Il ritorno sul pianeta
A riaprire la nuova stagione di sbarchi marziani furono chiamate nel 1988 le sonde sovietiche Phobos 1 e 2.
Partendo dalla collaudata tecnologia che aveva permesso alle sonde Vega di scendere su Venere nel 1984 e avvicinare la cometa di Halley nel 1986, i sovietici approntarono le ambiziose e assai complesse missioni Phobos.
Gli obiettivi delle due sonde gemelle erano rivolti principalmente allo studio dei due satelliti di Marte, Deimos (Terrore) e Phobos (Paura) scoperti dall'astronomo americano Asaph Hall nell'agosto del 1877. Oltre a questo, i due satelliti dovevano compiere analisi dell'ambiente interplanetario ed eseguire osservazioni su Sole.
Phobos 1 portava a bordo un landers munito di pannelli solari, chiamato Penetrators in grado di conficcarsi nella crosta di Phobos mediante arpioni e di studiarne la composizione.
La sonda gemella, oltre al penetratore, aveva un ulteriore landers, chiamato Hopper, di forma sferica dotato di un particolare sistema di propulsione: una molla in grado di far compiere alla sonda balzi di venti metri.
La prima sonda lanciata il 7 luglio operò normalmente fino a quando, il 2 settembre, mancò di inviare al centro di controllo l'attesa comunicazione. I successivi tentativi di ripristinare il collegamento non andarono a buon fine e si imputò la causa a un errore nel software inviato alla sonda che ne aveva fatto perdere l'orientamento.
La numero due, lanciata il 21 dello stesso mese, arrivò puntualmente su Marte dopo aver eseguito i compiti che le erano stati affidati durante il tragitto. Purtroppo, in prossimità di Phobos mentre si accingeva a rilasciare sul piccolo satellite marziano il modulo mobile e quello stazionario e a bombardare la superficie del satellite con un raggio laser, venne perduto il contatto con la sonda stessa che non venne più rintracciata.
Il 27 marzo 1989 la sonda fu dichiarata perduta a tutti gli effetti e si imputò il fallimento a un malfunzionamento di uno dei computer di bordo.
Se Marte, ancora una volta, era stato crudele con le sonde sovietiche lo sarebbe stato da lì a pochi anni anche con la controparte statunitense.
Il grande e costosissimo fallimento americano si chiamava Mars Observer e fu lanciato il 25 settembre 1992.
La navetta, 2500 chilogrammi di peso per quattrocento milioni di dollari di costo, era destinata ad arrivare su Marte nell'agosto del 1993 per eseguire una serie di misure di natura geofisica e climatologia del pianeta. In particolare la sonda avrebbe dovuto eseguire una completa topografia della sua superficie con le sue macchine in grado di riprendere immagini di gran lunga più dettagliate di tutte le altre missioni.
Il 21 agosto 1993, poco prima dell'inserimento in orbita marziana, fu perduto il contatto con la sonda e non fu più ripreso. Nessuno è mai riuscito con precisione a capire cosa sia successo alla sonda; la teoria più accreditata sostiene che una valvola del carburante difettosa avrebbe perduto parte del propellente; questo, ghiacciatosi durante il tragitto, avrebbe creato una sorta di tappo che avrebbe causato l'esplosione del serbatoio una volta che da terra venne dato il comando di accensione del motore per la messa in orbita.
Di fatto, la navetta non portò a termine alcun esperimento di quelli in programma.
Il fiasco costò alla Nasa quasi un miliardo di dollari.
I fans delle teorie della cospirazione e degli Ufo tornarono a farsi sentire in questa occasione, quando si riunirono davanti ai cancelli del Jpl per sostenere la loro tesi alternativa secondo la quale il governo stava nascondendo la verità: i marziani avevano messo lo zampino nella scomparsa della sonda.
Era venuto il tempo di cambiare strategia e abbandonare lo stile delle vecchie costosissime missioni. Era tempo di esplorare il pianeta con un altro sistema.