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Notizia del 15/09/2009

La vitamina E previene l'invecchiamento anche dei biomateriali

La vitamina E previene non solo la vecchiaia del corpo, ma anche quella dei suoi pezzi di ricambio, come le protesi ortopediche, allungandone la vita del 750 per cento. La scoperta, che ha l'obiettivo di evitare dolorosi e costosi interventi di sostituzione delle protesi, è stata presentata al Quarto congresso internazionale sull'Ultra high molecular weight polyethylene, che si è svolto dal 16 al 18 settembre al CTO di Torino.

Le protesi ortopediche (anca, caviglia, ginocchio, spalla), sono formate dal piu' semplice dei polimeri sintetici, il polietilene - la piu' comune fra le materie plastiche - soggetto, talvolta, a un deterioramento precoce che compromette il risultato dell'intervento chirurgico, rendendone necessaria la sostituzione. La degenerazione di questa resina termoplastica (il polietilene), dipende, in particolare, dalla sterilizzazione con i raggi gamma. Questi pero' provocano l'ossidazione del materiale e la degenerazione precoce delle protesi.

Ecco perche' entra in scena la vitamina E. Si e' pensato di verificare se le proprieta' antinvecchiamento della vitamina E (miscelata al polietilene), potessero funzionare anche sui biomateriali. Questi i risultati delle analisi condotte nel laboratorio sui materiali polimerici dell'Universita' di Torino diretto dal professor Luigi Costa: il polietilene sterilizzato con raggi gamma dura 200 ore e poi invecchia (si degrada), quello sterilizzato con raggi gamma, ma poi trattato con l"'iniezione" dello 0,1 per cento di vitamina E, dura 1500 ore e poi si degrada. I test hanno dunque dimostrato che la vitamina E ha effetto anti-invecchiamento anche su un materiale sintetico come il polietilene, allungandogli la vita del 750 per cento.

Tutto e' cominciato nei primi anni Novanta a Torino, quando gli ortopedici della I Clinica Universitaria dell'Azienda Ospedaliera Cto hanno scoperto che alcune protesi d'anca (ma non tutte), dopo pochissimi anni dall'impianto, si degradavano. Una volta espiantato, il polietilene di quelle protesi usurate fu portato dalla professoressa Elena Brach del Prever al professore di Chimica industriale e materiali polimerici, Luigi Costa. Fu cosi' che fu dimostrata la pericolosita' del polietilene come biomateriale.

I ricercatori torinesi scoprirono che la sterilizzazione con radiazioni ionizzanti in presenza di ossigeno provocava l'ossidazione del materiale e il suo deterioramento. I clinici ortopedici torinesi diretti dal professor Paolo Gallinaro ottennero, nel 1996, la pubblicazione del loro studio sulla rivista Biomaterials. Ma nonostante anche altre segnalazioni successive si continuo' per anni a produrre e impiantare protesi con un polietiliene ad alto rischio di degradazione.

In Italia, nel 2005 il ministero della Salute ha emanato una "raccomandazione" a non usare protesi sterilizzate con raggi gamma in presenza di ossigeno e a prestare massima attenzione al confezionamento e allo stoccaggio di polietilene sterilizzato con raggi gamma. Quindi il ministero sconsiglia anche l'impianto di protesi cosi' sterilizzate piu' vecchie di 5 anni. La proposta che arriva dagli esperti e' quella di istituire un registro nazionale per potere valutare cosi' la sicurezza e l'efficacia di ogni protesi, confrontando dati ancora inesistenti.

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