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Notizia del 11/07/2005

Cellule staminali: nuova arma contro l'infarto

L'uso delle cellule staminali adulte per riparare i cuori che hanno subito infarto

Pronti i protocolli per la sperimentazione clinica dell'utilizzo delle cellule staminali nella ricostruzione del tessuto cardiaco umano. Lo ha detto Gianni Losano che coordina il progetto di studio dell’Universitá di Torino sull’impiego delle cellule staminali nella rigenerazione del cuore infartuato, presentato al 78° Convegno della Societá Italiana di biologia sperimentale di Torino (Luglio 2005).

Fra tre anni si sperimentera' sull'uomo cio' che -primi in Italia- i ricercatori della Sezione di Fisiologia del dipartimento di Neuroscienze dell'Universita' di Torino hanno dimostrato con successo sui ratti, in laboratorio, insieme ai colleghi del dipartimento di Biologia animale e dell'uomo e di quello di Scienze Cliniche e Biologiche.

Le cellule staminali prelevate dal midollo osseo e messe in cultura insieme a quelle rimaste sane in un cuore malato, si trasformano in cellule miocardiche (le cellule del cuore) impiantabili in sostituzione delle malate.

"Riteniamo i tre anni un periodo congruo per completare la nostra fase di studio in laboratorio e passare a quella successiva sull'uomo" - ha confermato il professor Gianni Losano, responsabile dell'Unita' Operativa di Fisiologia. L'utilizzo di cellule staminali adulte consente di portare avanti la ricerca senza affrontare i problemi di bioetica che nascono dall'utilizzo di cellule embrionali".

La ricerca che a Torino ha ottenuto questo importante risultato e' durata un anno, finanziata in parte dalla Compagnia di San Paolo, condotta da un gruppo di lavoro che comprende, oltre ai ricercatori torinesi, colleghi delle sette Universita' di Bologna, Parma, Firenze, Verona, Milano, Roma e Perugia.

Al progetto di studio, collabora anche il Dipartimento di scienze cliniche e biologiche del San Luigi di Torino, dove vengono realizzati gli esperimenti sui cuori isolati.

L'impiego terapeutico delle cellule staminali potrebbe portare a una vera e propria rivoluzione in medicina: dei 30 milioni di malati cronici in Italia, un terzo potrebbe essere curato con questa nuova strategia.