La cultura produce benessere psicofisico e, pertanto, fa risparmiare la spesa pubblica. Questa in sintesi la bomba mediatica lanciata da Pier Luigi Sacco, Preside della Facoltà di Arti, Mercati e Patrimoni delloIULMdi Milano, in occasione della recente presentazione della neonata Fondazione Medicina a Misura di Donna in un’affollata aula del Dipartimento Universitario di Discipline Ginecologiche e Ostetriche dell’Ospedale Sant’Anna di Torino.
Sono conclusioni importanti, a cui Sacco giunge in seguito a una ricerca, promossa dalla Fondazione Bracco con la collaborazione dell’Università IULM, condotta sulla causalità diretta tra partecipazione culturale e migliorata qualità della vita, “misurata secondo una scala con una precisa legittimazione clinica, denominata psichological general wellbeingindex, usata da circa quarant’anni negli Stati Uniti”.
Una dipendenza virtuosa che implicherebbe una minore ospedalizzazione e medicalizzazione “soprattutto da parte delle donne che hanno più motivazione intrinseca a investire su se stesse”, continua Sacco. “Se questo volesse dire che l’accesso culturale costante diminuisce dell’1% il tasso di ospedalizzazione, allora ci sarebbe una riduzione del costo del welfare del 4-5%”.
Questa riflessione sull’investimento in cultura collegato al sociale e l’esperienza del Sant’Anna, centro di riferimento nazionale per lo studio e la cura dei tumori femminili, l’uroginecologia, le tecniche di fecondazione assistita e il trattamento delle patologie della madre e del feto, sono i presupposti dai quali è nata laFondazione Medicina a Misura di Donna, che qui ha sede ed è presieduta da Chiara Benedetto. “L’idea nasce da un gruppo di donne e dal loro ascolto del vissuto di medici, pazienti e visitatori del Sant’Anna per andare incontro alle esigenze di altre donne”, spiega la dottoressa Benedetto.
Tra i principali obiettivi della Fondazione ritroviamo la necessità di rendere i nostri ospedali a misura di donna. Creare reti e sinergie, in Italia e all’estero, tra enti scientifici, universitari, culturali. Sostenere attività cliniche e di ricerca, direttamente o attraverso la concessione di premi, sovvenzioni e borse di studio. Promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione negli ospedali e negli spazi pubblici. Dare vita a percorsi di formazione e a momenti di confronto per il personale. Studiare e realizzare interventi architettonici funzionali ed estetici per migliorare gli spazi delle strutture sanitarie. E ancora, promuovere attività culturali e ricreative nei luoghi di cura.
Intanto è stata avviata una ricerca su questi temi tramite focus group. I risultati? Confermano sostanzialmente l’urgenza di trasformare una struttura percepita grigia, fredda, forse distante, in un luogo accogliente per le pazienti e le loro famiglie.
L’ingresso dell’ospedale sarà, dunque, il primo intervento della Fondazione, non solo dal punto di vista strutturale (tonalità delle pareti più calde, segnaletica più funzionale), grazie al progetto ideato e donato dall’architetto Stefano Pujatti dello Studio Elasticospa, ma soprattutto umano.
E qui entra in gioco, dopo la scienza e la tecnica, l’arte, rappresentata dal manager culturale Catterina Seia, qui in veste di vicepresidente della Fondazione, con l’impegno di recuperare risorse economiche sia dalla collettività che crede nel progetto, sia da partner istituzionali grazie a una campagna di sensibilizzazione sul tema dell’umanizzazione delle strutture ospedaliere.