Chimica da Nobel a Torino
Torino capitale mondiale della chimica. Per una settimana, dal 5 al 10 agosto 2007, la città ha ospitato oltre 1400 scienziati, tra cui tre premi Nobel, provenienti da Università e centri di ricerca pubblici e privati di 70 Paesi del mondo. L’occasione è stata offerta dal 41° congresso internazionale dell’International Union of Pure and Applied Chemistry (IUPAC), l’autorità mondiale di riferimento per la nomenclatura chimica, la terminologia, i nomi dei nuovi elementi, i metodi standard di misura, i pesi atomici e la valutazione critica dei dati sperimentali.
Fondata nel 1919 da chimici industriali e di formazione accademica, la IUPAC tenne la propria 1st general assembly nel 1920 a Roma, con l’obiettivo di promuovere i contatti all’interno della comunità scientifica internazionale. Oggi, ha spiegato il presidente Brian Henry presentando il congresso torinese, «abbiamo quasi 5 mila scienziati membri, di 70 Paesi differenti, ai quali si aggiungono le società chimiche e le accademie delle scienze nazionali di 44 Stati. I nostri associati sono responsabili di oltre l’85% della produzione industriale mondiale nel campo della chimica e della farmaceutica». La IUPAC deve la propria autorevolezza anzitutto al fatto di essere un organismo transnazionale senza fini di lucro, quindi libero da condizionamenti politici ed economici. «Tra le nostre attività più note vi è l’aggiornamento della tavola periodica degli elementi: dai 92 naturali, che venivano insegnati tra i banchi di scuola fino a pochi decenni fa, siamo ormai arrivati, con quelli di sintesi artificiale, a 111 ed entro la fine del 2007 arriveremo a 112». Il lavoro dell’Associazione si articola, di fatto, in oltre 120 progetti diversi (dalle applicazioni della chimica industriale alla depurazione delle acque in Bangladesh) portati avanti da oltre mille scienziati volontari in tutto il globo.
Il congresso biennale IUPAC rappresenta un evento di eccezionale rilievo scientifico e di grande partecipazione soprattutto per il suo spiccato approccio interdisciplinare. «Frontiers of Chemistry» è il titolo che accomuna questi appuntamenti, ma gli organizzatori dei singoli incontri scelgono le “nuove frontiere” a cui dedicare particolare attenzione. Il tema scelto per il 2007 era «La chimica che protegge la salute, l’ambiente naturale e il patrimonio culturale». Il programma dell’intero congresso, ha spiegato il coordinatore, Giuseppe Della Gatta, ha inteso «illustrare l’importanza della chimica quando si debbano affrontare i più pressanti cambiamenti della nostra epoca, vale a dire come raggiungere un futuro sostenibile. E la sostenibilità è intesa nel suo senso più ampio: applicata non solo alla situazione ambientale, ma anche alla salute globale e ai temi sociali». Il congresso torinese ha riservato grande spazio anche al «ruolo della chimica nel conservare e recuperare il patrimonio culturale e nel comprendere meglio le radici della nostra civiltà». Particolarmente illuminante, a questo riguardo, la conferenza plenaria di Jan Wouters, presidente dell’International Council for Museums Committee for Conservation (ICOM-CC).
Molti interventi hanno sollevato e affrontato questioni legate all’etica della scienza. A partire dalla lectio magistralis «Scienza ed etica: un matrimonio di necessità e una scelta per questo millennio», con la quale il premio Nobel Roald Hoffmann ha aperto ufficialmente i lavori del congresso e alla quale è seguita, in anteprima mondiale, la rappresentazione del dramma teatrale «Should’ve» scritto dallo stesso Hoffmann e recitato in versione originale da attori statunitensi e canadesi.
La natura duplice delle applicazioni della chimica, a fini umanitari e bellici, è stata ampiamente discussa anche alla luce della Convenzione sulla proibizione e la distruzione delle armi chimiche, di cui quest’anno si celebrano i dieci anni dall’entrata in vigore. «La chimica», hanno commentato gli esperti riuniti a Torino, «ha un enorme potenziale nel contribuire positivamente al benessere globale. Ma non l’ha sempre perseguito. Novant’anni fa, durante la Prima guerra mondiale, gli scienziati hanno messo a punto armi basate sulle proprietà chimiche e fisiche della materia. Il cloro e i gas “mostarda” furono usati contro 1,3 milioni di persone e causarono 90 mila morti». Oggi le armi chimiche sono bandite dalla Convenzione del 1997, ma continuano a essere usate e prodotte persino in alcuni dei 183 Paesi che hanno sottoscritto l’accordo. «L’applicazione della Convenzione richiede il supporto di tutti i chimici, ma pochi ne sono consapevoli», hanno ammesso gli addetti ai lavori, «poiché spesso durante la formazione e l’attività professionale non ci sono occasioni per venire a conoscenza delle norme etiche e dei vincoli imposti dal trattato».
«Uno degli obiettivi prioritari della IUPAC è diffondere comportamenti conformi alla norma internazionale», ha commentato il presidente Henry, «ma anche mettere a punto mezzi di monitoraggio sempre nuovi e aggiornati per verificare che il potenziale delle nuove scoperte non venga utilizzato a fini bellici e negativi». L’Organization for the Proibition of Chemical Weapons (OPCW), che si propone di eliminare tutte le armi chimiche entro il 2012, farà il punto a dieci anni dalla ratifica della Convenzione nel forum internazionale che si svolgerà a Le Hague, nei Paesi Bassi, il 18-19 settembre 2007.
Dopo il congresso IUPAC, dal 16 al 20 settembre 2008 il Lingotto di Torino ospiterà, invece, il secondo congresso EUCHEMS, che riunirà tutte le società chimiche delle nazioni europee in vista della costituzione di una Società Chimica Europea che possa finalmente competere, per dimensioni e fondi con quella americana, attuale leader mondiale. L'obiettivo è promuovere una progettualità comune a livello comunitario, unificando le politiche nazionali al momento piuttosto dissonanti. Il tema scelto per l'appuntamento torinese («Chemistry, the global science») intende sottolineare come la chimica, nel bene e nel male, attraversi tutta la nostra vita e sia chiamata a fornire risposte nuove a vecchi problemi (rimediare, ad esempio, all'inquinamento ambientale già in atto ed evitare il più possibile quello futuro, ma anche cercare nuove fonti energetiche, nuovi materiali eco-compatibili, nuovi farmaci, nuovi fertilizzanti, nuovi metodi per potabilizzare le acque ecc.). Si attendono più di 2.500 partecipanti, che porteranno a conoscenza dei colleghi le loro ricerche più avanzate, dando spazio soprattutto ai giovani provenienti dai Paesi dell'Est europeo, in linea con i programmi di internazionalizzazione già avviati dall'Università di Torino e supportati dalla Regione, dal Comune e da vari Enti e Istituzioni.