Dossier

La vita nell'universo

La vita su altri mondi nella storia del pensiero

Considererò Giordano Bruno (1548-1600) come il primo ad avere teorizzato con forza l'infinità dell'Universo e quindi la mancanza di un centro all'interno di esso e - ciò che a noi più interessa in questa sede - la possibilità che vi siano altri mondi che ospitino la vita oltre il nostro.

Sicuramente qualche altro pensatore prima di lui avrà fatto queste ipotesi per il suo tempo audaci, ma il pensiero di Bruno - interamente documentato dai suoi numerosi scritti pervenutici - è quello che forse ha maggiormente ispirato la ricerca moderna. Per queste sue idee raccolte nei Dialoghi Italiani, certamente ispirate dall'aria di rinnovamento introdotta dalla rivoluzione copernicana e considerate eretiche da una cultura a quel tempo ancora fortemente legata ai dettami dell'aristotelismo, Bruno fu costretto a fuggire dall'Italia, cosa che gli offrì l'occasione di diffondere la sua nuova dottrina in tutte le più importanti Università europee.

Tornato incautamente in territorio italiano, fu immediatamente arrestato dall'Inquisizione durante un suo soggiorno a Venezia. Fermamente convinto della pluralità di mondi simili al nostro, il famosissimo processo intentatogli a Roma lo vide strenuamente convinto delle sue idee. Si rifiutò di abiurare e, per le sue idee definite eretiche dalla chiesa, fu arso vivo a Roma- in Campo dei Fiori- il 17 febbraio del 1600.

Egli riuscì, basandosi sugli incerti inizi della scienza moderna ravvisabili progressivamente negli scritti di Averroè, Erasmo, Telesio e del mago Paracelso, a intravedere scenari che avrebbero caratterizzato il dibattito cosmologico che si svolgerà solo quattrocento anni circa dopo la sua morte.

Riportiamo di seguito uno dei passi più illuminanti circa la grande visionarietà di Bruno, tratto dal De l'infinito, universo e mondi, V.

Non bisogna dunque cercare, se estro il cielo sia loco, vacuo o tempo; perché uno è il loco generale, uno il spacio immenso che chiamar possiamo liberamente vacuo; in cui sono innumerabili ed infiniti globi, come vi è questo in cui vivemo e vegetamo noi. Cotal spacio lo diciamo infinito, perché non è raggione, convenienza, possibilità, senso o natura che debba finirlo: in esso sono infiniti mondi simili a questo, e non differenti in geno da questo.

L'idea di infinito è comunque molto antica e altrettanto antica è la concezione di un Universo gravido di semi di tutte le cose conosciute, quindi anche di vita. All'alba del pensiero greco si possono trovare le prime idee circa questa infinita produttività fra quei presocratici che- liberi da limitazioni culturali pregresse (come si verificò invece nel caso della società europea dell'epoca di Bruno, società che - come si diceva - era fortemente condizionata dalla "scolastica" aristotelica) potevano combinare liberamente poesia e arte in generale, mito, scienza e filosofia; un cocktail, questo, che si dimostrò così vincente da costituire le fondamenta di tutto il pensiero occidentale.

Il concetto di infinito sembra quindi aver fatto la sua comparsa con la filosofia di Anassimandro (611-547 a.C.), discepolo di Talete, sotto forma di àpeiron (in greco infinito, illimitato). Da esso "con un moto vorticoso" i gonima (in greco, germi) dei contrari come acqua, fuoco, terra, aria, caldo freddo di cui si pensava fosse costituita la materia animata e inanimata, si dipartono per andare a costituire la realtà che noi esperiamo.

Per Anassagora (circa 500-428 a.C.), in modo in questo simile a quanto teorizzato da Anassimandro, i semi del reale, "le cose che sono", sono presenti in un migma, una mistione primordiale e infinita dei semi di tutte le cose, indistinguibili tra loro.

Forse proprio l'avere elaborato concetti come quello di infinito e di origine delle cose del reale, spinse da subito la ricerca filosofica a dibattere sulla possibilità di altre forme di vita nell'Universo e trovò da subito illustri sostenitori come anche importanti detrattori. Tra questi Platone e Aristotele, nella cui filosofia non c'è posto per l'ipotesi dell'esistenza di altri mondi.

Di ben altre vedute furono i pitagorici che guardavano alla Luna come a un mondo abitato da esseri superiori e gli atomisti Leucippo (460-370 a.C.) e Democrito (V secolo a.C.) capaci di immaginare come parti del tutto infinito, contenente pieni e vuoti, possano essersi staccate e ricombinate altrove nel vuoto per dare origine ad altri mondi.

A questi pensatori greci fanno eco il filosofo Epicuro (341-270 a.C.) e il poeta Lucrezio ispiratosi alle teorie epicuree. Secondo Epicuro, proprio come suggerito dai primi atomisti, il mondo è stato generato dal distacco di una parte del tutto che se ne è allontanata per conservare un ordine precario.

Ritornano quindi idee come quella di ordine (cosmo) e di questo allontanamento da un serbatoio caotico di potenzialità dal quale tutto si genera per tentare di ricostruire l'ordine originario. In questa visione trovano esplicitamente spazio altri mondi e altri esseri viventi che già nel pensiero epicureo possono assumere sembianze non umane.

Nel 1686, molto probabilmente ispirato dal pensiero di Bruno, lo scrittore francese Bernard de Fontanelle scrive i Discorsi sulla pluralità de' mondi. L'anno è quello precedente la pubblicazione dei Principia di Isaac Newton, mentre Cartesio aveva già pubblicato nel 1644 i suoi Principi della filosofia da cui Fontanelle mutua l'idea di un Universo dominato dai vortici nel quale non vi è un centro e nel quale le stelle fisse altro non sono che soli simili al nostro.

Chiaramente il momento storico era favorevole alla rivoluzione scientifica preparata coraggiosamente da Galileo, Keplero e Copernico e rappresenta la vittoria postuma del pensiero di Bruno. La legge di gravitazione universale di Newton inoltre, dato il suo carattere di universalità, autorizzava a pensare che la configurazione osservata del Sistema Solare dovesse potere estendersi ben al di là del Sistema Solare stesso.

Altre stelle simili al Sole avrebbero avuto un corteo di pianeti simile a quello orbitante attorno al nostro astro (pensiero suggerito anche dall'osservazione di Giove e dei suoi satelliti, un sistema solare in miniatura) e avrebbero potuto ospitare forme di vita simili alla nostra.

Comunque, nonostante l'apparizione sulla scena di Newton, l'ambito del dibattito sulla pluralità dei mondi e la vita extraterrestre dovrà attendere l'affermarsi di una scienza astronomica matura, nata con l'attività di Galileo, per uscire dall'angusto ambito mistico-filosofico che la contraddistinguerà ancora per alcuni secoli.

Bisognerà attendere infatti il 1920, anno del Great Debate, per vedere degli astronomi riuniti a discutere con metodi scientifici della natura degli universi-isola, termine col quale il grande filosofo Immanuel Kant (1724-1804), evidentemente convinto della possibilità di altri mondi, battezzò le nebulose lontane nella sua opera Storia generale della natura e teoria del cielo.

L'indistinguibilità dei semi o germi generati nell'apeiron si traduce quindi nella distinguibilità delle cose che da essi derivano, degli oggetti del reale come degli esseri viventi.

Questo scenario metafisico trova una possibile traduzione nel linguaggio della scienza moderna nella forma della teoria proposta all'inizio del secolo scorso dal chimico svedese Svante Arrhenius il quale immaginò che la vita possa essere stata condotta in tutto il cosmo da spore (batteri intrappolati in proteine) presenti nello spazio.

Questa affascinante teoria, che va sotto il nome di panspermia, ha conosciuto in seguito delle varianti ottenute immaginando che i vettori responsabili della propagazione dei germi siano state o le meteoriti - e in questo caso si parla di litopanspermia - o la pressione di radiazione stellare, caso nel quale si parla di radiopanspermia.

Queste spore partite da un pianeta che ospita la vita e in seguito diffuse nello spazio, porterebbero il germe vitale sui pianeti che le catturano con la loro forza di attrazione gravitazionale.

Panspermia del 10 Agosto Un altro tipo di panspermia, la cosiddetta panspermia guidata, è quella proposta dal premio Nobel Francis Crick il quale, coadiuvato da Leslie Orgel, pensò di risolvere il problema del difficile insorgere spontaneo di una vita intelligente sulla Terra teorizzando che le spore siano state portate in posti adatti alo sviluppo della vita da una o più civiltà avanzate diffuse ovunque nell'Universo.

Il problema insito in queste posizioni teoriche rimane sempre e comunque l'assenza di una spiegazione valida dell'effettiva origine della vita. Si potrebbe pensare che questo fenomeno sia nato con il nostro Universo, con lo spazio e il tempo, e che ne costituisca una proprietà peculiare.

Contro questa idea, paragonabile a certe posizioni definite antropiche, viene opposta la tesi che la vita come la conosciamo noi richieda una tale complessità molecolare da escluderne già la presenza in un Universo giovane di alcuni miliardi di anni.

Un'altra obiezione generalmente opposta alla panspermia nelle forme proposte da Arrhenius è che l'enorme quantitativo di radiazioni di tutte le lunghezze d'onda che permeano l'Universo in alcune bande come quella X, gamma e ultravioletta, avrebbe il potere di spezzare i legami chimici delle spore inibendone il potenziale vitale.

Recenti esperimenti condotti in orbita sembrano comunque dimostrare che, esponendo un certo quantitativo di materiale organico alla radiazione presente al di fuori dell'atmosfera, un numero esiguo ma in ogni caso importante di molecole riesce inaspettatamente a resistere indenne all'esposizione, rendendo meno improbabile la teoria panspermica.

Il termine panspermia non è il solo nato in questa prima fase di ricerca scientifica delle nostre origini biologiche e di altre forme di vita altrove nell'Universo. Chiamata esobiologia per tanti anni, a sottolineare come la biologia abbia costituito l'ambito privilegiato di queste ricerche, la disciplina assume una certa risonanza con la scoperta - valsa il Nobel a Urey e Miller - dell'importanza della radiazione elettromagnetica nei processi chimici e biologici avvenuti nell'ambiente terrestre primordiale.

Ebbe così inizio la fase multidisciplinare di questo tipo di ricerche che tra le prime conseguenze annoverò la coniazione del nuovo vocabolo bioastronomia introdotto nella nomenclatura scientifica dall'Unione Astronomica Internazionale per indicare il nuovo orientamento delle ricerche volte a comprendere il fenomeno vita su scala cosmica e la correlazione tra eventi spaziali e terrestri.

Con Aristotele si può considerare iniziato anche il filone teorico che vuole la vita come generatasi spontaneamente dalla materia inerte, cosa che si può trovare, con le dovute differenze, anche nella Genesi come in molti miti primitivi e che verrà pure ripresa in seguito da grandi pensatori come Galileo, Newton e Cartesio.

Questa ipotesi ebbe vita facile fintanto che Francesco Redi prima, e Louis Pasteur circa due secoli più tardi, la misero in discussione mostrando come la generazione spontanea non poteva essere considerata alla base del fenomeno della fermentazione, caso nel quale vennero identificati come responsabili alcuni microrganismi.

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