Le nuove terapie per il tumore della tiroide e le nuove scoperte sui benefici delle onde d'urto in campo neoplastico: di questo si è discusso venerdì 8 giugno 2007 presso l’Aula Magna dell’Accademia di Medicina di Torino, dove si è tenuta l'undicesima seduta scientifica del nuovo anno dell’Accademia.
Il professor Giuseppe Boccuzzi (ospedale Molinette di Torino, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica dell’Università) ha tenuto la relazione: “Nuovi approcci terapeutici nel carcinoma della tiroide”. Il cancro della tiroide è efficacemente curato dalla terapia tradizionale integrata che prevede l’intervento chirurgico e l’asportazione mediante radioterapia del residuo. Tuttavia, nel 5-20% dei casi le cellule perdono la capacità di concentrare lo iodio, cosicché questi tumori diventano resistenti alla terapia con iodio radioattivo e finiscono con l'avere una pessima prognosi.
Negli ultimi anni è stata documentata l’importanza delle modificazioni epigenetiche nella progressione tumorale, facendo aumentare l’interesse verso approcci terapeutici orientati ad intervenire sull’espressione genica attraverso la modificazione della cromatina. In questo ambito si sono raggiunti risultati promettenti con l’acido valproico (VPA), ampiamente utilizzato come anti-epilettico, si è rivelato un efficace inibitore delle HDAC (histone deacetylase, istonedeacetilasi), enzima essenziale per permettere la trascrizione genica.
In vitro (cioè su popolazioni di cellule) il VPA, a concentrazioni equiparabili a quelle presenti nel sangue dei soggetti epilettici in trattamento, induce la maturazione delle cellule di tumore tiroideo scarsamente differenziato e iodio resistenti, ristabilendo una loro sensibilità allo iodio che è, a questo punto, in grado di limitare la loro crescita. Questa azione suggerisce un duplice meccanismo antitumorale: la ritrovata capacità di captare lo iodio, che restituisce la sensibilità al trattamento radioterapeutico (con iodio radioattivo) e l’effetto diretto sulla crescita tumorale attraverso l’azione sulla progressione del ciclo cellulare e sull’induzione dell’apoptosi.
Il professor Roberto Frairia (ospedale Molinette di Torino afferente allo stesso Dipartimento del Prof. Boccuzzi) ha parlato invece di: “Onde d'urto ad alta energia. Effetti biologici e nuove prospettive terapeutiche”.
Le onde d’urto extracorporee ad alta energia (High Energy Shock Waves, HESW) sono impiegate sin dagli inizi degli anni ’80 nella frantumazione (litotripsia) dei calcoli renali, salivari e delle vie biliari. L’acquisizione di nuove strumentazioni in grado di modulare in maniera più adeguata l’energia delle onde d’urto ha permesso di sfruttare al massimo gli effetti biologici indotti da questa tecnologia: con una bassa energia si ottiene proliferazione e differenziazione cellulare e aumento della vascolarizzazione; per contro, con alta energia, si osserva una accelerazione dei processi che portano alla morte naturale delle cellule (apoptosi). Gli effetti biologici - ad oggi noti - hanno consentito applicazioni terapeutiche innovative in campo ortopedico. Hanno offerto nuove possibilità nel campo della riparazione tessutale (tendinopatie, infarto del miocardio) e, più di recente, sembrano in grado di aprire nuove prospettive in campo oncologico.
La ricerca condotta dal gruppo di ricerca afferente al professor Frairia si pone l’obiettivo di verificare in vitro e in vivo, nell’animale da laboratorio, una addizionale modalità di terapia antitumorale che consenta di ottenere un più elevato effetto citostatico (cioé inibisce il metabolismo e la moltipplicazione cellulare) con dosi di farmaci chemioterapici sensibilmente ridotte rispetto a quelle adottate nei comuni schemi di trattamento.
In ultima analisi, si cerca di assicurare un indice terapeutico nettamente superiore - con una drastica riduzione degli effetti tossici dose-dipendenti del farmaco chemioterapico - grazie alla possibilità di focalizzare in modo selettivo le onde d’urto ad alta energia a livello della lesione tumorale e di incrementare significativamente la “penetrazione” del farmaco stesso all’interno delle cellule neoplastiche.