Dossier

Biocarburanti, opportunità energetiche in espansione

Classificazione dei biocarburanti

L’energia contenuta nelle biomasse vegetali può essere sfruttata attraverso alcuni processi di trasformazione, raggruppabili secondo il tipo di conversione utilizzata: termochimica, biologica e fisica.

I processi di conversione termochimica comprendono la combustione, la pirolisi e la gassificazione.

La combustione, processo con il quale l’energia chimica contenuta nel combustibile viene trasformata in calore e luce, viene utilizzata con biomasse, come il legno, a basso contenuto d’acqua. Tanto minore è il tasso d’umidità, tanto maggiore è l’efficacia del processo. Per tale motivo e per rendere l’operazione economicamente conveniente, l’essiccazione deve avvenire al sole. In Italia sono già in attività circa 40 impianti di tipo cogenerativo (la produzione finale consiste di calore ed energia elettrica) di grosse dimensioni che producono energia da biomasse legnose. Si tratta di materiale in larga parte importato, poiché sono necessari grandi quantitativi per ottenere i migliori rendimenti dagli impianti in termini energetici. Al momento infatti le coltivazioni nazionali da destinare a questo tipo di conversione non sono competitive per pensare ad un’ autoproduzione delle biomasse necessarie. Per le piccole utenze domestiche sono invece già disponibili caldaie che funzionano a legna, a pellet di legno, a granella di mais, che sono in grado di soddisfare le esigenze familiari di riscaldamento e produzione di acqua calda.

La pirolisi è il processo grazie al quale la biomassa con umidità inferiore al 15% viene trasformata in prodotti gassosi, liquidi e solidi per mezzo del calore e in forte carenza di ossigeno. Attualmente sono tre i tipi di pirolisi su cui si lavora: la pirolisi lenta, con permanenza lunga della biomassa a temperature inferiori a 600°C, che dà come prodotto principale carbone da legna; la pirolisi veloce, che adotta temperature tra 500 e 650 °C e fornisce prodotti gassosi; la flash pirolisi, cosiddetta perché la permanenza è molto breve, circa 1 secondo, a temperature sui 650 °C, che permette di ottenere un 60% di prodotti liquidi. Quest’ ultima è la tipologia che, pur essendo in fase sperimentale, genera più aspettative: il prodotto liquido che ne deriva, detto bioolio o raw tar, ha elevato contenuto energetico, si trasporta facilmente e si conserva a lungo senza degradarsi.

La gassificazione è un processo fisico-chimico (ossidazione incompleta dei composti carboniosi a temperatura di circa 1.000 °C) con cui dalle biomasse vegetali si ottiene un combustibile gassoso, detto syngas, che è una miscela di vari gas come metano, azoto, idrogeno. Il rendimento dei gassificatori per la produzione di energia elettrica è dell’ordine del 30-35%, valori nettamente superiori agli impianti a combustione. La metodologia del processo deve ancora essere affinata e viene adottata in via sperimentale in alcuni impianti pilota, tra cui alcuni che gassificano la lolla di riso. La conversione attraverso processi biochimici dell’energia delle biomasse vegetali è sicuramente la via più conosciuta e collaudata anche in impianti industriali di trasformazione energetica.

I metodi di conversione biologica consistono essenzialmente nei processi di fermentazione alcolica e di digestione anaerobica.

La fermentazione alcolica è un processo di trasformazione biochimica, grazie al quale gli zuccheri sono trasformati in alcol etilico. Il materiale di partenza è costituito dalle colture ad elevato tenore di zuccheri o amidi (canna da zucchero, granella di mais). Piante di Miscanthus

La digestione anaerobica è un altro tipo di processo di trasformazione biochimica reso possibile grazie all’azione di batteri che, operando la demolizione delle cellulose contenute nelle biomasse, producono un biogas contenente un elevato tenore di metano. Per questo processo si sono utilizzate finora i liquami e le deiezioni animali provenienti dagli allevamenti zootecnici, mentre ultimamente hanno iniziato a diffondersi impianti che utilizzano l’ insilato di mais come materiale da digerire.

La conversione fisica consiste nella spremitura meccanica di semi ad alto contenuto di olio (girasole, colza, soia) per ottenere come prodotto finale un olio combustibile, da destinare alla produzione di energia, e dei panelli proteici, costituiti dai residui dei semi spremuti, da destinare all’industria mangimistica. Il processo di spremitura meccanica può essere completato da un’estrazione chimica, in modo da ottenere rese in olio più elevate.

Per approfondimenti http://www.greenlodges.net/

Suggerimenti