Le quattro generazioni dei reattori
Gli impianti nucleari sono stati suddivisi in quattro generazioni. Alla generazione I appartengono i primi prototipi di reattore costruiti a cavallo tra gli anni 40 e 50 principalmente con lo scopo di dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica di un impianto nucleare per la produzione di energia elettrica.
Le centrali attualmente in esercizio appartengono invece alla generazione II e sono caratterizzate dal fatto di avere una grande stazione centrale. Proprio gli incidenti di Three Mile Island negli anni settanta e di Chernobyl dieci anni dopo hanno dato la spinta per progettare centrali a sicurezza intrinseca (generazione III). In questa generazione di reattori si introduce una notevole semplificazione impiantistica riducendo il numero dei circuiti e componenti e conseguentemente abbassando la probabilità di guasti. Inoltre viene introdotto un sistema addizionale di spegnimento del reattore completamente passivo: l’ATSS (Additional Temperature-actuated Scram System) in virtù del quale ogni qual volta la temperatura del nocciolo dovesse superare un determinato valore, solamente in base alla dilatazione termica di particolari sensori verrebbe attuato il sistema di leve che sgancia e inserisce per caduta le barre di controllo nel nocciolo, senza bisogno di apporto di energia o di un operatore esterno.
I reattori di questa generazione non hanno però avuto una grande diffusione e solamente nel 1999 gli Stati Uniti, attraverso il loro Department of Energy, hanno dato il via al programma Generation IV allo scopo di progettare dei reattori nucleari di nuova concezione che assicurino la sostenibilità ambientale, la sicurezza e la competitività dal punto di vista economico rispetto alle altre fonti di energia. A tale programma hanno aderito altre otto nazioni: Argentina, Brasile, Canada, Francia, Giappone, Sudafrica, Corea del Sud e Gran Bretagna. La Russia è parte attiva nei progetti che riguardano i reattori a spettro veloce.