Dossier

Dalla stalla alla tavola, prevenire è meglio che curare: visita all'Istituto Zooprofilattico

L’influenza aviaria in Italia e nel mondo

uccelli in volo L’influenza aviaria (nota anche come «peste aviaria») è una malattia infettiva contagiosa altamente diffusiva, dovuta a un virus influenzale (orthomyxovirus) che colpisce diverse specie di uccelli selvatici e domestici, con sintomi che possono essere inapparenti o lievi (virus a bassa patogenicità, low pathogenic avian influenza - LPAI), oppure gravi e sistemici, con interessamento degli apparati respiratorio, digerente e nervoso ed alta mortalità (virus ad alta patogenicità, high pathogenic avian influenza – HPAI, come i sottotipi H5 e H7). Il virus può trasmettersi all’uomo, come è stato definitivamente mostrato a partire dal 1997.

Descritta per la prima volta in Piemonte nel 1878, la malattia è stata successivamente segnalata in tutto il mondo, ma i focolai da virus HPAI erano considerati di rara insorgenza. Dal 1996, invece, è iniziata una serie di epidemie da virus H7 e H5 che ha coinvolti un po’ tutti i continenti. In particolare, l’epidemia da virus H5N1 iniziata a fine 2003 nel Sudest asiatico ha coinvolto sinora più di 150 milioni di volatili e 340 uomini (di cui 209 morti, dati OMS aggiornati al 18 dicembre 2007). Dall’ottobre 2005 il virus è entrato in Europa. In Italia dal 1997 si sono verificati diversi focolai (in particolare in Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia), ma finora non sono mai stati riconducibili alla pericolosa variante asiatica.

Nel nostro Paese, come nel resto del mondo, le istituzioni sono all’opera per mettere a punto un piano che permetta di affrontare al meglio le pandemie. Si tratta di un lavoro che deve essere svolto nel cosiddetto “periodo interpandemico”, negli anni cioè che intercorrono tra una pandemia e l’altra. Nell’arco degli ultimi dieci anni, si legge sul sito di Epicentro-ISS, «la trasmissione del virus H5N1 all’uomo è stata un evento raro, inoltre tutti i casi umani sono stati registrati solo in persone che hanno avuto stretti e ravvicinati contatti con animali malati. Comunque, anche se si tratta di un problema prevalentemente veterinario, l’attenzione resta molto alta (livello di allerta 3)».

Ne abbiamo discusso con Sergio Andruetto, direttore sanitario dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta.

Dai dati Epicentro risulta che nel 2007 in Europa sono stati 307 gli uccelli selvatici colpiti da H5N1 (in Germania, Francia, Rep. Ceca e Ungheria). Pare che in Italia non ne sia stato trovato nessuno…

Il nostro sistema di controlli e sorveglianza è altamente efficace. Solo in Piemonte nel 2007 abbiamo prelevato oltre 21.000 campioni da allevamenti di volatili e circa 450 da animali selvatici rinvenuti morti. I controlli in alcuni casi hanno dato esito positivo per altri agenti, non significativi per la patogenicità. Adesso stiamo controllando altri sierotipi, in particolare gli H7, che hanno già fatto registrare alcune modifiche e pare possano interessare specie aviarie domestiche come i tacchini. Se facessero un ulteriore salto di qualità, per cui il tacchino non è più soltanto recettore ma sviluppa anche la malattia, si potrebbe scatenare un'epidemia che sfuggirebbe presto a ogni controllo per la rapidità diffusiva di tali virus e che potrebbe passare anche ad altri mammiferi, incluso l'uomo.

polli in batteriaLa rete permanente dei controlli su uccelli selvatici e in allevamento è adeguata?

In allevamento è efficace ed efficiente ormai da anni. Dopo il primo episodio di aviaria nel 2003-2004 anche gli allevatori hanno preso coscienza dell'entità del problema: dover abbattere milioni di animali è un danno notevole, senza contare il rischio di perdere interi filoni genetici. Le misure introdotte prevedono un severo controllo degli animali, soprattutto in quelli in transito da una Regione all'altra. D'altronde gli animali sono ormai tutti allevati in “bunker” dove la contaminazione da esemplari selvatici è estremamente improbabile. C'è qualche rischio in più tra gli animali allevati all'aperto, dove occorre stare ben attenti e, allorché si avesse notizia di uccelli selvatici potenzialmente pericolosi, sarebbe indispensabile sistemare i volatili in luoghi separati e controllarli attentamente.

Ma siamo preparati per affrontare un’eventuale pandemia?

Questo discorso ha prodotto danni notevolissimi, perché alcuni sconsiderati hanno cercato di produrre e vendere (a caro prezzo) un ipotetico vaccino preventivo che però non ci sarà mai. I virus responsabili dell'aviaria negli animali non hanno ancora fatto il salto di specie. Le infezioni nell'uomo, infatti, si sono verificate in soggetti “a rischio” (es. veterinari a stretto contatto con i volatili infetti) e in situazioni particolari. Un esempio tra tanti? In India dieci persone hanno contratto il virus attraverso galli da combattimento malati. Durante l'agone i poveri pennuti rantolavano: per aiutarli nella respirazione gli addestratori risucchiavano il muco dalla gola con la propria bocca. È così che si sono ammalati. Non possono certo fare testo in generale e non si può parlare di vero e proprio salto di specie. Il fatto grave che dobbiamo comunque tenere in considerazione, soprattutto in riferimento all'uomo, è che l'estrema variabilità genetica e soprattutto la rapidità con cui virus diversi si possono incrociare non consentiranno mai di avere un vaccino a disposizione preparato “prima”: dovremo attendere che qualcuno si ammali e trasmetta la malattia. In tal caso però i tempi sarebbero troppo lunghi per scongiurare la pandemia. Quindi dovremo studiare altri strumenti di prevenzione. Allo stesso tempo occorre considerare che, rispetto al passato (es. influenza spagnola del 1918), abbiamo molte più armi a disposizione (es. farmaci antivirali e antibiotici). Credo che oggi forse il pericolo maggiore è rappresentato da virus come Ebola piuttosto che dall'influenza aviaria.

Durante l’emergenza 2006 il sistema dei controlli e di vigilanza, contrariamente a quanto accade spesso, ha tenuto alla perfezione, eppure i mass media sono impazziti e la gente con loro. Come si spiega un simile disastro?

Abbiamo assistito a situazioni che lì per lì sembravano strane, ma valutate con il senno di poi risultano del tutto logiche. Vanno particolarmente elogiati i media locali, che hanno dato informazioni corrette e hanno accettato il confronto con i cittadini, obbligando anche gli esperti a semplificare il proprio linguaggio. Quando venivamo interpellati, insomma, non potevamo parlare di prioni e termini tecnici perché avevamo davanti persone che in realtà volevano solo sapere come dovevano comportarsi e qual era l'entità del rischio. I media nazionali, al solito, avevano bisogno di intervenire con slogan e spot, per cui anche le interviste venivano troncate e riprese, saltando a conclusioni del tutto fuorvianti. Ricordo il caso eclatante di un professore universitario che, anzitutto, aveva spiegato che non c'era affatto un salto di specie, poi aveva aggiunto che si stava studiando il fenomeno e che comunque le camere di isolamento per i malati infettivi erano predisposte da tempo. Peccato che tutto l'intermezzo sia stato cancellato e dunque alla fine si sentiva solo che era ormai tutto pronto per isolare i malati. Questa è disinformazione. Dietro, d’altronde, c'erano interessi internazionali di aziende farmaceutiche, che hanno visto nell'allarme generale un'occasione unica per vendere la “panacea” universale: i farmaci antivirali che in queste circostanze servono come l’acqua fresca.

In un’intervista del 5 dicembre scorso Jean Claude Managuerra, virologo dell’Institut Pasteur di Parigi, ha dichiarato che «l’emergenza aviaria non è affatto diminuita. Semplicemente i media non se ne occupano più». È vero?

polli appesi Condivido in pieno il giudizio. Come dicevo prima, il famoso salto di specie non è affatto scongiurato. Nel caso si verificasse, dovremmo essere pronti ad adottare provvedimenti pesanti, compreso lo sterminio precauzionale di una specie intermedia. In passato ci siamo andati molto vicini con i bovini a causa della BSE. Per l'aviaria, purtroppo, il problema è ulteriormente aggravato dal fatto che sono pochi i Paesi che hanno i dati relativi ai movimenti di animali selvatici: in Italia e in Europa andiamo bene, ma oltre gli Urali le cose cambiano. Insomma ci potremmo davvero trovare davanti a un'emergenza. Per questo è essenziale prepararsi bene prima: secondo Eurosurveillance (gennaio 2008) per rispondere in maniera efficiente a una pandemia l’Europa ha ancora bisogno di un paio di anni.

Secondo l’OMS il rischio di un’influenza pandemica nei prossimi anni è reale e uno dei più probabili virus responsabili potrebbe essere H5N1. Cosa ne pensa?

Probabilmente ora siamo in un momento di quiete per l'H5, ma dobbiamo vigilare sugli altri sierotipi come l'H7 perché, come accennavo prima, le mutazioni sono dietro l'angolo. Ora l'H7 è pericoloso per numerose specie selvatiche, ma non per i volatili domestici né per l’uomo. Di recente, tuttavia, in alcuni allevamenti abbiamo riscontrato alcune positività sierologiche: il virus è dunque venuto a contatto con gli animali domestici, che hanno prodotto anticorpi specifici e dunque non si sono ammalati. Quando si verifica questo tipo di situazione occorre mantenere l'allerta molto elevata.

Sempre per l’OMS l’incremento di igiene e vaccinazioni tra il pollame è alla base della prevenzione: è la strada giusta? Che ruolo avete voi in tutto ciò?

Per quanto concerne la vaccinazione, la scelta dipende dalla politica sanitaria che si intende perseguire e dagli interessi economici in gioco. La vaccinazione è in sé una scelta particolare perché, in sostanza, porta a convivere con la malattia senza eradicarla. Nel caso degli allevamenti animali è bene stare attenti, perché ormai è molto più facile individuare, isolare ed eliminare i capi ammalati e tenere i sani. Anche perché un conto sono le vaccinazioni su animali domestici, tutt’altro sono le vaccinazioni di specie selvatiche. Molto poi dipende dall'intensità con cui la pandemia si scatena. Nel caso di un’epidemia altamente infettiva e di rapida diffusione non sarebbe facile decidere tra lo sterminio di tutti gli animali presenti nel Paese e la vaccinazione di massa. Evidentemente sarebbe una scelta non solo di politica sanitaria ma anche economica.

Che relazione c’è tra animal welfare e sicurezza alimentare?

mungitura mucche È strettissima. Sulla rivista trimestrale «il Chirone» alcuni veterinari hanno riportato la loro esperienza a contatto con gli allevatori, che spesso li invitano a occuparsi del benessere degli uomini invece di quello degli animali. Di fatto tra i due welfare c’è un nesso molto forte: infatti se visito un allevamento e scopro che le vacche sono in perfetta salute, sono munte in maniera corretta e quindi non hanno problemi di mastosi (magari ascoltano anche la musica in filodiffusione), ricavo un’indicazione importante sulla salute e il benessere dell’allevatore. In altre parole: se hai tempo di occuparti in modo adeguato dei tuoi animali, vuol dire che tu stesso stai bene, anche a livello sociale ed economico. La salute degli animali è uno specchio di quella degli uomini. Se, dunque, vogliamo creare un ecosistema allargato (possibilmente) a tutta la Terra, non possiamo prescindere dal benessere degli altri esseri viventi. Non a caso l’Ue ha stabilito da tempo i diritti fondamentali degli animali da allevamento: accesso all’acqua, adeguata alimentazione, spazio sufficiente a esprimere i comportamenti naturali, trattamenti veterinari tempestivi, accesso costante alla luce, modalità di soppressione più indolori possibili… Dal 2007, inoltre, ogni veicolo per il trasporto di animali deve avere standard minimi di spazio e microclima, soprattutto per i viaggi oltre le 8 ore, mentre i cuccioli e le femmine che hanno appena partorito non possono essere trasportati. Entro il 2012, ancora, saranno vietate tutte le gabbie «da batteria», dove le galline sono tenute bloccate una accanto all’altra. Alla base c’è un dato empirico ormai innegabile: un forte stress ha un effetto negativo sul sistema immunitario e da lì nascono patologie anche gravi, con tutto ciò che ne consegue sulla sicurezza degli alimenti.

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