Dossier

La ricerca sulle staminali: risultati, prospettive, prerequisiti - Parte I

Il punto della situazione

I progressi che sono stati compiuti nel comprendere come le cellule staminali epiteliali possono svilupparsi in tessuti come la pelle sono notevoli. Un tipo di cellule staminali dell’epidermide (lo strato protettivo esterno della nostra pelle, che non ha vasi sanguigni) è noto come oloclone ed è già stato dimostrato poter essere un promettente agente terapeutico. Per prima cosa gli olocloni sono multipotenti – per esempio, possono (ri)generare tutti i tipi cellulari dei tessuti di origine. Inoltre, sono in grado di recuperare in modo permanente l’epitelio quando trapiantati in pazienti con danni o difetti epiteliali estesi. Questo è, in parte, derivato dalla proprietà dell’automantenimento: un oloclone umano può essere prelevato dalla pelle e rigenerato per anni dopo il primo trapianto. Queste cellule così speciali non subiscono il consueto processo di accorciamento dei cromosomi che porta all’invecchiamento delle cellule normali e hanno un’incredibile capacità di proliferare. Un singolo oloclone epidermico può raddoppiarsi un numero sufficiente di volte per produrre una superficie epidermica di un essere umano (8x1010 cellule). In condizioni appropriate, questi cheratinociti staminali (che danno origine allo strato rigido di cheratina nella nostra pelle) possono essere tenuti in coltura e usati correntemente in molti protocolli di terapia cellulare, come sottolineato più avanti.

I cheratinociti dell’epidermide umana possono essere cresciuti in laboratorio per dare origine a strati di quello che viene definito epitelio stratificato (la parte esterna della nostra pelle), ed hanno le caratteristiche della pelle normale. I cheratinociti ottenuti dallo stesso paziente che deve essere trattato, i cosiddetti cheratinociti autologhi, sono stati utilizzati in giro per il mondo per rigenerare un epidermide funzionale in pazienti che soffrono di ustioni gravi. L’epidermide umana si rinnova ogni mese. E’ stato possibile ottenere in questi pazienti la ripresa della rigenerazione epidermica – con oltre 20 anni di monitoraggio, cioè in oltre 200 cicli di rinnovamento. Questa tecnologia si è dimostrata essere salvavita.

L’epitelio della cornea degli occhi ha dato una grande quantità di informazioni sulle cellule staminali dei cheratinociti. A seconda della loro esatta localizzazione nella cornea o in tessuti adiacenti, hanno diverse caratteristiche e proprietà. Le cosiddette cellule in moltiplicazione transiente continuano a migrare nella cornea da luoghi talvolta distanti alcuni millimetri, in pratica l’equivalente di spingere una persona da una parte di un affollato stadio all’altro, senza gambe!

Le ustioni chimiche agli occhi hanno come conseguenza la perdita di un gruppo particolare di cellule al confine tra la cornea (parte trasparente) e la sclera (parte bianca) dell’occhio, le cosiddette cellule del limbus. Sorprendentemente, il danno è riparato da cellule che derivano dalla regione della congiuntiva (la sottile membrana che ricopre la superficie esterna dell’occhio). Questo anomalo processo di cicatrizzazione induce la formazione di nuovi vasi sanguigni, infiammazione cronica e la cicatrice. In questo modo la capacità di vedere dell’occhio può essere fortemente compromessa, fino anche alla cecità. I trapianti allogenici (da donatori) di cornea non hanno buon esito a meno di prendere le cellule del limbus dell’occhio danneggiato e trapiantarle in contemporanea. Questo approccio è stato applicato con successo (il monitoraggio più lungo al momento è di cinque anni dopo l’operazione), ridando la vista normale a pazienti che non avrebbero potuto essere aiutati dalla chirurgia convenzionale.

L’uretra, il tubo in cui l’urina scorre all’interno del pene, è rivestita da un epitelio pluristratificato. In una malattia congenita chiamata ipospadia, l’uretra finisce a livello della superficie ventrale del pene e, in casi estremi (circa il 20%) alla sua base, in pratica l’uretra è totalmente assente. Il trattamento richiede la ricostruzione dell’uretra, generalmente con un autotrapianto (trapianto di tessuto proveniente dallo stesso donatore), fatto ripiegando pelle adiacente o trasferendo la pelle presa da un’altra parte del corpo o, persino, dall’epitelio che riveste la vescica. Questo è talvolta problematico, perché possono crescere peli, si possono avere secrezioni sebacee, calcificazione e persino forature all’interno dell’uretra. Le cellule epiteliali prese da un estremo dell’uretra possono essere cresciute in laboratorio e quindi usate per ricostruire la sessione mancante dell’uretra. Quattordici anni dopo il trattamento, l’epitelio dell’uretra di questi pazienti continua ad essere normale. Questo dimostra che persino quando l’estremo dell’uretra non è localizzato correttamente, mantiene ugualmente cellule staminali in grado di essere utilizzate per la rigenerazione permanente del tessuto epiteliale in siti diversi.

I pazienti che hanno vitiligine o piebaldismo (pelle con ampie e irregolari zone che mancano di pigmentazione) sono stati trattati con successo con i loro stessi melanociti (cellule che producono i pigmenti della pelle) cresciuti in laboratorio. Quando una coltura dei melanociti dei pazienti, mescolata con i cheratinociti, è applicata in un piccolo taglio in una zona affetta della pelle, l’epidermide ricostruita diventa popolata da melanociti e questi restano per almeno sette anni. I melanociti umani normali crescono e si dividono poco in coltura, ma quando crescono insieme con i cheratinociti si riproducono in numero sufficiente per essere trasferiti in ampie aree affette da vitiligine. Quindi, i cheratinociti giocano un indispensabile ruolo accessorio nella ripigmentazione.

- cellule staminali in grado di essere cresciute adeguatamente in numeri enormi in laboratorio possono essere ottenute da diversi tessuti epiteliali

- esistono solide evidenze che le cellule staminali epiteliali coltivate possono rigenerare e riparare i tessuti quando trapiantate nei pazienti

- frequentemente questo approccio permette di ottenere risultati non ottenibili mediante trapianti con chirurgia convenzionale e possono essere salva-vita (per esempio, in vittime delle ustioni).

I progressi che sono stati compiuti nel comprendere come le cellule staminali epiteliali possono svilupparsi in tessuti come la pelle sono notevoli. Un tipo di cellule staminali dell’epidermide (lo strato protettivo esterno della nostra pelle, che non ha vasi sanguigni) è noto come oloclone ed è già stato dimostrato poter essere un promettente agente terapeutico. Per prima cosa gli olocloni sono multipotenti – per esempio, possono (ri)generare tutti i tipi cellulari dei tessuti di origine. Inoltre, sono in grado di recuperare in modo permanente l’epitelio quando trapiantati in pazienti con danni o difetti epiteliali estesi. Questo è, in parte, derivato dalla proprietà dell’automantenimento: un oloclone umano può essere prelevato dalla pelle e rigenerato per anni dopo il primo trapianto. Queste cellule così speciali non subiscono il consueto processo di accorciamento dei cromosomi che porta all’invecchiamento delle cellule normali e hanno un’incredibile capacità di proliferare. Un singolo oloclone epidermico può raddoppiarsi un numero sufficiente di volte per produrre una superficie epidermica di un essere umano (8x1010 cellule). In condizioni appropriate, questi cheratinociti staminali (che danno origine allo strato rigido di cheratina nella nostra pelle) possono essere tenuti in coltura e usati correntemente in molti protocolli di terapia cellulare, come sottolineato più avanti.

I cheratinociti dell’epidermide umana possono essere cresciuti in laboratorio per dare origine a strati di quello che viene definito epitelio stratificato (la parte esterna della nostra pelle), ed hanno le caratteristiche della pelle normale. I cheratinociti ottenuti dallo stesso paziente che deve essere trattato, i cosiddetti cheratinociti autologhi, sono stati utilizzati in giro per il mondo per rigenerare un epidermide funzionale in pazienti che soffrono di ustioni gravi. L’epidermide umana si rinnova ogni mese. E’ stato possibile ottenere in questi pazienti la ripresa della rigenerazione epidermica – con oltre 20 anni di monitoraggio, cioè in oltre 200 cicli di rinnovamento. Questa tecnologia si è dimostrata essere salvavita.

L’epitelio della cornea degli occhi ha dato una grande quantità di informazioni sulle cellule staminali dei cheratinociti. A seconda della loro esatta localizzazione nella cornea o in tessuti adiacenti, hanno diverse caratteristiche e proprietà. Le cosiddette cellule in moltiplicazione transiente continuano a migrare nella cornea da luoghi talvolta distanti alcuni millimetri, in pratica l’equivalente di spingere una persona da una parte di un affollato stadio all’altro, senza gambe!

Le ustioni chimiche agli occhi hanno come conseguenza la perdita di un gruppo particolare di cellule al confine tra la cornea (parte trasparente) e la sclera (parte bianca) dell’occhio, le cosiddette cellule del limbus. Sorprendentemente, il danno è riparato da cellule che derivano dalla regione della congiuntiva (la sottile membrana che ricopre la superficie esterna dell’occhio). Questo anomalo processo di cicatrizzazione induce la formazione di nuovi vasi sanguigni, infiammazione cronica e la cicatrice. In questo modo la capacità di vedere dell’occhio può essere fortemente compromessa, fino anche alla cecità. I trapianti allogenici (da donatori) di cornea non hanno buon esito a meno di prendere le cellule del limbus dell’occhio danneggiato e trapiantarle in contemporanea. Questo approccio è stato applicato con successo (il monitoraggio più lungo al momento è di cinque anni dopo l’operazione), ridando la vista normale a pazienti che non avrebbero potuto essere aiutati dalla chirurgia convenzionale.

L’uretra, il tubo in cui l’urina scorre all’interno del pene, è rivestita da un epitelio pluristratificato. In una malattia congenita chiamata ipospadia, l’uretra finisce a livello della superficie ventrale del pene e, in casi estremi (circa il 20%) alla sua base, in pratica l’uretra è totalmente assente. Il trattamento richiede la ricostruzione dell’uretra, generalmente con un autotrapianto (trapianto di tessuto proveniente dallo stesso donatore), fatto ripiegando pelle adiacente o trasferendo la pelle presa da un’altra parte del corpo o, persino, dall’epitelio che riveste la vescica. Questo è talvolta problematico, perché possono crescere peli, si possono avere secrezioni sebacee, calcificazione e persino forature all’interno dell’uretra. Le cellule epiteliali prese da un estremo dell’uretra possono essere cresciute in laboratorio e quindi usate per ricostruire la sessione mancante dell’uretra. Quattordici anni dopo il trattamento, l’epitelio dell’uretra di questi pazienti continua ad essere normale. Questo dimostra che persino quando l’estremo dell’uretra non è localizzato correttamente, mantiene ugualmente cellule staminali in grado di essere utilizzate per la rigenerazione permanente del tessuto epiteliale in siti diversi.

I pazienti che hanno vitiligine o piebaldismo (pelle con ampie e irregolari zone che mancano di pigmentazione) sono stati trattati con successo con i loro stessi melanociti (cellule che producono i pigmenti della pelle) cresciuti in laboratorio. Quando una coltura dei melanociti dei pazienti, mescolata con i cheratinociti, è applicata in un piccolo taglio in una zona affetta della pelle, l’epidermide ricostruita diventa popolata da melanociti e questi restano per almeno sette anni. I melanociti umani normali crescono e si dividono poco in coltura, ma quando crescono insieme con i cheratinociti si riproducono in numero sufficiente per essere trasferiti in ampie aree affette da vitiligine. Quindi, i cheratinociti giocano un indispensabile ruolo accessorio nella ripigmentazione.

- cellule staminali in grado di essere cresciute adeguatamente in numeri enormi in laboratorio possono essere ottenute da diversi tessuti epiteliali

- esistono solide evidenze che le cellule staminali epiteliali coltivate possono rigenerare e riparare i tessuti quando trapiantate nei pazienti

- frequentemente questo approccio permette di ottenere risultati non ottenibili mediante trapianti con chirurgia convenzionale e possono essere salva-vita (per esempio, in vittime delle ustioni).

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