La sensazione del tatto passa anche per la vista
C'è quella particolare impressione che si ha quando si vede, magari al cinema, un grosso ragno camminare sulla pelle di qualcuno: brividi, e la netta sensazione che stia camminando anche addosso a noi.
Uno studio pubblicato sulla rivista Neuron dà ora una spiegazione scientifica del fenomeno. E' vero: in un certo senso è proprio come se quel ragno camminasse sopra la nostra pelle, semplicemente perché la vista di qualcuno che tocca qualcosa attiva nel nostro cervello le stesse aree nervose responsabili della sensazione del tatto.
Come molte altre ricerche nel campo del funzionamento del cervello, anche quella condotta da scienziati olandesi, francesi ed italiani (questi ultimi dell'Università di Parma) ha usato la risonanza magnetica funzionale, un metodo che permette di vedere il cervello mentre funziona in tempo reale.
Alcuni volontari si sono sottoposti all'esame mentre guardavano dei film. In metà delle pellicole proiettate c'erano scene di persone che toccavano o venivano toccate, nell'altra metà le stesse persone compivano diverse azioni, ma senza alcun contatto fisico.
I ricercatori hanno trovato che, in tutti i casi nei quali i protagonisti toccavano qualcosa, il cervello dei volontari attivava la corteccia somatosensoria secondaria. Fino ad oggi si riteneva che questa zona si attivasse esclusivamente quando c'erano vere sensazioni tattili. Invece il lavoro pubblicato su Neuron dimostra che è capace di entrare in funzione anche quando sono solo gli occhi a trasmettere informazioni. Purché siano però tattili anche queste. Quando i volontari guardavano l'altro tipo di film, infatti, la corteccia somatosensoria secondaria rimaneva silenziosa.
Altri studi in passato sono andati in questa direzione: il cervello è capace di "sentire" cosa succede agli altri (la cosiddetta "empatia") non solo con la ragione, ma trasferendo quelle sensazioni esattamente negli stessi circuiti, come se la stessa cosa stesse accadendo alla persona che guarda.
"Insieme con i nostri lavori precedenti - dice Vittorio Gallese, dell'Università di Parma - questa scoperta sembra fornirci la prima teoria unica sull'empatia: noi comprendiamo le azioni, le emozioni e le sensazioni degli altri simulandole al nostro interno".