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Vedere l’invisibile con la luce quantistica

Come ottenere immagini di oggetti molto tenui, che risulterebbero invisibili con le tecniche che utilizzano luce classica.

Le proprietà quantistiche della luce, ovvero i suoi aspetti sia ondulatori che corpuscolari descritti dalla meccanica quantistica, permettono realizzazioni non pensabili con l’usuale luce classica (quella di una lampadina, di una stella o di un laser), quali il teletrasporto, la codifica densa, la crittografia quantistica, etc. Questi studi stanno aprendo le porte allo sviluppo di una nuova classe di tecnologie, le tecnologie quantistiche, le cui applicazioni pratiche sono al momento appena immaginabili, ma che potrebbero incidere notevolmente sulla vita delle generazioni future.

Tra le possibilità offerte da queste nuove tecnologie vi è quella di ottenere immagini di oggetti molto tenui, che risulterebbero invisibili con le tecniche che utilizzano luce classica, il cosiddetto imaging quantistico ultrasensibile. Questa possibilità è stata prevista teoricamente dal un gruppo di ricercatori di Como coordinato dal Prof. Lugiato e alla Dr.ssa Gatti e si basa sull'“entanglement” spaziale tra due fasci di luce ottenuti tramite un processo puramente quantistico. L'entanglement è un tipo di correlazione molto speciale che non ha analogo nella fisica classica e,  nel caso dei fasci di luce in questione,  Set up per la misura dell’imaging quantistico sotto lo shot noisesi trova nelle fluttazioni spaziali e temporali di intensità dei due fasci. Infatti, il rumore (ovvero le fluttuazioni d’intensità sul piano in cui si formano le immagini) tra i due fasci gemelli è strettamente correlato. Posizionando l'oggetto nella traiettoria di un fascio e sottraendo all'immagine formata (A, nella Fig.1) il rumore misurato sull'altro fascio (B), si  ottiene, in una situazione ideale, un’immagine priva di rumore (A-B). Risultato impossibile con luce classica.

Come risultato finale, l'uso di questi “fasci di luce gemelli” permette di osservare oggetti debolmente assorbenti che altrimenti resterebbero invisibili, poiché sommersi dal rumore (detto rumore shot) sempre presente nella rivelazione della luce classica.

Ora tale previsione teorica è stata verificata da tre ricercatori (Brida, Genovese, Ruo Berchera) dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino con un esperimento interamente condotto e realizzato nei laboratori “C.Novero” del gruppo d’Ottica Quantistica (coordinato dal Dr. Genovese).  

Logo dell' Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM)In un articolo, recentemente apparso su Nature Photonics essi dimostrano che è possibile rivelare operativamente le correlazioni quantistiche, e usarle per l'imaging ultrasensibile, tramite l'uso di una telecamera CCD, simile a quelle usate nella fotografia digitale, solo molto più sensibile. I fasci “gemelli” sono stati generati con il fenomeno di ottica non-lineare noto come fluorescenza parametrica, dove uno speciale cristallo viene iniettato con un laser sufficientemente energetico e alcuni fotoni del fascio decadono in coppie di fotoni correlati. I fasci gemelli sono formati dal flusso di questi  fotoni.

L'oggetto, una deposizione molto tenue su un vetrino, raffigurante una p, è stata posta su uno dei fasci gemelli, e l'altro fascio uscente dal cristallo e stato mandato direttamente sulla telecamera CCD senza interagire con l'oggetto, facendo da “riferimento” per il rumore.

L’immagine della  p non era osservabile direttamente, in quanto persa nelle inevitabili fluttuazioni della luce. Tuttavia essa riappariva chiaramente quando il rumore correlato veniva sottratto. 

Questa tecnica assieme ad altre come la superisoluzione, ovvero l’ottenere una risoluzione anche molto minore della lunghezza d’onda della luce sfruttando l' entanglement,  fa parte del recente campo del Quantum Imaging

Tali ricerche, oltre ad un grande interesse come fisica di base, aprono anche la via a future applicazioni tecnologiche, ad esempio nel campo della biologia e della tecnologia dei film sottili.

 

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