Esperimenti

Una lezione di storia dell'arte - La geometria proiettiva

La professoressa de Turris ha deciso, per la lezione di oggi, di stupire i suoi studenti con effetti speciali.

Al loro arrivo a scuola, Paolo e i suoi compagni trovano la classe immersa nella penombra e quando si sono tutti sistemati nei loro banchi, la de Turris illumina l'aula con il fascio di luce della lavagna luminosa e, prima ancora di iniziare a parlare mostra loro un quadro antico.

Piero della Francesca - Flagellazione"Questa è La flagellazione di Piero della Francesca", esclama interrompendo al volo le prime inevitabili risatine dei ragazzi immersi nel buio.

"Piero è uno dei massimi geni del nostro Paese, morto a Borgo San Sepolcro più di cinquecento anni fa, nel 1492. È figlio di ricchi e intraprendenti mercanti fiorentini, ma presto abbandona le orme della famiglia per diventare uno dei più importanti pittori di tutto il Rinascimento. E le sue tante opere danno ancora oggi lustro alla Toscana e all'Italia tutta".

Mentre parla, la professoressa cambia i lucidi delle opere del pittore; dopo la Flagellazione, il Polittico della Misericordia, il Battesimo di Cristo, la Leggenda della Vera Croce.

"Come potete vedere, Piero ricorre spesso a figure matematiche. Pensate che studiò e riscoprì, i cinque solidi platonici, che offrono un risultato stupefacente a chi studia geometria nello spazio.

Nel piano potete costruire poligoni che hanno tutti i lati e tutti gli angoli uguali. Sono i cosiddetti poligoni regolari e sono infiniti: fissato un numero, è sempre possibile costruire un poligono regolare che ha quel numero di lati, e di angoli.

Se ora volete fare lo stesso nello spazio (cioè volete costruire i solidi che hanno facce e angoli tutti uguali, e volete che le facce siano poligoni regolari), una stupefacente sorpresa vi attende. I solidi con queste caratteristiche sono solo cinque: il tetraedro, il cubo, l'ottaedro, il dodecaedro e l’icosaedro, che tutti assieme vengono detti solidi platonici.

Piero riuscì a dimostrarne l’esistenza e studiò i solidi che si ottengono troncando quelli platonici. Si può sostenere che la teoria della “troncazione” sia stata introdotta proprio da Piero della Francesca che la utilizzò abbondantemente nei suoi quadri".

In aula c'è chi comincia ad annoiarsi, chi lancia aeroplanini, chi sbocconcella un panino, ma Paolo e alcuni altri compagni sono ben attenti alle parole della prof. Quei quadri sono un po' buffi, un po' strani, cose da grandi, ma quando la de Turris mostra loro tutte quelle figure che sbucano dalla tela, li trovano bellissimi.

"Ma di matematica, Piero della Francesca ne capì molta di più. Piero inventò la prospettiva! Sapete cos'è la prospettiva?"

"È come quando si disegnano le cose lontane."

"No, vedere in prospettiva vuol dire riuscire a capire qualcosa di non chiaro."

"La prospettiva serve a disegnare i solidi..."

"... senza schiacciarli come fanno i bambini."

Geometria proiettiva"Bene. Vedo che avete molte buone idee", si compiace la de Turris "i pittori prima di Piero della Francesca disegnavano proprio come i bambini, schiacciavano tutto su un piano. Piero riuscì a scoprire come far apparire sulla sua tela, piana, anche le persone, gli edifici, i panorami che invece occupano lo spazio; e ci arrivò studiando e capendo molta matematica. Partì dalla geometria euclidea, di Euclide fu un ottimo conoscitore, arrivando a veri e proprio teoremi che si fondavano su risultati di ottica e che, da vecchio, raccolse nel trattato De prospectiva pingendi. Ragionare di ottica, di prospettiva ed essere in grado di collegare tutto questo con risultati puramente geometrici fu la sua maggior intuizione matematica. Non dobbiamo immaginare che Piero ci parli di matematica con linguaggio, termini ed espressioni simili ai nostri, ma i concetti sono gli stessi: quando il nostro occhio vede un punto, in realtà sta guardando una retta: quella che collega l'occhio al punto; quando vede una retta, sta guardano un piano: quello che contiene l’occhio e la retta. Ebbene, Piero studia le proprietà geometriche che si hanno quando si identifica una retta con un punto, un piano con una retta, che è proprio quello che succede nelle rappresentazioni che tengono conto della prospettiva".

"Mi sembra un po' quello che succede con le ombre", interviene Paolo. "Certamente", si complimenta la de Turris, "ed è proprio per questo che la geometria che studia la prospettiva si chiama geometria proiettiva. È interessante osservare che le ombre forniscono modelli geometrici spesso più fedeli e precisi di quelli che si possono realizzare a mano: ad esempio, l'ombra di un bastone è esattamente un triangolo. Naturalmente, per vedere il triangolo bisogna considerare l'ombra nel suo complesso, non solo quella che viene proiettata sul pavimento. Ma quello che in generale interessa è proprio la proiezione che si ottiene su una superficie. Difatti è questa che, normalmente, viene chiamata ombra di un certo oggetto. Per chi studia geometria, l'ombra è un oggetto piuttosto interessante, infatti conserva molte delle proprietà geometriche di un oggetto tridimensionale pur non essendo altro che una sua immagine a due dimensioni".

"Ecco allora perché serve a capire la prospettiva!", si accalora Paolo.

"Benissimo! Proiettando l'ombra di un oggetto sul pavimento, o su una parete, o più in generale su una superficie, lo si trasforma da una forma dello spazio geometrico in cui viviamo a una sua rappresentazione nel corrispondente spazio proiettivo. Uno spazio proiettivo non è altro che lo spazio delle ombre".

"Non ho capito"

"Quando guardiamo un'ombra e ci concentriamo su uno dei suoi dettagli, ebbene noi non siamo in grado di dire di quale parte dell'oggetto illuminato questo è l'ombra. Infatti, tutti i punti della retta che congiunge il sole con il nostro dettaglio hanno la stessa ombra. In ciascun punto dell'ombra di un oggetto sono rappresentati infiniti punti dell'oggetto stesso - quelli allineati con il sole".

"Sì, ma in un'ombra ci sono punti che vengono avvicinati e altri allontanati".

"È vero, ma nonostante questo, l'ombra conserva la forma e le proporzioni. Anche se ci sono rette parallele nell'oggetto illuminato, che convergono nella proiezione. In una parola, l'ombra ci consente di schiacciare in due dimensioni molte delle proprietà della geometria tridimensionale, e i matematici sono riusciti a generalizzare tutto questo costruendo una geometria proiettiva per studiare lo spazio".

"È come dire che la geometria proiettiva ci permette di studiare sul piano le figure dello spazio?"

"Esattamente. I quadri di Piero della Francesca sono le prime rappresentazioni piane di una stanza, di una persona, di un panorama. Piero è riuscito a disegnare le figure solide, ha capito che punti molto lontani dovevano essere disegnati vicini tra loro, mentre punti che stavano vicini all'osservatore dovevano mantenere quasi esattamente la loro distanza".

"E perché alcuni si allontanano e altri rimangono alla distanza giusta?"

"Hai mai provato a confrontare il tuo pollice con un campanile in lontananza?"

"Sì"

"E cosa hai visto?"

"Mi è capitato di vedere il mio pollice grande, grande, più alto del campanile, perché questo era molto lontano"

"Ecco, Piero ha capito la stessa cosa: un dito vicino è grande come un campanile lontano. E ha voluto provare a disegnare tutto questo: e ci è riuscito! Il suo trucco è stato mettere sulla tela esattamente questa situazione: quello che è vicino l'ha disegnato normalmente grande, quello che è lontano, l'ha rimpicciolito sempre di più. In questo modo chi guarda un suo quadro crede di guardare il mondo reale.

Piero della Francesca ha inventato il modo di disegnare la realtà, ha inventato la prospettiva o, se preferite, la geometria proiettiva".

Suona la campanella. L'ora di storia dell'arte è volata in un attimo. La de Turris saluta ed esce spingendo il carrello con sopra lavagna luminosa, lucidi, e una bella fetta di storia dell'arte e di matematica.

Conclusione: la geometria proiettiva

OmbraIn una serata assolata, quando il sole si abbassa per tramontare, sarà capitato a tutti di vedere le ombre che si allungano, le figure che si deformano. Se camminiamo con il sole alle spalle, ci sembrerà di avere dei piedi e delle gambe larghissime, la testa piccola piccola e soprattutto di essere veramente molto lunghi, o, meglio, allungati.

Osserviamo l'ombra di una griglia, ad esempio una rete di recinzione, oppure la struttura metallica che decora alcune finestre. Quello che vediamo è che le linee orizzontali continuano a essere orizzontali, cambia invece la distanza tra loro. Man mano che si sale le distanze diventano più grandi. Alla base della griglia, le distanze sono quasi invariate, man mano che si sale, aumenta la deformazione.

E cosa succede alle linee verticali? Succede che le rette, da parallele, diventano convergenti. Di nuovo, alla base della griglia, le ombre delle rette partono praticamente con la stessa distanza di quelle originali. Poi, man mano che si sale, tendono ad avvicinarsi.

La proiezione dal sole, che può essere considerato un punto, tanto è lontano, mantiene la forma degli oggetti ma non la distanza tra due loro punti. Questo succede, a maggior ragione, con gli oggetti tridimensionali.

Una persona che cammina voltando le spalle al sole che tramonta vede in terra la propria silhouette, ma da questa è in grado di riconoscere il proprio corpo. Queste proprietà ispirano i pittori per disegnare cose e persone in modo che la deformazione sulla tela ce le faccia vedere come se fossero vere e tridimensionali.

Un'altra situazione dello stesso tipo è data dalle stelle. Quando guardiamo il cielo di notte, vediamo un insieme di puntini gialli e brillanti: le stelle. In realtà, quello che arriva al nostro occhio è un raggio luminoso per ciascuna stella che vediamo. Il nostro occhio vede un punto là dove c'è una retta.

A pensarci bene, è la stessa cosa che accade con le ombre: il nostro corpo viene proiettato sulla sua silhouette. Tutti i punti che stanno su una retta disegnano lo stesso punto dell'ombra. È come se venissimo schiacciati sul terreno. Un corpo solido produce una figura piana. Nonostante questo, la forma viene rispettata e noi siamo perfettamente in grado di riconoscere oggetti e persone diverse dalle loro ombre.

Questo non esclude che si siano ombre uguali di oggetti diversi - con tutti i fenomeni che danno vita alle cosiddette ombre cinesi. Può succedere infatti che, una volta deformate le distanze, oggetti diversi abbiano la stessa forma che, ricordiamolo, è l'unica ad essere conservata dalla proiezione su un piano.

Infatti, poiché vediamo un punto là dove c'è una retta (così funzionano le ombre e le stelle), quello che importa, quello che rimane dopo la proiezione è solo la silhouette proiettata da un punto sul piano. Tutti i punti che sono allineati con l'origine della luce si confondono, danno origine allo stesso punto dell'ombra. Pertanto, tutte le differenze che ci sono lungo quelle direzioni vengono appiattite dalla proiezione e spariscono sull'ombra.