Dossier

La vita nell'universo

"C'è nessuno lì fuori?" Messaggi pubblicitari verso lo spazio buio e profondo

Il compito di elaborare una strategia di ricerca della vita nel cosmo pone, come è facile immaginare, vari problemi. Verrebbe da dire infatti: "basterebbe andare a dare un'occhiata in giro e stanarla, ovunque essa si nasconda". Andare in giro per la galassia a sollevare pietre sui vari pianeti o guardando fra i cumuli di polvere interstellare raccolti da una immane scopa spaziale alla ricerca di acari cosmici è, al momento, un'operazione improponibile per vari motivi fisici, tecnologici e addirittura politici.

Infatti la nostra galassia ospita circa cento miliardi di stelle, molte delle quali sono circondate da sistemi planetari simili al nostro. Le distanze interstellari sono abissi che al momento possiamo solo fantasticare di solcare con astronavi la cui costruzione è fuori dalla nostra attuale portata tecnologica. Anche possedendo una astronave adatta, si porrebbe il problema di fornirla di un equipaggio umano destinato ad abbandonare, molto probabilmente per sempre, la casa Terra per compiere viaggi che avrebbero una durata misurabile con decine di generazioni delle famiglie partite. Inoltre, come fa argutamente notare Emmanuel Davoust nel suo libro "Silenzio al punto d'acqua" del 1988, divenuto ormai un classico, "(…) la durata di un viaggio interstellare ne fa un progetto a lunghissimo termine; è quindi un'impresa che richiede una grandissima stabilità politica".

E' chiara la nostra difficoltà nell'affrontare missioni all'interno del nostro sistema solare che hanno del ridicolo se pensate in un'ottica cosmica o anche solo in una prospettiva galattica. Basti pensare a quale passo in avanti riteniamo di avere compiuto per il solo "abitare" la ISS, una stazione spaziale orbitante nella primissima periferia (in pratica sull'uscio di casa) fuori dalla nostra atmosfera.

Ma quale ISS e conquista dello spazio! Siamo solo dei palloni gonfiati

Abbiamo camminato sulla Luna e guardiamo a Marte come una promessa per il genere umano, mentre lasciamo che siano nostri "simili" tecnologici come le sonde automatiche a fare da apripista per le esplorazioni più profonde del sistema planetario al quale apparteniamo. Quindi, è pur vero che, come fa notare il solito Davoust, se avessimo continuato a inviare messaggi verso Marte, ancora attenderemmo risposta dai Marziani e che l'avere inviato le sonde Viking ci ha fatto capire che non c'era nessun destinatario a riceverli, ma è assolutamente utopico pensare di adottare lo stesso principio per tutti i pianeti orbitanti attorno ad altre stelle. A conti fatti appare chiaro, allora, come la scommessa vada giocata tutta sulla comunicazione, ovvero adottando il principio (definibile forse "pubblicitario") della diffusione di messaggi non richiesti all'indirizzo di tutti i punti galattici che, sulla base di qualche speculazione teorica o di qualche osservazione pratica, ci appaiono essere più adatti di altri a ospitare civiltà capaci di decifrarli.

Questa scelta strategica, ben lungi dall'essere la soluzione al problema, ne impone altre che da essa si dipanano ad albero andando a complicare il gioco. Scorrendo questo albero troveremo il ramo che si ottiene rispondendo alla domanda: "Come sono fatti i punti galattici che possono ospitare la vita?".

Un altro ramo si ottiene dal cercare di comprendere cosa è meglio esprimere nel messaggio, un quesito che prelude all'altro, non meno importante, del "come dirlo".

Come possiamo chiedere a degli alieni "C'è nessuno in ascolto?"

Ancora una volta, la forma del messaggio apre il discorso a varie possibilità, essendoci molti "media" che si contendono il primato di "miglior sistema di comunicazione interstellare". Sulla Terra ne conosciamo molti che immancabilmente, ed è normale che sia così, si adattano antropomorficamente alle nostre esigenze acustiche, olfattive, uditive e tattili nonché alle nostre strutture logiche.

Ecco allora che abbiamo quasi ripercorso la storia della comunicazione sulla Terra, dai suoi albori fino alla complicazione attuale, inviando prima involontariamente messaggi che a un immaginario ascoltatore alieno di passaggio nel nostro vicinato cosmico saranno apparsi come goffi grugniti o mugugni privi di senso. Infatti, da quasi un secolo le nostre trasmissioni radio emesse sulla superficie terrestre abbandonano disordinatamente la nostra atmosfera per trasferirsi alla velocità tipica della radiazione elettromagnetica tutta, nello spazio. Queste trasmissioni al momento coprono una sfera centrata sulla Terra di raggio approssimativamente pari a cento anni luce, ovvero alla distanza percorsa in cento anni dalle nostre trasmissioni alla velocità della luce; ben poca cosa se si pensa che, se realmente esiste una civiltà aliena, magari occupa un posto qualsiasi dalla parte opposta della galassia.

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