Le emergenze al vaglio del VII congresso nazionale Aiuc
Oltre 1.400 iscritti da tutta Italia, otto sale occupate in contemporanea, quattro giorni intensi di lezioni e dibattiti. Questi i numeri del VII congresso nazionale dell’Associazione italiana ulcere cutanee (Aiuc), organizzato a Roma a fine settembre e dedicato a «La terapia dell’ulcera cutanea: un ponte tra tradizione e innovazione». «La proposta scientifica è stata ampia ed è stata premiata: in ogni aula si è registrata una partecipazione massiccia e attiva, con un confronto vivace tra relatori e uditorio», commenta Giorgio Guarnera, chirurgo vascolare all’Istituto dermopatico dell’Immacolata a Roma, nonché presidente del congresso. «Mi auguro che da questa occasione di incontro i congressisti possano tornare alle loro attività lavorative quotidiane più arricchiti, con più entusiasmo e più disponibilità a offrire i migliori rimedi ai pazienti colpiti da una patologia tanto invalidante».
Si stima che l’1-2 per cento degli italiani soffrirà nella propria vita di un’ulcera cutanea. «Nel 70 per cento dei pazienti», spiega Guarnera, «queste ferite derivano da una patologia venosa, spesso espressione di affezioni sistemiche come il diabete, dove le complicazioni neurologiche e vascolari possono condurre all’amputazione. Ma lesioni croniche sono presenti anche in alcune patologie ematologiche, come l’anemia mediterranea, e in vari tipi di linfomi e leucemie: di solito hanno piccole dimensioni e sono molto dolorose; lo stesso accade per malattie immunologiche, come l’artrite reumatoide, il lupus e la sclerodermia, dove hanno un’incidenza del 3-10 per cento». Nella maggioranza dei casi (61 per cento) colpiscono le donne «per cause ormonali e fisiologiche», a cui si aggiungono spesso obesità e sedentarietà.
Le lesioni cutanee presentano alti tassi di recidiva e spesso sono resistenti a diversi tipi di terapia; in circa il 5 per cento dei pazienti si tratta di carcinomi basocellulari o spinocellulari, la cui incidenza è drammaticamente in aumento. «In questi casi», sottolinea il chirurgo, «un ritardo o un errore nella diagnosi può segnare il destino dell’arto o dello stesso malato».
Uno studio svedese ha dimostrato recentemente che i costi della terapia sono in relazione alle dimensioni e alla durata della ferita: ulcere maggiori di 10 cm quadrati, che durano da oltre 6 mesi, comportano una spesa settimanale di 181 euro; per lesioni più piccole il costo è 59 euro. In media si arriva a un esborso di 250 euro al mese. «Purtroppo in Italia è tutto a carico dei malati, perché il Servizio sanitario nazionale (con la sola eccezione del Piemonte) non rimborsa nulla», dichiara Guarnera. «E il problema è tanto più grave se si considera che costi tanto pesanti gravano su persone in età avanzata e con reddito basso, quelle cioè che statisticamente risultano più colpite dalle ulcere cutanee».
L’argomento è stato al centro di un’animata tavola rotonda, cui hanno partecipato politici ed esperti. «Negli ultimi anni abbiamo fatto passi indietro da gigante», ha detto preoccupato Roberto Messina, presidente di Federanziani. «Siamo arrivati al punto che le medicazioni utilizzate dal Servizio sanitario nazionale sono di così scarsa qualità da non essere nemmeno efficaci. Le commesse pubbliche sono accordate a chi offre il prezzo più basso in assoluto, a prescindere dalla bontà dei prodotti. Ma se le ferite non guariscono, i malati tornano in ospedale e la spesa generale alla fine risulta ben maggiore. Senza contare il fatto che, a queste condizioni, le aziende serie non hanno più alcun interesse a investire tempo e denaro per la ricerca di terapie migliori».
«C’è ormai un vero e proprio antagonismo tra chi deve decidere cosa è utile ai malati (appropriatezza delle cure) e chi deve decidere se possiamo permettercelo (sostenibilità economica)», ha spiegato Walter Marrocco, responsabile delle attività scientifico-professionali della Federazione medici di medicina generale. «E direi che i secondi stanno prevaricando i primi, sicché oggi ciò che è appropriato non rientra tra quanto è considerato fondamentale». L’onorevole Domenico Di Virgilio (commissione Affari sociali della Camera) e il senatore Leopoldo Di Girolamo (commissione Igiene e sanità) hanno ammesso che molte decisioni sono in mano agli economisti, ma si sono impegnati a inserire le medicazioni avanzate nei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) e a garantire la loro fornitura gratuita a tutti i cittadini italiani. «Faremo il possibile anche per introdurre un sistema di controllo sulla qualità dei prodotti», ha dichiarato Di Virgilio.
Purtroppo il Servizio sanitario nazionale non tratta in modo adeguato neppure il dolore associato alle ulcere cutanee. «È un problema comune a molte altre patologie croniche», ha ammesso Guarnera, «perciò sarebbe importante predisporre corsi di preparazione che aiutino i medici a ridurre la sofferenza fisica dei pazienti». Uno studio multicentrico condotto dallo stesso chirurgo vascolare ha evidenziato che la percezione del dolore incide negativamente sulla qualità della vita dei malati. Una ricerca inglese ha rilevato, peraltro, che la metà dei portatori di ulcera cronica è colpito da ansia, mentre uno su tre manifesta una depressione reattiva. L’indagine, confermata da una sperimentazione condotta a Torino su 125 pazienti dalla psicologa Loredana Deambrogio, indica che il disagio psicologico è legato soprattutto al dolore e alla limitazione funzionale. «Il portatore di piaghe e ulcere croniche», ha commentato Alessandro Meluzzi, psicoterapeuta e direttore scientifico della Scuola di umanizzazione della medicina, «avverte spesso una sensazione di abbandono e stress, che può sfociare in vera e propria depressione. Il malessere fisico diventa malessere morale». Sia lo studio di Guarnera sia quello della Deambrogio hanno evidenziato, infine, che le pazienti femmine sono più colpite da depressione rispetto ai maschi e hanno anche una percezione del dolore superiore. Secondo Meluzzi ciò dipende «dalla loro maggiore capacità di verbalizzare le proprie sensazioni e quindi di esprimerle».
Altra emergenza su cui si è molto discusso al congresso è la crescente diffusione delle ulcere croniche in età pediatrica. «Solo negli ultimi quattro anni», ha dichiarato Guido Ciprandi, dirigente nell'u.o.c. di Chirurgia pediatrica all'ospedale Bambino Gesù di Palidoro e responsabile del Dh-ambulatorio di Wound care pediatrico, «abbiamo riscontrato oltre 400 ulcere in 250 bambini: in media da 2 a 5 nuovi casi ogni 1000 ricoverati». Questo genere di lesioni, ha spiegato l’esperto, è in preoccupante aumento a causa soprattutto dell’introduzione di moderni materiali per il drenaggio e cateteri, che danneggiano facilmente la cute di pazienti tanto fragili. «L’incidenza delle ulcere in età pediatrica», ha confermato Giorgio La Scala, chirurgo plastico presso il dipartimento di Chirurgia pediatrica a Ginevra, «può arrivare fino al 30 per cento nei bambini ricoverati in terapia intensiva. Le sedi di più frequente localizzazione sono quella occipitale e sacro-coccigea, entrambe legate alla posizione obbligata che i piccoli pazienti assumono durante gli interventi di cardiochirurgia o negli allettamenti prolungati». Purtroppo, ha aggiunto Ciprandi, «nel 92,5 per cento dei casi esaminati nel nostro ospedale le ulcere sono spesso molto evolute, anche a causa della difficoltà di coordinamento con i pediatri territoriali». Per arginare il problema «è necessario agire sulla prevenzione e sull’educazione all’interno degli stessi ospedali e delle Asl».