L'unità operativa del "San Luca" a Pecetto Torinese
La casa di cura «San Luca», fondata nel 1966 da un gruppo di operatori del settore, è una moderna struttura polispecialistica con 97 posti letto, inserita in un ampio parco a Pecetto Torinese, a 6 km dal centro di Torino. Grazie ai suoi requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici è accreditata dal Servizio sanitario nazionale per prestazioni con o senza ricovero in medicina e chirurgia. La proprietaria, Maria Letizia Baracchi, è figlia di uno dei soci fondatori.
Dottoressa Baracchi, come è nata l’idea di dedicare un intero reparto alle piaghe e alle ulcere croniche?
Alla base c’è l’attenzione che da sempre riserviamo ai pazienti più in difficoltà. Prova ne sia la struttura sanitaria nell’arcipelago di Capoverde, sull’isola di Fogo, che sosteniamo ormai da diversi anni. Il nostro modo di fare sanità ha un fondamento etico profondo, che per la verità dovrebbe accomunare ciascun operatore del settore, salvo poi aggiungervi il proprio bagaglio personale di esperienze e valori. Io, ad esempio, faccio parte da diversi anni del Collegio del revisori dell’Associazione per la prevenzione e la cura dei tumori in Piemonte, ed è stato pressoché automatico rendere disponibile la nostra struttura per le campagne gratuite di prevenzione oncologica. Ma per tornare alla sua domanda, è sicuramente merito del dottor Ricci aver sollecitato la nostra attenzione su piaghe e ulcere. Ed è stato sempre lui a organizzare l’assistenza specialistica per questi pazienti all’interno della nostra struttura. Noi gli abbiamo assicurato gli investimenti necessari per acquistare i macchinari e le tecnologie più avanzati. Abbiamo poi stretto un importante gemellaggio con la Banca della cute del Cto a Torino, che raccoglie, processa, conserva e distribuisce lembi cutanei (prelevati da donatori a cuore battente o fermo), indispensabili come materiale di copertura nei portatori di lesioni croniche. Le nostre strutture, infine, sono da sempre a disposizione per il training degli allievi della Scuola infermieri e per quelli del Master post-universitario.
Come vi integrate con il Servizio sanitario nazionale?
Siamo parte integrante e dunque non sostitutiva: è chiaro, infatti, che non possiamo erogare tutte le prestazioni del Ssn e neppure è nel nostro interesse. Certe patologie, così come le attività di Pronto soccorso, possono essere gestite solo dai grandi ospedali pubblici. Riteniamo tuttavia che “fare rete” significhi soddisfare le esigenze del sistema. Così nel 2003 abbiamo siglato un primo accordo come centro di “appoggio” all’ospedale Molinette. L’idea partì dalla constatazione che le Molinette sono un centro di eccellenza, i cui letti e sale operatorie devono essere utilizzati per grandi operazioni, terapie altamente specialistiche e interventi di urgenza; per cui è meglio dirottare su strutture minori le operazioni più routinarie, che diversamente vanno a intasare le sale operatorie e creano lunghe liste di attesa. In base a tale accordo i pazienti che, dopo attenta verifica dell’équipe medica delle Molinette, acconsentivano al ricovero “differito”, potevano essere operati qui dagli stessi chirurghi delle Molinette nel loro orario di lavoro. Eravamo un po’ una loro dependance. Abbiamo collaborato così fino al 2007, garantendo circa mille interventi chirurgici all’anno. Analogo accordo avevamo fatto con l’Asl 4, che aveva problemi di sovraffollamento delle sale del Pronto soccorso.
E poi come è cambiata la vostra collaborazione con il Ssn?
A maggio 2007 abbiamo comunicato all’Asl 8 la nostra disponibilità alla piena integrazione. Così ora, da un punto di vista operativo, mettiamo a servizio del Ssn non solo le strutture ma anche il personale medico, che resta però sempre alle nostre dipendenze. Abbiamo riservato alla nuova iniziativa 22 posti letto, concordando preventivamente l’insieme di patologie che possiamo prendere in carico. È un progetto pilota, che la Regione adesso sta proponendo come scelta valida a tutte le altre Asl. Questo tipo di collaborazione, d’altronde, vanta una gestione particolarmente efficiente perché è affidata all’Asl stessa, unica coordinatrice di prenotazioni e liste d’attesa. In questo modo la struttura privata accreditata non è più in competizione con quella pubblica o una sua dependance, ma è parte integrante del sistema. La nuova proposta è nata dalla considerazione che, soprattutto in certi periodi dell’anno, alcune patologie intasavano i Pronto soccorso e le corsie degli ospedali (es. i pazienti anziani con polmonite acuta, ricoverati in inverno su barelle posticce nei corridoi dei Pronto soccorso) mentre magari noi avevamo i reparti e i medici sotto-utilizzati. L’accordo, peraltro, prevede il pagamento a prestazione: se l’Asl ha bisogno, ci manda pazienti; se non li manda, non ha costi. È un sistema efficiente anche quando occorra procedere alla ristrutturazione dei reparti ospedalieri.