BSE è sempre alta e, dal momento che gli attuali esami possono essere effettuati solo al momento della macellazione perché richiedono l'analisi del cervello, si cercano tecniche atte a consentire test anche prima della macellazione dell'animale.
A Padova come a Torino si sta cercando di mettere a punto un test in grado di rilevare l'infezione con un esame del sangue, questo consentirebbe una diagnosi precoce della BSE che verrebbe effettuata mediante rilevazione con anticorpi diretti contro le proteine prioniche presenti solo negli animali infetti.
Claudio Soto a Ginevra ha osservato che gli ultrasuoni moltiplicano la presenza dei prioni nel sangue rendendoli così visibili quando ancora la loro presenza nell'organismo è esigua.
Ricercatori di Gerusalemme stanno invece cercando un protocollo per trovare il prione nelle urine degli animali.
Mentre queste informazioni ci fanno stare un po' più tranquilli sulla situazione dei nostri allevamenti, studi recenti condotti negli Stati Uniti hanno dimostrato come la variante umana della BSE, la sindrome di Creutzfeldt-Jakob, sia trasmissibile da un individuo all'altro anche con le trasfusioni di sangue.
Nell'istituto californiano Scripps è stato scoperto un anticorpo (il D18) in grado di impedire alle cellule attaccate dal prione di ammalarsi e quindi di eliminare il prione stesso, ma la ragione della sua azione è ancora in gran parte ignota.
All'Università di Zurigo invece si sta cercando di mettere a punto un vaccino sui topi in grado di agire contro la proteina prionica che il nostro organismo da solo non è in grado di combattere perché non riesce a distinguerne la pericolosità.