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Pacciamatura biodegradabile

Quando non serve più, sparisce: non è una magia, ma il frutto della ricerca scientifica

La pacciamatura consiste nel fare una copertura al terreno. Il termine deriva da pacciame, ovvero materiale organico di scarto, il primo utilizzato - inizi del '900 - con lo scopo di evitare forti perdite di acqua per evaporazione e non sprecare sostanze utili per aumentare la fertilità del terreno.

Con il tempo i materiali sono cambiati e gli obiettivi anche. Si è infatti capito che un terreno coperto permette di ridurre la crescita delle malerbe, assicura una maggiore pulizia dei frutti che maturano vicino a terra, come ad esempio le fragole, aumenta la temperatura del terreno e permette perciò di avere prodotti precoci. In più previene la formazione della crosta e la compattazione del terreno, per cui si possono ridurre le lavorazioni, ed aiuta a mantenerlo più umido nello strato interessato dalle radici delle coltivazioni.

I materiali sono scelti secondo criteri diversi: disponibilità in azienda (per esempio paglia o foglie) o da altre attività che producono scarti (per esempio segatura o cartoni). Il materiale che però ha conseguito il maggiore successo negli ultimi trent'anni è il film plastico, per la praticità d'uso.

Partendo sempre dagli idrocarburi come materia prima, sono stati messi a punto diversi materiali - polivinilcloruro o PVC, polietilene o PE, EVA - con i quali si tirano film di diverso spessore ( 0,05/ 0,15 mm). I film vengono stesi manualmente o con macchine apposite sul terreno , in pieno campo e in serra, e forati nei punti dove verranno messi i semi o le giovani piantine.

L'azione delle pellicole sul terreno sottostante è legata sia allo spessore - maggiore spessore significa più resistenza e più efficacia - che al colore: quelle nere, che bloccano le radiazioni solari, limitano al meglio la crescita delle malerbe ma riducono il riscaldamento del terreno; quelle traslucide e incolori favoriscono il riscaldamento e perciò una maggiore precocità delle piantine coltivate.

piantagione di pomodori

Il problema dei film plastici, come per tutti i derivati del petrolio, è quello dello smaltimento quando è finito l'utilizzo. La ricerca si è attivata su questo fronte, mettendo a punto dei nuovi materiali che sono fotodegradabili e biodegradabili.

I primi sono ottenuti in seguito a trattamento delle pellicole di polietilene con additivi che rendono il materiale più sensibile all'azione dei raggi solari. Dosando gli additivi, si possono ottenere film che esauriscono la loro azione quando la coltura finisce il suo ciclo e poi si decompongono. Le parti di pellicola coperte da terra non vanno però incontro a distruzione.

Più innovativa invece la ricerca di materiali che possono servire da cibo per i microrganismi del terreno. I polimeri come i poliesteri o i polimeri prodotti a partire da cellulosa o dall'amido di mais rispondono a tale esigenza, perché vengono assimilati e metabolizzati dai microbi che si trovano naturalmente nel terreno.