Avviato nel gennaio 2008, ha come obiettivo quello di sviluppare nuovi strumenti e nuove tecnologie tattili artificiali ispirandosi al comportamento, ai processi neuronali e alla morfologia dei baffi di due specialisti del tatto: il ratto e il mustiolo etrusco, un piccolissimo insettivoro.
Nel regno animale la sensibilità tattile è molto utilizzata, soprattutto da parte di quegli animali che vivono e si spostano in modo particolare nelle ore notturne, o comunque in situazioni caratterizzate dall’assenza di luce: in questi casi il tatto (e non la vista) diventa il senso utilizzato per scoprire che cosa circonda lo spazio di riferimento, per esplorare e conoscere le superfici e gli oggetti circostanti.
Ed ecco allora il motivo per cui i ratti diventano un interessante modello cui ispirarsi: sono in grado di comprendere in modo estremamente raffinato come sia formata una superficie grazie alle loro vibrisse con cui spazzolano gli oggetti, proprio come noi facciamo con i polpastrelli.
Nelle ricerche effettuate i ratti dovevano toccare con i baffi una superficie e riconoscerne l’identità (più o meno ruvida) nel buio più assoluto. A seconda delle caratteristiche della superficie dovevano girare a destra o a sinistra per guadagnare il premio, ovvero dell’acqua. I ricercatori hanno registrato l’attività neuronale nella corteccia cerebrale dei ratti mentre erano impegnati nel compito, sono così riusciti a definire la rappresentazione degli stimoli, e a gettare luce sui meccanismi neuronali che traducono il tatto in riconoscimento. Per comprendere come l’attività neuronale determini il comportamento dell’animale, i ricercatori hanno esaminato nel dettaglio cosa accade quando i ratti falliscono la prova non riuscendo a guadagnare l’acqua.
In una prima fase, un gruppo di neuroni esegue una determinata operazione sui dati ricevuti dalle vibrisse e poi trasmette le informazioni che ha elaborato a un altro gruppo di neuroni. Questi (seconda fase) le elaborano a loro volta, poi le trasmettono a loro consimili. E così via. Gli scienziati misurano l'attività dei neuroni in ogni fase del processo con cui gli animali realizzano al buio la percezione degli oggetti sfiorandoli con le vibrisse, proprio come fanno i ciechi con le mani. L'attività dei neuroni si può misurare perché consiste in impulsi elettrici di pochi millivolt (millesimi di volt). La si misura disponendo molto vicino a un neurone un microscopico sensore elettronico che capta il segnale e lo invia al computer. Analizzare il funzionamento del cervello significa collegare l'attività dei neuroni al comportamento dell'animale.
Esaminando i video ripresi con telecamere infrarosse a 1.000 immagini al secondo, i ricercatori hanno riscontrato che l’errore accade perché i baffi hanno un contatto sbagliato con la superficie, passando cioè sotto o sopra l’oggetto d’interesse. Quando i neuroni corticali portano il segnale sbagliato, il ratto "ascolta" i suoi neuroni e compie inevitabilmente la scelta sbagliata.
«Sfiorando con i baffi le superfici – spiega il team del prof. Mathew Diamond della SISSA di Trieste, responsabile del laboratorio di percezione e apprendimento tattile - i ratti sondano gli oggetti che incontrano e generano sensazioni tattili: questa forma di
«In generale, il nostro progetto determinerà un cambiamento radicale nella comprensione della sensibilità tattile attiva e nell'utilizzo di sensori simili a baffi all'interno di macchine intelligenti», ha previsto il coordinatore del progetto, professor Tony Prescott dell'Università di Sheffield. «Le macchine attuali che imitano la realtà, quali i robot, non usano in maniera efficace il tatto. Imparando dalla natura e sviluppando tecnologie che utilizzano questo senso fisico, i nostri ricercatori potenzieranno le capacità delle macchine del futuro.»
L'obiettivo, dunque, è di realizzare robot dotati di sensibilità tattile superiore a quella consentita dagli attuali sensori. Automi che troverebbero applicazione non solo nelle protesi e nell'esplorazione di ambienti dove sia impossibile usare un sistema visivo perché bui o polverosi (edifici crollati durante un terremoto, ad esempio), ma anche, più banalmente, all'interno di aspirapolveri rendendole in grado di cambiare autonomamente l'accessorio in quanto capaci di distinguere la superficie di un tappeto da quella di un pavimento di marmo.