Dossier

Le biotecnologie per l'ambiente

La bonifica dei siti contaminati

Solo a partire dagli inizi degli anni '80, nei paesi industrializzati, è maturata la consapevolezza che l'ecosistema del suolo andasse salvaguardato alla stessa stregua dell'aria e dell'acqua.

In Europa e soprattutto negli Stati Uniti (con il Superfund act) si e' dato così il via ad uno dei più importanti programmi di ricerca per le nuove tecnologie dell'ultimo secolo.

Negli ultimi dieci anni sono state rese disponibili alcune tecnologie per la bonifica dei siti contaminati, definite con il nome di bioremediation, basate su approcci chimico-fisici, biologici o su combinazioni tra essi.

Tali tecnologie si caratterizzano per la loro capacità di essere impiegate "in situ", ovvero direttamente nel suolo e/o nelle acque contaminate senza il bisogno di alcuna rimozione successiva alla bioremediation.

Le stesse tecnologie, possono anche essere impiegate "on site" ovvero possono essere caratterizzate dalla presenza di impianti realizzati ad hoc capaci di bonificare il suolo rimosso nell'area contaminata.

Inoltre si possono impiegare tecnologie "ex situ" caratterizzate dalla presenza di impianti centralizzati lontani dall'area contaminata.

Per intuibili motivi di riduzione dei costi e dell'impatto ambientale connesso alle opere di bonifica, le tecnologie operanti "in situ" sono, qualora applicabili, largamente preferite alle altre.

L'attuale impetuoso impulso per l'innovazione tecnologica nel settore della bonifica dei siti contaminati e' guidato da una domanda di mercato di notevoli dimensioni.

In questo mercato le biotecnologie svolgono un ruolo di primaria importanza data la loro efficacia, il loro basso costo (rispetto ad altri approcci) e il loro contenuto impatto ambientale.

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