Esperimenti

I grandi numeri del Lotto - La legge dei grandi numeri

Vicino al giardino pubblico, Giorgio e Paolo, tutte le mattine, rallentano un po', è una tappa obbligata: il papà deve scambiare due parole col giornalaio sui fatti del giorno e Paolo si allena a far saltare i sassi piatti sull'acqua del laghetto.

"Buon giorno, signor Apotema, tutto bene?" lo saluta il giornalaio Carlo, porgendogli il suo quotidiano, e Giorgio tira fuori una manciata di centesimi per pagare, "grazie. E cosa c'è di nuovo al mondo, signor Carlo?". Questi non aspetta altro e snocciola la sua rassegna stampa quotidiana. Paolo è convinto che il giornalaio tutte le mattine si prepari per il loro arrivo.

Due notizie campeggiano su tutti i quotidiani: nessuno ha ancora vinto al lotto, alla trentaduesima settimana il montepremi è salito a ventitré milioni! E, soprattutto, un nuovo record è stato conquistato: in Cina è nato il bambino numero 6 miliardi!

"È incredibile come anche i migliori sistemisti non riescano a trovare i sei numeri vincenti, dopo tutte queste settimane".

"Lei dice, signor Apotema?". Il papà è perplesso: gli sembra evidente che trentadue settimane sono tante e che qualcuno deve proprio vincere, prima o poi. Il signor Carlo si gira e prende dall'espositore un libretto colorato, DIVENTA RICCO COL SUPERENALOTTO! "Vede, Apotema, a me non sembra proprio. Qui c'è scritto che al superenalotto, c'è una combinazione giusta su 600 milioni. Poi, guardi, dedicano tutto un capitolo alla legge dei grandi numeri", "e cos'è?". "Se ho capito giusto, è una legge matematica, una legge che dice qual è la probabilità che succeda qualcosa. A dire il vero, parla di frequenza e di probabilità. La probabilità, dice qui, assicura quante volte un evento deve succedere in teoria. La frequenza è il numero di volte che quell'evento si è realizzato veramente".

"Io lo so", interviene Paolo che si è avvicinato e li ha sentiti parlare di qualcosa che conosce, "a scuola, la professoressa ci ha già insegnato le probabilità. Quando lanci una moneta, c'è una probabilità su due che esca testa e una su due che esca croce: nessuna delle due facce è meglio dell'altra". Poiché non si fida molto di quello che i grandi possono capire, Paolo prende una moneta dalla tasca del papà e mostra loro quello che succede. "Poi, c'è la frequenza: quando lancio sessanta volte la moneta, conto quante teste e quante croci. Se ci sono trentasei teste, la loro frequenza è di trentasei diviso sessanta, cioè del 60%. E allora, le croci hanno una frequenza del 40%".

Il giornalaio serve un altro cliente, lo saluta velocemente e torna a leggere il libretto sul lotto: la legge dei grandi numeri dice che man mano che il numero di estrazioni aumenta, la frequenza di una combinazione si avvicina alla sua probabilità, e che è tanto più vicina quanto più si continua. "Infatti", si fa di nuovo avanti Paolo, "se lancio la moneta mille, dieci mila, un milione di volte, le due frequenze sono sempre più vicine al 50%".

"E lo stesso deve capitare con i numeri del lotto e con le loro combinazioni", commenta papà Apotema. "Ma si rende conto di cosa vuol dire questo?", si scalda il signor Caldo, "Paolino ci ha detto che la frequenza della testa si avvicina al 50% solo dopo milioni di lanci: e giocando a testa e croce le possibilità sono solo due". Papà e figlio lo guardano perplessi, non capiscono cosa lo agiti tanto. "Vi rendete conto che la probabilità di un sei al superenalotto è di uno su seicento milioni? Allora, perché la frequenza di un sei si avvicini alla probabilità dovranno essere fatte miliardi e miliardi di estrazioni, miliardi e miliardi di giocate. Per vincere, per essere sicuri che la probabilità sia quella giusta, che l'estrazione vincente si verifichi, bisogna aspettare tantissimo tempo! e anche così, nessuno può sapere che la giocata giusta è la sua!".

"Già", commenta Paolo che proprio non capisce l'agitazione del giornalaio, "per vincere bisogna giocare sempre la stessa combinazione per anni e anni, non c'è altra regola. I numeri escono senza regolarità. Nessuna estrazione sa che cosa è successo prima, quali numeri siano usciti le volte precedenti". Giorgio guarda il figlio ammirato, come fa quel ragazzetto a seguire così bene i discorsi del giornalaio che lui stenta a capire?

"Ma, signor Carlo", chiede, "perché dice che bisogna aspettare tantissimo tempo". "Oh! Questo è semplice. Credo che ogni settimana vengano fatte circa dieci milioni di giocate. Quindi, per arrivare a seicento milioni, bisogna aspettare sessanta settimane, vale a dire un anno e due mesi. In tutto questo tempo, ogni combinazione di sei numeri ha la probabilità di uscire una volta. Ma non è mica detto che succeda! Anzi! La legge dei grandi numeri dice che deve crescere molto il numero dei casi possibili, perché la frequenza dei casi favorevoli si avvicini alla probabilità: ma qui un singolo caso possibile è rappresentato dalle estrazioni di sessanta settimane! E allora per avvicinarsi alla probabilità, c'è bisogno di ripetere tanti e tanti casi possibili, cioè tanti e tanti gruppi di sessanta settimane, cioè anni e anni".

Ora il papà è soddisfatto e fa per incamminarsi verso l'ufficio, quando gli ritorna in mente l'altra notizia e si ferma, "cosa diceva prima? Che è nato il sei miliardesimo uomo?", "così dicono i giornali, ma non mi convincono mica tanto". "Lei mi fa morire, signor Carlo! Non gliene va bene una: com'è possibile che non la convincano neanche col numero degli uomini, basta contarli".

Paolo continua a non capire questi grandi, come fa suo padre a credere che si possano contare sei miliardi di uomini, non si rende conto che sei miliardi sono veramente tanti? "Ma papà, pensaci un attimo! Prova a mettere in fila tutti gli esseri umani: se ne metti uno ogni metro, riesci a fare cento sessanta giri dell'equatore, che è lunga più di trentasette mila chilometri…", "come fai a saperlo?". Il figlio lo guarda sempre più stupito (il papà non si rende conto che la prof. di geografia gli insegna qualcosa?) e gli risponde solo con uno sguardo. "…e se adesso che li hai in fila, chiedi a tutti di dire un numero, il primo inizia con uno, il secondo dice due, il terzo tre e così via, quanto tempo pensi di metterci?", Giorgio si rende conto che sta infilandosi in un bel guaio, non riesce proprio a immaginare la risposta e così, con mille cautele, balbetta "qualche giorno". Il ragazzo scoppia a ridere, "ma che dici. Se anche tutti riescono a dire un numero al secondo (e io non credo che chi deve dire quindici milioni settecento ottantasette mila novecento uno ci riesca!), se anche tutti sono così veloci, per farli contare tutti, ci si mette più di cento novant'anni! Quando sei arrivato a metà strada, di quegli uomini non ce n'è più neanche uno vivo, e anche molti dei loro figli sono belli che morti!".

Il signor Carlo, tra un giornale e una rivista, se la ride ad ascoltare padre e figlio Apotema: è incredibile come il signor Apotema non abbia mai pensato a quanti sono veramente gli uomini, a quanto è veramente grande il numero sei miliardi; ora finalmente il figlio gliel'ha mostrato! "È proprio qui il problema, vede, tutto quello che possiamo sapere sul numero degli uomini è una stima. Pensi all'Italia, ogni dieci anni facciamo un censimento e scopriamo quanti siamo nel momento esatto del censimento. Ma anche questo non è proprio giusto: la raccolta del censimento dura alcune settimane, e quando si hanno gli ultimi dati, i primi possono essere morti o aver avuto dei figli, cambiando così il numero finale".

"Tutto quello che possiamo fare", continua il giornalaio, "è fare delle stime, possiamo solo valutare quanti probabilmente siamo in un certo momento. Lo stesso vale per l'umanità: ha senso dire che siamo circa cinque miliardi, che abbiamo superato i sei miliardi, ma non vuol dire niente che è nato il sei miliardesimo uomo. Qual è? Chi è? Come si chiama? Non si può proprio dirlo. Non esiste una contabilità esatta degli uomini, e neanche degli abitanti di uno Stato, tutto quello che possiamo sapere è un ordine di grandezza, un'indicazione del numero reale, che però rimane sconosciuto. C'è una bella differenza tra contare pochi uomini e contarne tanti: è possibilissimo sapere quanti sono i membri della vostra famiglia, del vostro condominio, forse, con un po' di organizzazione, anche del nostro quartiere, ma credo che anche per la città questo non si possa più fare. Per gruppi più grandi, ha senso solo parlare di stime sul numero totale. E così, l'essere umano numero 6 miliardi non esiste e questa è una falsa notizia".

Conclusione: la legge dei grandi numeri

La chiacchierata sul Lotto tra il signor Carlo, Paolo e Giorgio Apotema riguarda due aspetti della probabilità che vanno qui spiegati meglio: la definizione di frequenza e la legge dei grandi numeri.

La frequenza di un evento è il rapporto tra il numero di volte che questo evento si realizza e il numero di tutte le prove che sono state fatte. A differenza della probabilità, che misura quanti casi possono realizzarsi, la frequenza conta esattamente quanti casi si sono realizzati, rispetto al totale.

Se lanciamo una moneta cento volte, la probabilità che esca testa (o croce)a ognuno dei cento lanci è sempre un mezzo. Ma, dopo che li abbiamo effettuati tutti la frequenza può essere, ad esempio di 57/100 per la testa e di 43/100 per la croce: la frequenza ci dice quello che è accaduto davvero; mentre la probabilità è una misura di quello che dovrebbe accadere in astratto.

Il fatto interessante è che la frequenza si avvicina sempre di più alla probabilità. Spieghiamoci con un esempio: se dopo cento lanci la frequenza di testa è stata di 57/100, dopo mille potrà essere di 483/1000, dopo dieci mila di 5037/10000 e così via. Man mano che il numero delle prove diventa più grande, la frequenza è sempre più vicina alla probabilità.

Proprio questo è il contenuto della Legge dei grandi numeri, detta anche Legge empirica del caso

La frequenza di un evento approssima la sua probabilità.

Questa approssimazione è tanto migliore

quanto più grande è il numero delle prove totali.

Vanno fatte due osservazioni su questa Legge. La prima è che più si fanno prove più la frequenza e la probabilità sono uguali. Dopo molte migliaia di lanci di una moneta, è evidente che la frequenza della testa (o della croce) si avvicina a un mezzo.

La seconda osservazione ci porta a specificare cosa si intende per "grande". Quando è che un numero di prove totali è grande? Rispetto a cosa si intende questa grandezza?

La risposta è che la grandezza è tale rispetto alla probabilità dell'evento. Quando lanciamo una moneta, le probabilità in gioco valgono un mezzo (cioè un caso su due), allora è evidente che cento è un numero di prove grande rispetto al due che compare al denominatore della probabilità. Così, se lanciamo un dado, le probabilità in gioco valgono un sesto (cioè un caso su sei), e quindi mille è un numero di prove grande rispetto ai sei casi possibili.

Il signor Carlo ha detto a Paolo e Giorgio Apotema che la probabilità che esca un sei al superenalotto è di uno su seicento milioni. Allora, qual è un grande numero di prove per questa probabilità? Non certo qualche miliardo di estrazioni, che è grande per la nostra percezione personale, per la nostra sensibilità, ma non lo è per la Legge dei grandi numeri. Un "grande" numero di prove è costituito da molte e molte ripetizioni di seicento milioni di estrazioni. Solo in questo caso ha senso considerare la frequenza e, soprattutto, ha senso aspettarsi che la frequenza approssimi la probabilità di uno su seicento milioni che esca un sei al superenalotto.