Glossario

ultimo teorema di Fermat

"Se n è un intero maggiore di 2, l'equazione xn + yn = zn non può essere soddisfatta da valori interi di x, y e z diversi da zero."

Questo teorema fu enunciato a metà del Seicento da Pierre de Fermat, e la sua dimostrazione è rimasta per più di tre secoli uno dei problemi irrisolti della matematica.

Per comprendere l'enunciato è utile considerare il significato della formula che vi compare, nel caso particolare in cui n=2. In tale caso l'equazione diventa x2 + y2 = z2, ed è strettamente legata al teorema di Pitagora. Sappiamo bene che questa equazione ha soluzioni intere e diverse da zero.

Se per esempio x=3 e y=4, allora essa è soddisfatta da z=5 (infatti: 32 + 42 = 9 + 16 = 25 = 52). In termini del teorema di Pitagora, ciò equivale a dire che se in un triangolo rettangolo i due cateti sono lunghi rispettivamente 3 e 4 unità (qualunque sia questa unità di misura), allora la lunghezza dell'ipotenusa è pari a esattamente 5 unità.

Dal punto di vista della teoria dei numeri, si può dunque dire che il quadrato di un numero intero talvolta può essere espresso come somma di due numeri ciascuno dei quali a sua volta è il quadrato di un intero. L'ultimo teorema di Fermat afferma che ciò invece non è mai possibile per numeri che siano il cubo, la quarta potenza o potenze intere superiori di numeri interi. Per esempio, secondo Fermat è impossibile esprimere il numero 100.000 (la quinta potenza di 10) come somma di due interi, ciascuno dei quali sia la quinta potenza di qualche altro numero.

Dopo aver enunciato il teorema in un'annotazione a margine di una copia del trattato Aritmetica di Diofanto, Pierre de Fermat aggiunse il commento: "…cuius rei demonstrationem mirabilem sane detexi. Hanc marginis exiguitas non caperet." ("…teorema di cui ho scoperto una meravigliosa dimostrazione. Ma questo margine è troppo piccolo per contenerla."). La dimostrazione di Fermat non fu però mai ritrovata tra i suoi scritti.

Nel Settecento e nell'Ottocento le migliori menti matematiche si cimentarono nell'impresa di dimostrare l'ultimo teorema di Fermat, ma sempre senza successo. Gradualmente esso acquistò così la fama di principale enigma della matematica, vissuto quasi come una sfida personale dai matematici di professione e da innumerevoli dilettanti. Uno di questi, l'industriale tedesco Paul Wolfskehl, alla propria morte nel 1908 volle istituire un premio di centomila marchi (equivalenti a tre miliardi di lire odierne) per chi fosse riuscito a dimostrare il teorema, a patto che la dimostrazione avvenisse entro un secolo, cioè prima del 2008.

La scadenza del premio Wolfskehl era ormai vicina quando nel 1995 il matematico inglese Andrew Wiles ha pubblicato la sua storica dimostrazione dell'ultimo teorema di Fermat. Il trattato di Wiles, ponderoso ed estremamente specialistico, occupa ben 120 pagine della rivista Annals of Mathematics ed è il risultato di più di dieci anni di intenso lavoro.

Per ottenere la dimostrazione Wiles ha utilizzato le più sofisticate tecniche della matematica del Novecento, e strada facendo ha risolto numerosi problemi che erano aperti da decenni. La storia della dimostrazione è raccontata magistralmente da Simon Singh ne L'ultimo teorema di Fermat (Rizzoli 1997).

Wiles in particolare è riuscito a dimostrare la cosiddetta congettura di Taniyama-Shimura, secondo la quale vi è un'intima relazione tra due grandi campi della matematica (le forme modulari e le equazioni ellittiche) che in passato erano ritenuti del tutto separati e indipendenti uno dall'altro. Per profondità, originalità e portata dei risultati ottenuti, la dimostrazione di Wiles va considerata un capolavoro della scienza contemporanea.

Se veramente Pierre de Fermat aveva scoperto una "meravigliosa dimostrazione" del suo ultimo teorema, tuttavia, essa doveva certamente essere diversa (e presumibilmente più semplice) della dimostrazione fornita da Wiles. Dunque la sfida, per chi volesse riscoprire la dimostrazione originale, resta ancora aperta.

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