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Risolto il secondo mistero cosmico dei lampi gamma

Sono più di trenta anni che gli astronomi sbattono il muso contro i cosiddetti lampi gamma (Gamma-ray burst, GRB), esplosioni di energia che rappresentano l'evento più violento conosciuto in tutto l'Universo ma che non si riusciva a capire da cosa originassero. Ora sembra che il mosaico si stia completando, con due team internazionali che, secondo i loro articoli pubblicati sulla rivista Nature in due articoli separati, hanno aggiunto ciò che appare l'ultimo tassello.

I GRB hanno una storia interessante. Furono infatti scoperti nel 1967 da satelliti spia americani. Il compito di questi satelliti era di tenere sotto controllo i Russi per verificare il rispetto degli accordi internazionali, che prevedevano una limitazione negli esperimenti atomici.

Ma i satelliti ricevevano un bombardamento di raggi gamma, una volta al giorno. Come se da qualche parte sulla Terra si facessero esplodere continuamente bombe atomiche. Tra segreti militari e necessità di verificare le apparecchiature, arrivò il 1973, quando la notizia fu rivelata agli scienziati: da qualche parte nel cosmo c'erano esplosioni di energia spaventose.

I lampi gamma si dividono in due categorie: quelli di lunga durata (da due secondi fino ad alcuni minuti) e quelli brevi (da pochi millisecondi a meno di due secondi).

Per i primi la spiegazione fu trovata grazie ad una serie di osservazioni che coinvolsero il satellite italiano Beppo-SAX ed il telescopio spaziale Hubble. La loro origine corrisponde ad una esplosione di supernova, una stella di grande massa che ha terminato la sua vita.

Ma rimaneva il mistero dei lampi di breve durata. Si sospettava che fossero causati dalla fusione catastrofica di astri molto pesanti, ad esempio le stelle di neutroni.

satellite Swift Ora l'ipotesi è stata confermata dai dati ricavati dai satelliti Swift (creato dall'americana Nasa, l'italiana Asi e l'inglese Pparc) ed HETE-2 (Nasa), assieme alle osservazioni di telescopi a terra.

La tecnica è la stessa che ha portato alla scoperta sui lampi lunghi: prima di tutto il satellite registra l'esplosione di energia. A quel punto gli astronomi si affannano per puntare i loro strumenti, soprattutto telescopi ottici, verso la zona di cielo da cui il lampo è venuto. E' ciò che è successo il 5 maggio 2005 (satellite Swift) e poi nella notte tra il 9 ed il 10 luglio (HETE-2). Due lampi brevi, originati in lontane galassie, sono stati seguiti a lungo e con estrema precisione, dando origine alle due ricerche.

In un articolo di accompagnamento scritto da Luigi Piro, dell'Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica del CNR di Roma, si tirano le somme della situazione attuale.

Accoppiando i dati sull'esplosione gamma, sulla quantità di raggi X prodotta e su ciò che i telescopi hanno registrato nella luce visibile, gli astronomi sono stati in grado di stabilire che i lampi lunghi e quelli brevi sono effettivamente due tipi diversi di fenomeni astronomici. Mentre i primi, come si diceva, sono esplosioni di stelle giovani e massicce, per i secondi viene confermata l'ipotesi che li vede come risultato della fusione tra due stelle di neutroni, o tra una stella di neutroni ed un buco nero.

Nei dettagli, le cose iniziano con due stelle molto massicce che orbitano l'una attorno all'altra. Alla fine della loro esistenza avviene l'esplosione di supernova, che ha due effetti: da un lato il collasso stellare, come ben noto, lascia come residui degli oggetti estremamente densi (stelle di neutroni o buchi neri), dall'altro la forza dell'esplosione è capace di scagliare lontano le due "ex-stelle", portandole in zone periferiche della loro galassia. Qui i due oggetti possono fondersi tra loro, generando appunto un lampo gamma breve.

Anche se la soluzione appare ragionevolmente sicura, rimane ancora molto da fare in questo campo. Il violento fenomeno della fusione, ad esempio, dovrebbe generare forti onde gravitazionali, previste da Einstein ma mai osservate fino ad oggi.

Per il momento ci si può consolare del fatto che queste esplosioni non si verificano troppo vicine alla Terra. Già a qualche migliaio di anni luce di distanza le radiazioni sarebbero sufficienti per creare grossi guai alla vita sul nostro pianeta.

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