Dossier

La sonda Deep Space 1 e le comete

Le apparecchiature della sonda

La sonda Deep Space 1, che ha dimensioni di 1,1 x 1,1 metri e una massa complessiva di 486 kg, racchiude la bellezza di 12 nuove tecnologie.

La propulsione a ioni

La prima e rivoluzionaria tecnologia installata a bordo della sonda è quella del nuovo sistema di propulsione che utilizza lo xenon, un gas incolore e inodore, quattro volte più leggero dell'aria.

La sonda Deep Space 1 con in basso il sistema di propulsione a ioni

Lo xenon fu scoperto nel 1898 dai chimici inglesi Sir Williams Ramsay e Morris Travers mentre stavano distillando il cripton, un altro gas nobile scoperto sei settimane prima. Sulla Terra lo xenon si trova nell'aria, ma soltanto nella misura di 1 parte per 10 milioni per volume nell'atmosfera terrestre. Il gas è utilizzato commercialmente per fabbricare prodotti come i flash o alcune apparecchiature laser. La Deep Space 1 imbarcava al momento del lancio ben 82 kg di xenon.

I primi studi sulla propulsione a ioni risalgono al 1959 quando il Dr. Harold Kaufman, ingegnere del Centro di Ricerche Lewis della Nasa, costruì il primo sistema di propulsione del genere. Nel 1964 vennero lanciati un paio di razzi Scout con questo innovativo sistema dalla base di Wallops Island sotto il nome di Space Electric Rocket Test 1 (SERT 1). In quel primo esperimento, però, uno dei due razzi non funzionò mentre l'altro fu operativo per soli 31 minuti.

Una missione successiva, la SERT 2, fu lanciata nel 1970 con un razzo Thor Agena dalla Base di Vandenberg in California. Sul SERT 2 erano stati installati due razzi a propulsione ionica, di cui uno rimase in funzione per cinque mesi e il secondo per circa tre mesi.

Agli inizi del 1960 la Hughes Research Laboratories di Malibu in California iniziò gli studi sul sistema di propulsione a ioni. Il primo di questi sistemi volò in un satellite lanciato nel 1979. Nell'agosto del 1997 la Hughes effettuò il primo lancio commerciale con l'utilizzo di un sistema di propulsione a ioni installato sul satellite commerciale PanAmSat 5 (PAS-5), satellite immesso in orbita per mezzo di un razzo russo Proton dal centro spaziale di Bajkonur. Questo sistema di propulsione funzionò perfettamente e permise al satellite per comunicazioni di mantenere l'orbita e l'orientamento previsto dal piano di volo.

Nel 1990 il Jet Propulsion Laboratory (JPL) e il Centro Lewis della Nasa hanno realizzato il progetto Nasa Solar Electric Power Technology Application Readiness (NSTAR). L'obiettivo di NSTAR era quello di sviluppare il sistema di propulsione a ioni per le missioni nello spazio. Nel giugno del 1996 è stato costruito un prototipo per un test di lunga durata in una camera a vuoto al JPL che simulava le condizioni dello spazio. Il test si è concluso nel settembre del 1997, quando il sistema aveva funzionato con successo per più di 8000 ore. I risultati di NSTAR sono stati utilizzati per definire il programma di volo per Deep Space 1 dalla Hughes Electron Dynamics Division e dalla Spectrum Astro Inc.

I pannelli solari

Il sistema di propulsione a ioni richiede energia elettrica per funzionare. Per questo motivo la sonda è equipaggiata con due pannelli solari che, ripiegati, misurano circa 113 x 160 cm. Una volta dispiegati nello spazio i due pannelli solari coprono complessivamente 11,8 metri quadrati e sono pronti per catturare la luce solare che viene concentrata mediante 720 lenti cilindriche di Fresnel.

I pannelli solari di questo tipo producono dal 15 al 20 per cento in più di energia rispetto a quelli tradizionali, con una produzione di 2400 watt di potenza elettrica e una tensione di 100 volt. I pannelli sono stati sviluppati da AEC Able Engineering Inc., Tectar, Entech, Centro di Ricerche Lewis della Nasa e dal JPL.

Tecnologia per l'autonomia della sonda

Deep Space 1 ha un sistema per la navigazione spaziale diverso da quello delle precedenti sonde spaziali. Infatti la sonda trova la propria posizione nel Sistema solare riprendendo immagini di asteroidi conosciuti e confrontando la loro posizione con quella delle stelle. Nella memoria del computer della sonda sono immagazzinate le orbite di 250 asteroidi e la posizione di 250.000 stelle.

Usando la posizione degli asteroidi e delle stelle, la sonda determina la sua posizione nello spazio in continuazione. Durante il suo viaggio diverse piccole manovre saranno necessarie per correggere la traiettoria di volo. Il sistema di navigazione automatica è stato sviluppato dal JPL.

Remote Agent

Remote Agent è il nome dato dagli scienziati del progetto a un particolare software installato nel computer di bordo, che è in grado di prendere numerose decisioni. Questo software, trasmesso alla sonda dopo il lancio, serve per controllare il sistema di propulsione e gli altri sistemi della sonda durante il volo.

Il Remote Agent è stato sviluppato dal Centro di Ricerche della Nasa Ames, dal JPL e dalla Carnegie Mellon University.

Beacon Monitor Operations Experiment

Questo apparecchio sperimentale semplifica il modo in cui la sonda comunica le informazioni sullo stato delle sue apparecchiature ai controllori a terra. In una tradizionale missione spaziale planetaria, la sonda invia le informazioni a terra con segnali radio. Questi segnali vengono ricevuti dall'antenna del Deep Space Network della Nasa che li decodifica e li interpreta.

L'esperimento Beacon Monitor, invece, traduce le condizioni della sonda in colori. Il monitor di bordo rileva quattro livelli, ognuno identificato da un colore, corrispondenti a diversi stati della sonda. Il segnale verde indica che la sonda sta operando in condizioni accettabili; il segnale arancione indica che una anomalia è stata individuata e risolta dalla sonda; il segnale giallo indica la necessità di inviare dati a terra per la richiesta di aiuto; infine, il segnale rosso indica che la sonda è in condizioni critiche e richiede assistenza urgente da terra.

Il Beacon Monitor facilita le comunicazioni della sonda in due modi. In primo luogo, i vari segnali sono molto semplici da ricevere e interpretare con una antenna a terra di diametro dai 3 ai 10 metri, a differenza delle antenne giganti del Deep Space Network (70 metri) necessarie per comunicare con le precedenti sonde. In secondo luogo, una stazione a terra può ricevere i segnali dal Beacon Monitor, interpretarli e rinviarli alla sonda molto più rapidamente rispetto ai segnali telemetrici digitali che trasmettono le stesse informazioni. Il beacon Monitor Operations Experiment è stato sviluppato dal JPL.

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