Dossier

Il palcoscenico della scienza

Tre diversi terreni di incontro tra scienza e teatro oggi

Su quali piani si possono incontrare la scienza e il teatro oggi?

Terreno storico

Il primo punto di incontro avviene su un terreno storico: il teatro che racconta una storia scientifica, in cui si narrano episodi che hanno per protagonisti scienziati famosi e dove si affronta il difficile rapporto tra scienza ed etica, come per esempio nello spettacolo Galois di Luca Viganò, presentato per la prima volta in occasione del Festival della Scienza di Genova. Lo spettacolo mette in scena gli ultimi anni del grande matematico e riconosciuto padre dell'algebra moderna, Évariste Galois morto in seguito alle ferite riportate in duello, il 31 maggio 1832. Galois Oltre al Galois matematico, viene portato in scena l’uomo Galois, con i suoi drammi personali -un’amore non corrisposto, ma anche il Galois attivista rivoluzionario, che si pone delle domande su cosa significhi essere un cittadino francese.

Questa modalità di incontro restituisce alla scienza la sua dimensione storica, svelando il difficile percorso della ricerca e in alcuni casi il dramma personale degli scienziati. La scienza infatti non è un mero susseguirsi di risultati e di leggi, ma è prima di tutto, diceva Einstein, fatta di “carne e sangue”. “Il segreto qui è raccontare storie di scienziati per parlare di scienza: mostrare allo spettatore che la scienza – non la natura – è costruita dagli uomini, con le loro certezze e i loro dubbi. Con le loro debolezze.”(Ronconi)

Terreno sperimentale

Dunque la scienza è fatta di storie e il palcoscenico sul quale esse si rappresentano, può diventare il ponte tra lo spettatore e la storia della costruzione del sapere scientifico.

Ma c’è di più: la scienza ha essa stessa una struttura narrativa e per questo motivo si presta ad essere messa in scena.

E’ il caso dello spettacolo Infinities, scritto dal fisico J. Barrows e diretto da Luca Ronconi. Prodotto dal Piccolo Teatro di Milano è stato presentato nel marzo 2002 alla Bovisa di Milano, negli ex magazzini della Scala.

Infinities rappresenta un esperimento: è il tentativo di interagire direttamente con inusuali concetti appartenenti alla matematica (il concetto di infinito appunto) e non con la psicologia o con la biografia dei matematici. Non si tratta di vedere come il teatro può parlare della scienza, ma in che modo la scienza può parlare al teatro. Non ci sono né trama né dialogo: la sfida è dare forma a un concetto matematico, attraverso cinque paradossi che diventano cinque ambienti.

Così Ronconi ha chiesto al fisico John Barrow di scrivere il testo per lo spettacolo invitandolo a non pensare al teatro durante la stesura del suo lavoro, bensì di procedere secondo le sue solite regole di scrittura di un testo di natura scientifica.

Gli attori recitano diversi ruoli in diverse stanze, dividendosi e ricomponendosi (all'infinito!). In questo complesso meccanismo il pubblico diventa protagonista di un viaggio il cui percorso sarà scandito da cinque diversi momenti di sosta durante i quali verranno presentate diverse situazioni che rappresentano una metafora dell'infinito.

L'albergo infinito Nella prima stanza si pone il problema dell'Albergo Infinito di Hilbert, che può contenere un infinito numero di ospiti, per quanti se ne presentino in cerca di una stanza. Nella seconda si rappresenta la difficoltà di Vivere in eterno, infinitamente, senza mai morire. La terza stanza pone l'esistenza del doppio, dei molti doppi che ciascuno di noi ha in un universo infinito, ovvero Il paradosso della replicazione infinita. La quarta stanza mostra come L'infinito non è un grande numero, secondo quanto affermò il matematico Georg Cantor. La quinta stanza, tratta l’argomento dei viaggi nel tempo.

Con Infinities Luca Ronconi ha cercato di portare in scena il difficile rapporto tra linguaggio scientifico e linguaggio matematico.

"Si voleva capire come il linguaggio specialistico coinvolge lo spettatore, pur sconcertandolo, e forza i canoni dell'azione tradizionale.

E' l'idea astratta a entrare in scena da sola, senza bisogno di usare elementi biografici per avvincere lo spettatore."(L. Ronconi)

Terreno esperienziale

Crescono le attività scolastiche, nelle quali vengono proposti a bambini e ragazzi delle scuole medie e superiori, percorsi volti all'esplorazione di un immaginario scientifico attraverso l’esperienza diretta, il gioco teatrale, la manipolazione di oggetti e l’invenzione di storie scientifiche. Lo spazio scenico diventa allora lo spazio della ricerca, della scoperta, dell’elaborazione, dell’esperimento corporeo. In questo “gioco” ci si scontra con la scienza senza timore, vivendo la ricerca come un viaggio avventuroso e le scoperte scientifiche come una storia piacevole da raccontare. L'esperienza che si propone è volta alla creazione di un immaginario scientifico, in cui i ragazzi esplorino le immagini che la scienza è in grado di produrre, scoprano immagini della scienza alternative e si avventurino nel suggestivo mondo dell'esperimento creativo. Un viaggio, quindi, alla scoperta del metodo scientifico, per svincolarsi da un sapere troppo spesso avvertito come distante.

Le Nuvole Un esempio fortunato in tal senso è rappresentato da "Le Nuvole" - teatro stabile d’innovazione e ragazzi, nato nel Science Center Città della Scienza, alle spalle di Napoli, nella piana di Bagnoli. Questo teatro accoglie ragazzi di tutte l’età e non si limita a divulgare il pensiero scientifico, ma cerca di sviluppare attraverso il gioco la creatività, la riflessine personale.

Il teatro in questo caso diventa uno strumento pedagogico potentissimo in grado di trasmettere l’atteggiamento dello scienziato, il suo lavoro, quella dedizione che trova il suo senso nella ricerca stessa e in quello spirito di avventura e quella passionalità e creatività che attenzione non contraddistingue solo i grandi scienziati ma, come diceva Gianni Rodari nel “La grammatica della fantasia”

“Creatività” è sinonimo di “pensiero divergente”, cioè capace di rompere continuamente gli schemi dell’esperienza.

È “creativa” una mente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprire problemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suo agio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solo pericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti (anche dal padre, dal professore e dalla società), che rifiuta il codificato, che rimanipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibire dai conformismi.

Tutte queste qualità si manifestano nel processo creativo.

E questo processo – udite! udite! – ha un carattere gioioso.

Sempre: anche se sono in ballo le “matematiche severe.”

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