Il trattamento degli effluenti gassosi
I primi impianti di biofiltrazione sono stati realizzati nel corso degli anni '60 per il trattamento dell'aria contaminata da modeste quantità di sostanze maleodoranti e facilmente biodegradabili.
L'aria proveniente dai circuiti di ventilazione forzata (normalmente costituiti da capannoni destinati agli allevamenti intensivi, alla produzione dei mangimi e altro) veniva convogliata nel suolo o in cumuli di torba dove col tempo si selezionava spontaneamente una flora microbica adatta all'abbattimento degli odori.
La ricerca e lo sviluppo nel settore scientifico si è rivolta negli ultimi due decenni, specialmente in Olanda ed in Germania, alla messa a punto e allo sviluppo di processi di abbattimento biologico degli inquinanti gassosi.
La ricerca è stata indirizzata soprattutto allo studio dei materiali e dei microrganismi da utilizzare.
L'approccio biotecnologico, se da un lato sta vivendo in questo settore un momento magico, dall'altro e' in piena evoluzione tecnologica per espandersi ulteriormente in modo sia da allargare gli spazi di competitività sia da aumentare il numero di inquinanti trattabili.
Nel settore dell'abbattimento biotecnologico dei rifiuti gassosi va infine segnalato, oltre alla biofiltrazione, anche un processo recentemente sviluppato in Giappone per la purificazione di gas da idrogeno solforato.
In questo processo il gas da purificare viene fatto assorbire in una soluzione di solfato ferrico.
Il solfuro per reazione chimica viene così ossidato quantitativamente a zolfo elementare mentre il ferro viene ridotto a solfato ferroso.
Dopo la separazione dallo zolfo, la soluzione viene inviata a un bioreattore dove il solfato ferroso viene riossidato a ferrico mediante l'azione catalitica espressa dal Thiobacillus ferroxidans.
Il primo impianto commerciale di questo tipo che è stato realizzato permette il recupero di circa 50 tonnellate al giorno di zolfo con un'efficienza depurativa dell'H