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Sulle tracce della peste

Riconoscimento immunologico della peste nei resti di sei religiosi esumati da siti del centro della Francia.

Grazie al lavoro svolto dala dottoressa Raffaella Bianucci con i Professori Emma Rabino Massa del Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo ed Ezio Ferroglio del Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Institut Pasteur del Madagascar, l’UMR 6578 (Antropologia bioculturale) dell’Università di Marsiglia e l’Istituto Francese per le Ricerche Archeologiche Preventive (INRAP) è stato possibile identificare, tramite una nuova tecnica immunologica, la presenza dell’antigene F1 di Yersinia pestis nei resti di sei religiosi esumati da due distinti siti della Francia centrale e deceduti durante la Seconda Pandemia (XIV-XIX secolo).

I risultati di tale ricerca sono stati citati sulla prestigiosa rivista scientifica Science.

Peste nei resti di sei religiosi esumati - icona Yersinia pestis, l’agente eziologico della peste, è un batterio Gram negativo ad altissima patogenicità. L’infezione si trasmette dal roditore selvatico al roditore peridomestico e da questo all’uomo attraverso il morso degli ectoparassiti dei roditori.

La peste è stata una delle malattie epidemiche più mortifere della storia dell’Umanità e, a partire dal VI secolo d.C., ha causato all’incirca 200 milioni di vittime. Essa non è mai stata completamente eradicata e, oggigiorno, è classificata dall’OMS come malattia rieemergente. Focolai di peste murina sono presenti in Africa, Asia e nelle Americhe.

Dal 2004, è disponibile un test immunocromatografico per la diagnosi rapida della peste (RDT) nelle persone viventi. Il test è stato messo a punto e validato dagli Istituti Pasteur del Madagascar e di Parigi per il controllo e la sorveglianza della malattia nei paesi in cui è endemica.

In passato, nell’ambito degli studi paleoepidemiologici, la diagnosi retrospettiva di infezione da Y. pestis si basava esclusivamente sull’utilizzo di tecniche di biologia molecolare. A partire dal 2004, gli studi condotti dal gruppo di ricerca hanno dimostrato che l’RDT peste permette il riconoscimento immunologico dell’antigene F1 in resti antichi. L’antigene F1 della peste resiste molto bene all’azione del tempo ed è meno soggetto a denaturazione rispetto al DNA antico.

peste nei resti di sei religiosi esumati - 3 Ad oggi il test è stato applicato sui resti umani di 34 individui esumati da nove distinti siti di presunti appestati del sud e del centro della Francia che datano alla Seconda Pandemia (XIV-XIX secolo). Venticinque dei 34 individui (73.5%), tra cui i sei religiosi, sono risultati positivi all’identificazione dell’antigene F1 di Y. pestis. Per quattro dei nove siti testati, i risultati paleoimmunologici sono stati confermati da quelli di biologia molecolare condotti in doppio cieco.

L’insieme di questi risultati dimostra che Y. pestis può essere identificata nei resti umani antichi sia tramite tecniche paleomicrobiologiche che paleoimmunologiche. E’ necessario, tuttavia, sottolineare che per ragioni prettamente economiche, non è possibile testare tramite biologia molecolare tutti gli scheletri che vengono esumati da sepolture multiple o da fosse comuni. Pertanto, l’utilizzo dell’RDT peste risulta una tecnica affidabile e poco costosa da utilizzare come test di routine qualora una necropoli venga identificata.

L’utilizzo di questo test permetterà inoltre di mappare le vie di diffusione della malattia, nei periodi in cui era endemica in Europa, non solo nei grandi agglomerati urbani, ma anche nelle aree rurali per le quali le fonti storiche e i documenti d’archivio sono scarsi o del tutto inesistenti.