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Notizia del 03/08/2004

L'infezione da influenza durante la gravidanza può essere in rapporto con la schizofrenia

Contrarre l'influenza durante la gravidanza (ma solo nella prima metà) potrebbe far aumentare il rischio di schizofrenia per il bambino. Un risultato che è solo preliminare, e dovrà essere confermato da altri studi, ma che potrebbe avere implicazioni per le politiche di sanità pubblica verso le future madri.

Il dato emerge da una grande ricerca iniziata nel 1959 e che ha coinvolto 12.094 bambini nati fino al 1966. Lo studio mirava proprio a cercare fattori alimentari, infettivi, tossicologici o di altro tipo che potessero influenzare la possibilità di essere colpiti da questa grave malattia mentale.

Oggi quei bambini sono tutti nell'età in cui una eventuale schizofrenia è stata ormai diagnosticata, e questo ha permesso ai ricercatori di diverse strutture scientifiche americane di esaminare le persone malate e, soprattutto, andare a studiare il siero del sangue delle loro madri, prelevato durante la gravidanza e conservato fino ad ora.

In questo siero è possibile trovare, tra l'altro, anche gli anticorpi contro il virus dell'influenza, e quindi sapere se, e in quale momento, la mamma aveva incontrato il virus influenzale. Mettendo assieme tutti i dati, i ricercatori americani, che hanno pubblicato i risultati sulla rivista Archives of General Psychiatry (un giornale che fa parte del gruppo editoriale del Journal of American Medical Association), hanno scoperto che esiste una associazione tra l'infezione, purché contratta dalla madre nella prima metà della gravidanza, e la possibilità di ammalarsi di schizofrenia in età adulta. L'infezione nella seconda metà della gravidanza, invece, sembra non avere effetti dannosi.

Naturalmente l'effetto sulla salute dei bambini di alcune infezioni virali o batteriche contratte dalla madre è ben noto, basti pensare alla varicella. Aggiungere anche l'influenza potrebbe significare dover prendere misure di prevenzione su grande scala.

"Sebbene - dice Ezra Susser, uno dei principali ricercatori del progetto - questi risultati possano avere implicazioni per le strategie di prevenzione, dobbiamo essere molto cauti fino a che non ci saranno altre conferme".

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