Dossier

Colture tipiche piemontesi, risorse genetiche da mantenere

Mais da polenta

L’agricoltura, e la coltivazione dei cereali in particolare, si è rapidamente evoluta nelle pratiche colturali, a partire dal secondo dopoguerra: il ricorso alla meccanizzazione, ai fertilizzanti di sintesi e agli ibridi produttivi e resistenti, ha avuto come conseguenza l’aumento quantitativo delle produzioni. Ma anche un livellamento genetico, riscontrabile all’osservazione di una campo di mais ibrido, dove le piante sono disposte a distanze prestabilite, raggiungono la stessa altezza, portano un numero molto definito di spighe (pannocchie).

Il mais prodotto oggi in Italia è destinato all’alimentazione animale sotto forma di foraggi trinciati ed in¬silati o di mangime in granella, mentre una percentuale molto inferiore soddisfa le esigenze alimentari umane. Nel corso degli ultimi 130 anni le cose sono molto cambiate su questo fronte. Nel 1880 nell’Italia del nord si consumavano circa 200 grammi al giorno di farina da polenta a testa, il che significava oltre 70 kg anno in un anno, contro dati aggiornati ai nostri anni che stimano un consumo pro-capite annuo di 4,5 kilogrammi. E’ perciò facile immaginare come il mais, nelle varietà da polenta, sia stato una risorsa alimentare per un elevato numero di popolazioni locali, che in molti casi hanno tramandato la coltivazione, per uso famigliare, di piccoli quantitativi di varietà ben adattate all’ambiente.

Pannocchie mais ottofile Oggi ci sono strumenti adatti per contenere e limitare l’erosione genetica dovuta alla riduzione globale della biodiversità: in molti casi si ricorre alla realizzazione di “banche genetiche”, di collezioni vegetali in situ, di giardini botanici che, potendo vantare collegamenti a livello mondiale, contribuiscono a mantenere le varietà particolari nei siti originali.

Dal 2002 il CRAB (Centro di Riferimento per l'Agricoltura Biologica) della Provincia di Torino ha dato avvio al recupero e caratterizzazione delle antiche varietà di mais che ancora oggi sono coltivate. Partendo dal recupero delle sementi effettuato presso singoli agricoltori, si è dato avvio ad un programma di “agricoltori custodi”*, cui spetta il compito di mantenere in purezza le varietà della tradizione, come Pignoletto giallo e rosso, Ottofile giallo, rosso e bianco (dal numero di file o ranghi longitudinali di chicchi che compongono la pannocchia), Ostenga e Nostrano dell'Isola. Accanto alla parte del programma in situ, sono stati realizzati campi per il confronto delle varietà oggetto di studio. Inoltre, l’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura – Sezione di Bergamo - si è occupato della stabilizzazione e della caratterizzazione genetica delle varietà individuate, mentre il DI.VA.P.R.A. di Torino – Settore Industrie Agrarie – ha seguito le fasi della macinazione e delle relative analisi sensoriali delle farine ottenute. Un pool di ricercatori per studiare e mantenere una delle innumerevoli tradizioni regionali.

Per approfondimenti

http://www.provincia.torino.it/cgi-bin/ufstampa/comunicati/dettaglio_agenzia.cgi?id=3573

*Antichi mais del Piemonte http://www.provincia.torino.it/agrimont/file-storage/download/crab/pdf/pubblic_mais_piemontesi.pdf

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