Glossario

Teoria delle grandezze

La possibilità di misurare le grandezze, cioè di associare a ognuna di esse un numero che ne esprima il rapporto con una grandezza campione (l'unità di misura) è una delle prime motivazioni per lo sviluppo della matematica, di cui si trovano segni in tutta la produzione preellenica. L'impossibilità della scelta di un'unità di misura universale rispetto alla quale tutte le grandezze omogenee siano esprimibili mediante numeri interi e dunque la necessità di sottomultipli, porta all'introduzione immediata delle frazioni nel sistema numerico, anche se le operazioni con queste non sempre sono pienamente comprese ed esplorate. La matematica greca perfeziona questo sistema numerico, ma la scoperta di grandezze incommensurabili, come il lato di un quadrato e la sua diagonale, fa crollare la costruzione sviluppata dai pitagorici che poneva la scienza del numero alla base di tutto. Se i numeri sono insufficienti a descrivere le cose e in particolare i loro rapporti si relega allora in posizione marginale la teoria dei numeri e si va sviluppando una teoria che permetta di operare direttamente sui rapporti. Questa trova una compiuta sistemazione nella teoria delle proporzioni delle grandezze esposta da Euclide. Da questo punto in poi tutti i risultati sulle grandezze, sostanzialmente fino al Seicento, verranno allora espressi sempre in termini di rapporto o proporzione. Una classe di grandezze (che si diranno omogenee) è ben definita se si sa come eseguire il confronto tra due grandezze della classe (cioè come stabilire quale è maggiore e quale minore) e come eseguirne la somma. Nel caso delle aree delle figure piane o del volume dei solidi la somma è essenzialmente l'unione e il confronto viene eseguito combinando un criterio di inclusione con uno di uguaglianza per equiscomposizione. Per provare che una figura è uguale a una figura nel caso in cui non siano equiscomponibili si dovrà provare che non può essere né né . Per fare ciò si procede per assurdo; supponendo ad esempio che l'assurdo si raggiunge mediante la costruzione di una figura intermedia tra e che dovrebbe risultare contemporaneamente maggiore e minore di . Il metodo di esaustione, attribuito ad Eudosso ed utilizzato nel XII libro degli Elementi di Euclide, rientra nella teoria classica delle grandezze. Il termine esaustione non è usato dai greci ma viene introdotto nel XVI secolo. Si riferisce al procedimento di costruzione della figura intermedia descritto sopra alla cui base sta l'assioma seguente: se da una qualsiasi grandezza si sottrae una parte non inferiore alla sua metà e se dal resto si sottrae ancora non meno della sua metà e se questo processo di sottrazione viene continuato alla fine rimarrà una grandezza inferiore a qualsiasi grandezza dello stesso genere precedentemente assegnata. Questo procedimento che può essere piuttosto lungo e laborioso e richiede di conoscere in precedenza il risultato che si vuole raggiungere permette di provare con rigore che determinate figure stanno tra loro in un certo rapporto o che due figure stanno tra loro come altre due, tanto che nel Rinascimento si diffuse la convinzione dell'esistenza di un metodo segreto da usare preliminarmente. Dalla metà del Cinquecento il problema di ``divinare`` il presunto metodo e di trovare una scorciatoia alle complicazioni che l'esaustione presenta al crescere della generalità dei risultati che accompagna la riscoperta e la restituzione dei classici, costituisce il punto di partenza per l'elaborazione di nuove tecniche.

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