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Una centrale nucleare "a palline"

Un reattore nucleare che faccia meno "paura", capace di generare non solo elettricità, ma anche calore da impiegare direttamente per altri scopi, ad esempio la produzione di idrogeno da usare per gli autoveicoli. E' l'obiettivo del progetto europeo Raphael.

Un reattore nucleare che faccia meno "paura", capace di generare non solo elettricità, ma anche calore da impiegare direttamente per altri scopi, ad esempio la produzione di idrogeno da usare per gli autoveicoli.

E' l'obiettivo del progetto europeo Raphael, avviato nell'ambito del VI Programma quadro con l'obiettivo di ottenere le migliori prestazioni da questo tipo di reattori e di avviare lo sviluppo di un modello sperimentale di quarta generazione durante il VII Programma. Il Progetto faceva parte delle iniziative presentate da "Communicating European Research 2005".

La quarta generazione di reattori nucleari, secondo le previsioni, dovrà avere caratteristiche di sicurezza molto più alte di quelli attuali, essere economicamente competitiva, capace di fornire sia elettricità che calore e, un fattore non da poco, essere inadatta ad una successiva creazione di bombe atomiche.

Una delle tecnologie esplorate, abbracciata proprio dal progetto Raphael, è quella dei reattori ad altissima temperatura (VHTR). Il modellino di reattore presentato a Bruxelles nei giorni scorsi ha certamente qualcosa di strano: anziché contenere le classiche barre di combustibile nucleare, è un recipiente pieno di palline nere. Queste palline contengono ciascuna una piccola quantità di materiale fissile, incapsulato in un materiale estremamente resistente al calore.

Uno dei vantaggi principali è la sicurezza. Un tipico incidente potenzialmente catastrofico in una centrale nucleare, ad esempio, è il blocco dell'impianto di raffreddamento. Il reattore comincia a scaldarsi e, al di là di un certo punto, inizia la fusione del nocciolo.

Nel modello VHTR di Raphael, invece, anche con un raffreddamento bloccato da un guasto, la temperatura sale molto lentamente, dando molto più tempo ai tecnici per intervenire (nei reattori attuali bisogna intervenire in un minuto circa). Ma anche senza un intervento di emergenza le cose non vanno a finire male: il reattore raggiunge il migliaio di gradi, una temperatura che il rivestimento delle palline è capace di sopportare, e poi si stabilizza. In altri termini, la fusione del nocciolo diventa impossibile a causa del bilanciamento che si crea tra produzione di energia e dissipazione naturale del calore.

L'altro aspetto che il progetto Raphael mira a sfruttare è il calore libero. Naturalmente una parte dell'energia prodotta viene usata per muovere le turbine che producono elettricità. Ma ce n'è una buona percentuale che potrà essere usata per scopi diversi. L'idrogeno, ad esempio, non è una risorsa immediatamente disponibile. Oggi il grosso dell'idrogeno disponibile viene infatti prodotto a partire dal metano, un procedimento che ha un basso rendimento e produce anidride carbonica (con buona pace di chi pensa che l'idrogeno sia una fonte di energia assolutamente pulita).

Avere una grande quantità di calore a disposizione, però, cambia la situazione: l'idrogeno può essere prodotto dall'acqua con un processo che non lascia residui.

Altri vantaggi, secondo i componenti del Raphael, sono poi la distruzione molto efficiente del plutonio, elemento che, una volta prodotto dalle centrali convenzionali, può essere usato per costruire ordigni nucleari.

Chiaramente, anche con la sicurezza aumentata, rimangono in piedi tutte le questioni relative allo smaltimento delle scorie. Ma nel discorso vanno considerati i molti segnali che indicano il nucleare come uno dei giocatori cruciali per un futuro in cui le emissioni di anidride carbonica debbano essere ridotte.

Il prototipo di una centrale nucleare di questo tipo è atteso per i prossimi 12-15 anni. E potrebbe rappresentare una soluzione tampone, almeno parzialmente, in attesa dello sviluppo della fusione nucleare portata avanti dal progetto ITER.

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