All'assalto di Marte
Il primo round della sfida marziana terminò nel 1965 con il fallimento dell'ultima Zond.
Lo score recitava : Usa 1 - Urss 0.
Nonostante risultati tutt'altro che esaltanti entrambi i contendenti mirarono negli anni immediatamente successivi a realizzare progetti in grado di portare una sonda a contatto con la rossa superficie del pianeta. Per questa ragione scattò nei sei anni a cavallo tra il 1969 e il 1975 un vero e proprio assalto al pianeta.
La battaglia dopotutto era solo all'inizio.
Le missioni Mariner che seguirono la fortunata avventura portata a termine dalla sonda numero 4, ossia la Mariner 6 e la Mariner 7, confermarono la bontà del progetto e dell'operato della Nasa.
Lanciate nel febbraio-marzo del 1969 e pensate con il solo scopo di acquisire dati su Marte senza eseguire alcuna analisi durante il viaggio verso il pianeta, inviarono a terra immagini più dettagliate della precedente missione, coprendo il 10 per cento della superficie del pianeta contro il solo uno per cento della missione 4.
La numero 6 arrivò su Marte il 31 luglio, undici giorni dopo il più famoso dei "passi", quello di Neil Armstrong sulla Luna.
Pochi giorni dopo anche la numero 7 arrivò in prossimità del pianeta.
Dopo alcuni istanti di panico, quando il centro di controllo perse il contatto con quest'ultima sonda più o meno nella stessa zona dove si erano perdute le sonde russe, gli strumenti scientifici di cui erano dotate, uno spettroscopio per l'infrarosso, uno per l'ultravioletto e un radiometro svelarono il pianeta per quello che era: un pianeta simile alla Luna, pieno di crateri, brullo, privo di vita e di attività geologiche.
Le Mariner 6 e 7 furono le ultime missioni flyby statunitensi nella storia delle esplorazioni su Marte.
Al Jpl erano pronti al passo successivo: costruire una sonda in grado di orbitare stabilmente attorno al pianeta.