xenotrapianti
Sono proprio le tecniche che sfruttano i ribozimi e gli anticorpi monoclonali a dare le maggiori speranze per il futuro anche nel campo degli xenotrapianti.
La disponibilità di organi è molto scarsa per questo si cerca di poter utilizzare anche altri animali.
Gli animali più simili all'uomo, come ad esempio lo scimpanzè, non sono soggetti ideali come donatori di organi a causa dell'alto rischio di veicolare malattie al ricevente. Si preferiscono quindi, anche se la specie-specificità è molto più marcata, animali più lontani evolutivamente come il maiale in cui il rischio infettivo di virus endogeni appare notevolmente ridotto.
In un trapianto tra uomo e maiale, sono presenti molti anticorpi preformati nel ricevente contro il donatore che, se da un lato caratterizzano e mantengono la specie-specificità, dall'altro sono causa del rigetto iperacuto.
Tra uomo e maiale, il maggiore xenoantigene, causa di rigetto iperacuto, sinora studiato è uno zucchero: l'α1,3galattosilgalattoso.
Veicolando con un adenovirus un ribozima diretto contro l'α1,3galattosiltransferasi, un enzima coinvolto nella formazione di questo zucchero, si può significativamente ridurre la citotossicità indotta dallo xenotrapianto.
Adesso si sta pensando di eliminare l'antigene dal maiale generando maiali privi del gene di questo zucchero.
Gli organi ottenuti da questi maiali riducono il rigetto iperacuto, ma di conseguenza aumenta la necessità di eliminare anche altri antigeni la cui importanza era prima mascherata dalla presenza di questo antigene più potente.
Qualche successo si sta ottenendo col blocco del sistema del complemento del ricevente, una vera e propria cascata di molecole potentissime nell'attivare il sisteme immunitario.
Inoltre bisogna comunque considerare per gli xenotrapianti il rischio di rigetto acuto e cronico che adesso, che si è iniziato a ridurre il rigetto iperacuto, emergono come causa di fallimento dello xenotrapianto.