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Notizia del 21/05/2007

Le nuove frontiere nelle terapie contro l'infarto miocardico acuto.

Diagnosi precoce e puntuale grazie a nuovi biomarcatori.

L’infarto acuto del miocardio è stato l’argomento del seminario svoltosi lunedì 21 maggio 2007 presso l’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino in via Po 18.

Il dottor Marco Caputo dell'ospedale di Bussolengo (Verona) ha trattato il tema delle Troponine cardiache. L'attacco cardiaco è ancora oggi il "killer" numero uno in Italia sia per gli uomini che per le donne. Ogni anno circa 160.000 italiani sono colpiti da attacco cardiaco. 40.000 di loro non sopravvivono, e di questi più della metà muore in modo improvviso, prima di poter raggiungere un ospedale, specialmente nelle prime due ore.

Il contributo che la Medicina di Laboratorio ha fornito alla Cardiologia Clinica per lottare contro questo temibile assassino è aumentato nell’ultimo decennio sia di importanza che di intensità. I progressi della genomica e della proteomica hanno fornito le basi su cui costruire dei metodi di dosaggio di molecole molto specifiche e molto sensibili alla presenza di lesioni del tessuto cardiaco anche di limitata estensione, ma potenzialmente pericolose. La disponibilità di tali metodi, che sono nati e cresciuti parallelamente allo sviluppo di nuove e più efficaci soluzioni terapeutiche, ha spinto Cardiologi e Laboratoristi a rivedere le strategie diagnostiche per adeguarle ai nuovi orizzonti aperti in tema di prevenzione e stratificazione del rischio di essere colpiti da un evento cardiaco acuto.

La famiglia di biomarcatori cardiaci di gran lunga più importante si è dimostrata essere quella delle Troponine cardiache. Si tratta di proteine presenti nel tessuto miocardico ma non dosabili nel sangue periferico del soggetto sano. In presenza di lesioni (tipicamente un trombo che occlude una delle arterie coronarie), la concentrazione ematica (nel sangue) delle troponine aumenta rapidamente, consentendo di confermare un sospetto diagnostico e di avviare una adeguata terapia, che sarà tanto più efficace quanto più precocemente iniziata. Perché questi interventi si rivelino efficaci, è naturalmente indispensabile integrare correttamente le procedure e saper interpretare i risultati in modo omogeneo. A tale fine le principali società scientifiche dei cardiologi europei ed americani, insieme alle società di Medicina di Laboratorio, hanno elaborato e diffuso delle Linee Guida che, partendo dalla nuova definizione dell’infarto del miocardio, intendono fissare gli standard per la diagnosi ed il monitoraggio di questa importante patologia indipendentemente da dove ci si trovi ad assistere i pazienti.

Il dottor Piero Cappelletti dell'ospedale di Pordenone ha invece trattato il tema del peptide natriuretico cardiaco di tipo B (BNP). Esso è il principale rappresentante delle molecole secrete dal cuore che hanno attività ormonale. La scoperta del cuore come organo endocrino, coinvolto cioè nella produzione di ormoni attivi sia localmente che a distanza, è piuttosto recente, circa vent’anni. Oggi il ruolo endocrino del cuore riveste un'importanza centrale nella regolazione del volume dei liquidi intravascolari, attraverso azioni sulla vasodilatazione, sulla diuresi, sull’attività di ormoni controlaterali dell’asse renina-angiotensina-aldosterone e sulle attività cellulari metaboliche ed immunitarie. Grazie ad affinamenti tecnologici del decennio scorso, il BNP è divenuto facilmente determinabile nei laboratori clinici.

Il gran numero di ricerche intorno alla sua applicazione nella pratica clinica ha portato alla definizione di Linee Guida per un suo uso appropriato. Le Linee Guida italiane, presentate nel 2005 e recentemente riviste (alla stesura delle quali ha partecipato anche il relatore), indicano come rilevante il ruolo di BNP: nella diagnostica differenziale delle dispnee acute, per capire se la crisi di “fame d’aria” dipenda da patologie respiratorie oppure da patologie cardiache, cioè dallo scompenso cardiaco acuto; nella valutazione prognostica sia del paziente con dispnea acuta che nel paziente con sindrome coronarica acuta, perché è in grado di prevedere globalmente l’andamento della funzionalità cardiaca nel decorso di questi pazienti; nel monitoraggio del decorso dei pazienti con scompenso cronico di cuore ed infine nella valutazione della migliore terapia applicabile a pazienti cardiopatici. Quest’ultimo punto è ancora in discussione, ma è molto allettante. Infatti studi recenti, anche italiani, mostrano che l’uso del BNP può guidare nella scelta delle molecole farmacologiche della terapia dello scompenso di cuore ed anche nel determinare la posologia delle stesse. Inoltre la valutazione del paziente con BNP può aiutare a definire l’aggressività della terapia nei pazienti con infarto del miocardio.

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