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Notizia del 09/06/2004

Alzheimer: nel cervello esiste una memoria che regge meglio alla malattia

Nei malati di Alzheimer c'è un tipo di memoria che non viene sconvolto dalla malattia, o per lo meno ne viene affetto in misura molto minore. Potrebbe essere una nuova strada per aiutare queste persone a mantenere capacità mentali migliori di quelle che ci si può attendere oggi dal decorrere del morbo.

In un articolo pubblicato sulla rivista Neuron, ricercatori della Washington University di Saint Louis, riportano un esperimento secondo il quale i pazienti di Alzheimer ancora allo stadio iniziale della malattia mostrano una capacità di "memoria implicita" simile a quella di persone della stessa età non colpite dalla sindrome.

Gli scienziati dividono la nostra memoria in due categorie: esplicita ed implicita. La prima è quella di cui siamo coscienti: ricordare eventi, luoghi o persone. La seconda è quella più nascosta, dove vengono immagazzinate le abilità, ad esempio premere sempre più velocemente i tasti del telefonino per mandare messaggi SMS, ma anche cose più complesse come il riconoscere la razza di un animale al volo.

L'esperimento condotto negli Stati Uniti ha messo a confronto un gruppo di 34 giovani adulti sani, un altro di 33 persone più anziane (ma senza sintomi di Alzheimer) e un terzo, formato da 24 individui, della stessa età ma con i primi sintomi della malattia. Tutti dovevano guardare uno schermo dove apparivano dei nomi di cose o animali, e dovevano quindi classificare le parole viste a seconda se indicavano cose "viventi" o "non viventi".

I più giovani sono stati prevedibilmente più veloci, però in generale tutti e tre i gruppi hanno mostrato un aumento graduale nella velocità di classificazione delle parole, un segno caratteristico dell'acquisizione di una abilità.

Anche all'esame con la risonanza magnetica funzionale si è visto lo stesso fenomeno: la parte del cervello coinvolta nella memoria implicita, la corteccia prefrontale sinistra, mostrava in tutti e tre i gruppi una graduale diminuzione dell'attività, segno di una memoria che si era formata e che non richiedeva più grandi capacità di elaborazione.

Quindi anche i malati di Alzheimer hanno mostrato di saper immagazzinare ricordi di questo tipo. Ed allora, se la memoria esplicita ha problemi, perchè non usare quella implicita per combattere i sintomi della malattia? Sarebbe un addestramento come un altro.

"Presi tutti assieme - dicono infatti gli autori - questi risultati potrebbero portarci a realizzare processi di addestramento specifici per i malati in modo da renderli più autonomi nella loro vita di tutti i giorni".

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