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Notizia del 15/06/2004

Forse sarà possibile fermare il diabete di tipo I

Scienziati dell'Università della California a San Francisco sono riusciti a fermare nei topi la progressione di una malattia devastante come il diabete di tipo I.

Questo diabete, che nell'uomo tipicamente si sviluppa in età giovanile, è una vera e propria malattia autoimmune. In altri termini, il sistema immunitario dell'organismo compie un grosso sbaglio, e comincia ad attaccare le cellule delle Isole del Langherans, nel pancreas, quelle che producono l'insulina. Alla fine la distruzione può diventare completa, e la persona colpita dovrà fare affidamento alle iniezioni di insulina per continuare a vivere.

Responsabili di questo attacco sono i linfociti CD8+T, che normalmente hanno la funzione di attaccare le cellule cancerose e quelle infettate da virus o batteri. Nel caso del diabete, questi linfociti penetrano nel pancreas ed iniziano la loro opera dannosa contro cellule che però sono a posto.

Studiando un tipo particolare di topo, che tende spontaneamente a sviluppare il diabete, i ricercatori americani sono riusciti a capire meglio cosa avviene quando i linfociti CD8+T si scatenano. La loro attenzione si è concentrata su una molecola chiamata NKG2D, che si trova sulla superficie dei linfociti incriminati ed è capace di legarsi ad un'altra molecola di solito presente nelle cellule anormali. Quando questo legame avviene, i linfociti si attivano e distruggono la cellula.

"Abbiamo trovato - dice Lanier Koetsu Ogasawara, a capo dello studio - che le cellule T che stavano infiltrandosi nel pancreas dei topi avevano l'NKG2D, mentre le cellule delle isole del Langherans presentavano sulla loro superficie la molecola capace di legarsi a quella dei linfociti, una cosa che non accadeva alle stesse cellule nei topi sani".

Quindi l'idea è stata di bloccare l'interazione tra la NKG2D e la corrispondente molecola alla quale si lega. L'effetto è stato ottenuto con un anticorpo specificamente disegnato. Il risultato è stato drammatico, secondo quando riportano i ricercatori in un articolo sulla rivista Immunity: nei topi che stavano per diventare diabetici, perché era iniziato l'attacco autoimmune, il processo si è bloccato, ed il diabete non si è sviluppato

Altri metodi sono stati provati in passato, sempre su questo tipo di topi, per bloccare la reazione autoimmune, ed alcuni di loro avevano avuto successo. Ma dovevano essere usati tutti in un'età molto giovane. Il sistema sviluppato a San Francisco, invece, funziona anche se viene somministrato dopo un po' di tempo dall'inizio dell'attacco da parte dei linfociti.

E' troppo presto per dire se ciò si tradurrà in una vera terapia per l'uomo. E bisogna anche considerare una cosa importante: il procedimento di cui si parla su Immunity avrebbe solo la possibilità di bloccare la malattia in via di sviluppo, ma non permetterà di curare chi è già stato colpito dal diabete, e quindi ha già visto distrutte le sue cellule produttrici di insulina.