Dossier

L’impianto di depurazione e riuso della SMAT a Collegno

Curiosando tra le attività…

La potabilizzazione dell’acqua

A sud di Torino, sulla riva sinistra del Po a monte della confluenza del Sangone, la SMAT ha un grande impianto che rende potabile l’acqua del fiume, producendo così circa un quinto dell’acqua distribuita dall’azienda.

L’impianto di potabilizzazione della SMAT a Torino (corso Unità d’Italia 235/3) L’impianto, che è entrato in funzione intorno al 1960 ed è stato poi più che raddoppiato nel 1981, è stato il primo in Italia a utilizzare acqua di origine superficiale.

Nel processo di potabilizzazione svolgono un ruolo importante il carbone e l’ozono.

Il carbone in polvere, immesso nell’acqua all’ingresso degli impianti di trattamento, rimuove i microinquinanti organici contenuti nell’acqua greggia e abbatte le molecole responsabili di gusti e odori sgradevoli.

L’ozono poi ha un’azione multipla: sterilizza l’acqua uccidendo batteri e virus, provoca l’ossidazione e quindi la precipitazione del ferro e del manganese e distrugge molti microinquinanti come pesticidi, fenoli e detergenti.

Oggi l’impianto del Po può potabilizzare fino a 2500 litri al secondo di acqua prelevata dal fiume. Un costante monitoraggio della qualità garantisce che l’acqua prodotta non contenga sostanze inquinanti pericolose per la salute.

La depurazione dell’acqua

L’impianto di via don Milani a Collegno, vicino al campo volo dell’Aeroclub Torino, è il secondo in ordine di grandezza tra gli oltre 70 impianti di depurazione gestiti da SMAT.

L’impianto di depurazione della SMAT a Castiglione Torinese Il maggiore in assoluto è quello di Castiglione Torinese, a valle della città, che può depurare l’acqua usata da oltre 2 milioni di abitanti ed è il più grande centro di raccolta e trattamento fisico, chimico e biologico presente in Italia.

L’impianto di Collegno, situato lungo un’ansa della della Dora Riparia, tratta invece gli scarichi civili e industriali dei comuni di Collegno, Grugliasco e Rivoli, per un equivalente di 400.000 abitanti.

Gli impianti di depurazione sono di tipo biologico, nel senso che sfruttano gli stessi fenomeni naturali che si verificano nei corsi d’acqua inquinati.

Un fiume moderatamente inquinato infatti potrebbe depurarsi anche da solo, grazie ai salti e alle cascate, che ossigenano l’acqua, e all’azione dei microrganismi naturalmente presenti nell’acqua, che gradualmente la ripuliscono.

Deghiaiatore all’ingresso dei liquami nell’impianto di depurazione della SMAT a Collegno (TO) La natura però impiegherebbe decenni per depurare in questo modo uno scarico fognario. In un impianto come quello di Collegno, invece, sono sufficienti 15 ore per completare la sequenza della depurazione.

Per prima cosa però è necessario rimuovere quei rifiuti che neppure i microrganismi possono riuscire a digerire. Negli scarichi urbani si trova infatti di tutto: calze, sacchi di plastica, strofinacci, bottigliette.

Così sul canale che porta i liquami nell’impianto sono posti per prima cosa deghiaiatori e grigliature che rimuovono i rifiuti solidi pesanti e quelli galleggianti.

Potrà sorprendere, ma tra i rifiuti più pericolosi ci sono minuscoli oggetti di plastica come i cotton fioc, che spesso sfuggono alla cattura delle griglie e talvolta possono perfino fare da blocco e danneggiare gli impianti (ora per fortuna questi accessori per l’igiene sono prodotti in carta, che è biodegradabile e può dissolversi anche prima di arrivare al centro di raccolta).

Le vasche di sedimentazione dell’impianto di depurazione della SMAT a Collegno (TO) Una volta rimossi gli oggetti solidi ha inizio il trattamento delle acque, con una prima sedimentazione in grandi vasche circolari, che sono coperte per impedire la diffusione degli odori.

Dalla sedimentazione primaria le acque passano ad altre grandi vasche dove ha luogo l’ossidazione biologica.

Qui l’acqua viene aerata con diffusori a bolle, ce l’arricchiscono di ossigeno per far moltiplicare i microrganismi aerobi. Inoltre un processo di denitrificazione rimuove quei composti azotati che favorirebbero la proliferazione di alghe nel fiume e poi nel mare Adriatico, causando il fenomeno dell’eutrofizzazione e uccidendo i pesci.

L’acqua depurata che esce dall’impianto della SMAT di Collegno (TO) Le acque poi passano ad altre vasche circolari aperte, dove avviene la sedimentazione secondaria.

Di qui esce l’acqua depurata, limpida e quasi priva di inquinanti, che può essere rilasciata nel fiume oppure riciclata per usi industriali.

A ogni stadio della sedimentazione, intanto, la parte fangosa dei liquami, che si è accumulata sul fondo delle vasche, è stata rimossa.

Il trattamento di questi fanghi avviene in un impianto che funziona in modo simile al nostro intestino.

Il fango passa prima di tutto in un grande contenitore dove ad alta temperatura ha luogo la digestione anaerobica: qui i batteri che erano presenti nei liquami sono divorati da altri microrganismi, che nel processo producono biogas.

L’impianto di trattamento dei fanghi della SMAT a Collegno (TO) Il gas è riciclato in loco tramite un bruciatore che riscalda il digestore più grande, un enorme cilindro da 5000 m³.

La fase successiva è l’ispessimento dei fanghi tramite la disidratazione con filtropresse e la solidificazione indotta da acidi simili a quelli usati per far cagliare il latte quando si produce il formaggio.

Infine il fango nero in uscita dall’impianto è mescolato a terriccio e impacchettato sotto forma di humus che troviamo poi in vendita nei negozi di giardinaggio.

Si completa così il riciclaggio della maggior parte dei liquami che con la rete fognaria erano arrivati all’impianto di depurazione.

Il riuso dell’acqua

La SMAT si impegna anche nel riutilizzo delle acque reflue depurate, come previsto dalle norme di legge e in particolare dal decreto n. 185 del 12 giugno 2003.

L’acqua prima e dopo il trattamento con i filtri a sabbia nell’impianto di riuso della SMAT di Collegno (TO) A Collegno ha installato un impianto di ultrafiltrazione e ha costruito un acquedotto per raffinare e distribuire per uso industriale l’acqua che esce dall’impianto di depurazione.

L’acqua depurata è dapprima clorata e trattata con filtri a carbone e a sabbia.

Infine passa sotto pressione alla sezione di ultrafiltrazione, che è una tecnica di separazione a livello molecolare.

L’impianto di ultrafiltrazione a membrane nell’impianto di riuso della SMAT di Collegno (TO) Il mezzo filtrante è una membrana semipermeabile costituita da pellicole di polimero poroso, che per effetto della pressione si lasciano attraversare dall'acqua ma non dalla maggior parte delle sostanze disciolte.

Dal refluo vengono così rimossi durezza, alcalinità, colloidi, batteri, virus e sostanze organiche.

La membrana è utilizzata in tanti moduli cilindrici, ciascuno contenente una spirale avvolta, così da ridurre sia il volume occupato sia l’accumulo di sporco sulla superficie.

In questo modo l’impianto di Collegno produce attualmente ogni ora 30–40 m³ di acqua ultrafiltrata pronta per il riutilizzo.

La torre piezometrica per l’acqua prodotta dall’impianto di riuso della SMAT di Collegno (TO) Mediante una stazione di pompaggio quest’acqua è inviata all’acquedotto industriale e si accumula nel serbatoio elevato di una torre piezometrica situata presso la tangenziale ovest di Torino.

A valle della torre l’impianto è di responsabilità degli utenti, un consorzio di imprese che comprende vari ipermercati della zona.

Queste aziende utilizzano l’acqua ultrafiltrata per i serbatoi antincendio, per il lavaggio dei macchinari, per i cicli termici dei processi industriali e per l’irrigazione di aree destinate al verde o ad attività ricreative o sportive.

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