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Scarti alimentari da recuperare, è l’ora del caffè.

I fondi del caffè presentano interessanti prospettive per un loro utilizzo nel campo degli antiossidanti e delle energie pulite.

I ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Chimica della Università Sapienza di Roma da anni lavorano nello sviluppo di tecnologie innovative in grado di valorizzare gli scarti agroalimentari. Non solo per ridurre l’impatto ambientale che lo smaltimento di questi rifiuti genera, ma anche per indagare il loro possibile riutilizzo come materia prima per l’ottenimento di sostanze ad alto valore aggiunto.

Frutti e semi della pianta del caffè Dalle ricerche effettuate sui fondi del caffè, destinati nell’uso domestico a diventare ammendanti per il terriccio delle piante da vaso, è emersa la possibilità di sfruttarli per recuperare preziosi antiossidanti e per uso energetico. Il processo di estrazione degli antiossidanti (polifenoli) presenti nei fondi avviene con un solvente costituito da acqua ed etanolo ed è un procedimento a “ciclo chiuso”, che non genera rifiuti e permette di recuperare sia l’acqua che l’alcol utilizzati. La qualità del prodotto ottenuto è ottima: la sua capacità antiossidante, valutata da un biologo molecolare che fa parte del gruppo di ricerca, è risultata superiore a quella di simili prodotti di origine sintetica. Anche i residui dell’estrazione sono utilizzabili: hanno infatti dimostrato di possedere un grande potere calorifico, superiore a quello della legna da ardere di ottima qualità. Utilizzabili perciò, sottoforma di pellet o bricchette, per alimentare, al pari di altri combustibili, stufe e caldaie. Piantagioni di caffè Per finire, i residui solidi post estrazione hanno dimostrato una ulteriore utilità: grazie al loro potere adsorbente, possono trovare utilizzo nella depurazione delle acque contaminate da piombo, cadmio e altri metalli nocivi. Naturalmente alla base di qualunque iniziativa di riciclo come quella proposta dagli scienziati di Napoli c’è un programma capillare di raccolta differenziata, che coinvolge sia le industrie di settore, per i grandi quantitativi di residui prodotti, sia i bar ed i consumatori domestici, ai quali spetta, per le sole capsule da macchina espresso, un consumo di oltre 1 miliardo di unità all’anno.

Il gruppo d lavoro partenopeo ha già condotto sperimentazioni anche su altri tipi di scarti: il recupero del beta-carotene dal flavedo di agrumi e da carote, e del licopene dagli scarti agro-alimentari che lo contengono in percentuali più elevate, come le bucce di pomodoro. Quest’ultima una risorsa decisamente importante visto che l’Italia è il secondo produttore mondiale di derivati del pomodoro (succhi, concentrati, pelati, passate, ecc.) e il quantitativo di rifiuti solidi generati a livello industriale è decisamente imponente.

Per approfondimenti

http://www.ricercaitaliana.it/primopiano/pp_dettaglio-154.htm

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