Dossier

9° Convegno Mondiale di Patologia Vegetale a Torino

Influssi su comportamento assortimento delle specie viventi.

Due studi sull’argomento degli effetti del cambiamento climatico sulla malattie delle piante, uno francese ed uno inglese, hanno evidenziato come il cambiamento climatico stia lasciando i suoi segni nel comportamento e nell’assortimento delle specie viventi. I suoi effetti sulle malattie sono peraltro complessi e difficili da prevedere perché comprendono cambiamenti nella distribuzione e nella fenologia degli ospiti così come cambiamenti biologici nei patogeni che li attaccano. Le dinamiche a lungo termine delle malattie delle piante sono state finora relativamente poco studiate, a causa della carenza di dati empirici. La diffusione nel tempo delle malattie deriva da un bilancio tra la loro diminuzione nei periodi sfavorevoli ed il loro aumento nei periodi favorevoli durante l’arco dell’anno. Questi ultimi sono sicuramente i più studiati perché hanno un’importanza economica legata alla riuscita della coltura e perché lo studio è facilitato dalla massima evidenza della malattia. Aspettando la pioggia La peggiore sorpresa per chi si occupa dell’influenza dei cambiamenti climatici sulle malattie è di scoprire che aumenta il numero delle piante ospiti; inoltre, per le piante autoctone, che spesso rischiano di diminuire o sparire, lo stress climatico può indurre nuovi tipi di problemi. Ad esempio i cambiamenti nella diffusione di virus portati da vettori – come gli insetti- possono essere relativamente facili da prevedere perchè l’attività dei vettori e il loro assortimento è molto spesso legato nel medio lungo periodo all’andamento climatico e delle temperature. Per le malattie dovute a batteri e funghi la situazione è diversa e più difficile: ci sono alcuni criteri validi nel breve periodo, ma purtroppo molte previsioni possono essere solo approssimativamente valide quanto a gravità: Infatti l’andamento di queste malattie ha una variabilità annuale e comunque le previsioni sono basate su correlazioni empiriche con le osservazione effettuate nel corso di brevi periodi – qualche decade al massimo – mentre quasi sempre mancano dati nella lunga parte del ciclo vitale dei patogeni in cui non sono osservabili criticità. Il confronto geografico della diffusione delle malattie rappresenta un buon strumento per valutare se una malattia sta per divenire più grave, ma non può escludere sorprese.

Il crescente aumento della CO2 in atmosfera, le gelate, le precipitazioni variabili e fuori stagione, l’umidità, la siccità, i cicloni e gli uragani, e per finire le temperature in aumento possono interessare le interazioni ospite/patogeno in quanto ne alterano la distribuzione e il livello di diffusione: cambia di conseguenza la gestione dei patogeni endemici ed aumentano le minacce per la biosicurezza.L’anidride carbonica penetra nei tessuti fogliari dagli stomi Per quanto si riferisce al maggiore contenuto in CO2 nell’aria, uno studio australiano ha evidenziato come i pochi modelli disponibili in cui il binomio ospite/patogeno è correlato ai cambiamenti climatici non comprendono gli effetti particolari della CO2. Ciò è dovuto ad una carenza di conoscenze empiriche sul rapporto causa/effetto essenziali per sviluppare modelli affidabili. Gli studi in campo relativi all’arricchimento in CO2 dell’aria normale, conosciuti come free air CO2 enrichment (FACE), dimostrano un aumento della resistenza alle infezioni, suffragati dalle osservazioni di una maggiore crescita vegetale fatte in ambienti chiusi. A fronte di un aumento della gravità della malattia all’aumentare della CO2 , dimostrato nella maggior parte delle interazioni ospite/patogeno, sono state raccolte altre interessanti osservazioni: un apparato fogliare più folto, che trattiene più spore di patogeni e che offre un maggior numero di siti d’infezione e un microclima favorevole, presenta comunque una maggiore resistenza all’infezione se la CO2 è più abbondante. Anche se il patogeno risulta più lento ad attaccare, grazie all’aumentata resistenza della pianta, poi cresce e si riproduce più velocemente nei tessuti dell’ospite e rende quindi più grave la malattia. Mutazioni, selezione ed altri processi evolutivi hanno poi un’azione sulla popolazione dei patogeni nell’accelerare la creazione di nuove specie. Solo nel lungo periodo gli studi potranno realisticamente determinare quali siano le relazioni tra cambiamenti ed evoluzione nelle interazioni ospite/patogeno e malattie a tassi elevati di CO2. Sicuramente, se le osservazioni derivanti dalle prove FACE potranno avere maggiore diffusione e conferme, i patologi vegetali potranno trovare nuove sinergie per lavorare alla nuova opportunità offerta dal cambiamento climatico.

Per approfondimenti

FACE http://www.bnl.gov/face/faceProgram.asp

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