Dossier

La vita nell'universo

Il terraforming, un make-up planetario

L'avere scoperto che, anche se di poco, Marte giace all'interno della zona abitabile n9on ha sorpreso più di tanto i planetologi. Infatti è da tanto che si guarda al pianeta rosso come a una possibile dimora per nostri "cugini" o come pianeta da colonizzare per risolvere futuri problemi di sovrappopolazione, di drastiche diminuzioni di risorse alimentari, minerali e di peggioramento delle condizioni ambientali generali sul nostro pianeta. Con la fantascienza abbiamo colonizzato Marte tante volte creando sulla sua superficie e al di sotto di essa ambienti nei quali ricreare artificialmente condizioni simili a quelle terrestri. Nonostante questa prospettiva sia affascinante e l'approccio tecnologico possa sembrare il modo più naturale di avere ragione della difficile natura marziana, c'è chi è andato oltre immaginando di piegare le condizioni ambientali del pianeta rosso fino a renderlo una seconda Terra, un doppione del nostro pianeta perfettamente in grado di ospitare la vita senza destinarla alla claustrofobica prospettiva delle basi ermeticamente chiuse.

Il termine usato per un progetto così ambizioso è Terraforming e l'azione che lo identifica è divenuta in italiano "terraformare", ovvero rendere simile alla Terra un pianeta ostile. L'idea per la prima volta sembra sia venuta al noto scienziato Carl Sagan il quale dedicò in gioventù la sua tesi di dottorato a questo argomento. In origine il pianeta preso di mira per attuare un tale piano di "lif(e)ting" planetario era Venere il quale presto però rivelò la sua radicata reticenza al cambiamento. Le sonde inviate sulla sua superficie infatti ci hanno inviato immagini e dati che ci hanno indotto a desistere dall'intenzione di trasferirci in un mondo dominato dall'anidride carbonica, da temperature dell'ordine dei quattrocento gradi centigradi e da pressioni al suolo che qui da noi si trovano solo sul fondo degli abissi oceanici. Da allora Marte, il dio della guerra degli antichi Greci, appare più gentile e ospitale richiedendo "solo piccoli ritocchi" al suo aspetto generale.

Si è da tempo pensato a una ricetta per cucinare a puntino la superficie marziana, una ricetta che prevede innanzitutto un innalzamento generale della sua temperatura al momento più che polare e inadatta all'uomo. I metodi proposti per ottenere un tale risultato sono tanti e ne citeremo solo un paio: uno prevede l'uso di specchi ustori posti in orbita per convogliare meglio la luce solare sul terreno marziano, l'altro richiede l'aggiunta di un ingrediente scuro da spruzzare sulla superficie dei due poli ghiacciati di Marte per ridurne l'albedo e riscaldare tutto il pianeta. Questo allo scopo di stimolare un effetto serra che possa intrappolare la luce riflessa e il calore riemesso dalla superficie e favorire così una serie di cambiamenti chimici essenziali a preparare il terreno all'arrivo dei batteri terrestri. La ricetta quindi continua prevedendo appunto un condimento ulteriore di batteri che avranno il compito di stimolare la comparsa di uno strato d'ozono col compito di frenare la micidiale radiazione ultravioletta che cuoce la superficie rossa del pianeta.

Infine, la cottura lenta che- secondo alcune stime- potrebbe richiedere un tempo complessivo dell'ordine dei centomila anni! Il risultato finale potrà essere servito appena sfornato: una splendida copia della Terra dove fare abitare le generazioni future desiderose di inquinare qualche altro bel posto del nostro Universo. Come dire, morto un pianeta…se ne fa (e si ammazza) un altro!

Suggerimenti