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La teoria delle stringhe secondo Tullio Regge? "Sta colando a picco"

Tullio Regge, noto fisico e matematico, ha esposto la sua tesi audace in occasione di una conferenza dei "Venerdì letterari" a Torino

Tullio Regge «Sono convinto che la corsa all’indietro nello spazio e nel tempo, alle origini del Big Bang e alla struttura elementare della materia, sia infinita; logicamente e spazialmente inaccessibile. Credo perciò che i quark che compongono elettroni e protoni non siano affatto le particelle più elementari; allo stesso modo, non c’è una catena di eventi univoca che ha portato dal Big Bang a noi, ma un’infinità di possibilità altrettanto plausibili». Tullio Regge, fisico e matematico di chiara fama, basa le proprie asserzioni audaci su anni di studi cosmologici, che lo hanno portato, tra l’altro, a esprimere la teoria della relatività generale in una formula semplificata, nota come «calcolo di Regge», e a delineare una teoria delle interazioni forti alle alte energie, nota come «teoria di Regge».

«La mia è comunque una fede, perché non ho prove di nulla», ha ammesso lo studioso durante un incontro ai «Venerdì letterari» di Torino, lo scorso 11 gennaio. «Ma anche la teoria del Big Bang estrapolata dalla teoria della relatività è frutto di un calcolo “azzardato”, che pure ha fatto compiere un progresso notevole alle nostre conoscenze. La teoria della relatività generale ha, infatti, permesso di descrivere piuttosto bene l’universo, rendendo chiaro che studiare distanze di 10 elevato alla 15 significa fare anche un viaggio nel tempo e osservare i primi istanti di formazione dell’universo, quando la materia obbedisce alle leggi della fisica quantistica. Ma sia nel campo dell’infinitamente grande che in quello dell’infinitamente piccolo dobbiamo essere consci di poter accedere a un panorama molto limitato». L’uomo deve «rassegnarsi ai propri limiti cognitivi, ma anche gioirne, perché avrà sempre qualche nuova scoperta davanti a sé».

collisione tra galassie Che dire della cosiddetta «teoria del tutto» o «teoria delle stringhe», tanto in voga tra i fisici di tutto il mondo? Secondo tale ipotesi gli oggetti fondamentali, alla base della materia esistente, sono cordicelle (stringhe) di dimensioni pari alla lunghezza di Planck (10 elevato alla -33 centimetri) che vibrano e, in base a come vibrano, danno luogo a diverse particelle subatomiche e alle forze che le governano. I suoi sostenitori ritengono che la teoria risolva, dal punto di vista matematico, il problema della separazione tra i mondi micro (meccanica quantistica) e macro (teoria della relatività generale) e sulla sua base calcolano che potrebbero esserci 10 elevato alla 500 universi differenti. «Negli Stati Uniti, però, la teoria delle stringhe sta colando a picco», ha rivelato Regge. «Ritengo molto più persuasive le idee del matematico Kurt Godel, mio ex collega a Princeton. Secondo Godel, chiunque scriva assiomi coerenti tra loro (es. l’1 è un numero dispari, il 2 è pari…) può sviluppare una grande quantità di teoremi, che comporranno una teoria. Nell’ambito di tale teoria può poi formulare proposizioni che risulteranno vere o false, in base a quanto stabilito dagli stessi assiomi di base (es. 1+1=3 è falsa). Godel dimostrò che in ogni teoria ci sono proposizioni che non si possono valutare: l’insieme di assiomi e teoremi di base non è sufficiente per valutare la verità o falsità della nuova proposizione». La soluzione? «Prendere tale proposizione e farne un nuovo assioma. In questo modo, però, la teoria cambia costantemente e si amplia all’infinito».

Le idee di Godel, ha spiegato Regge, comportarono un’autentica rivoluzione concettuale, perché dimostrarono che le teorie matematiche e fisiche non sono affatto sistemi chiusi e definiti, ma pieni di “buchi”. La teoria delle stringhe, non a caso, comprende una serie di predizioni (come l’esistenza di super-particelle) non dimostrabili allo stato attuale delle conoscenze e che attendono riscontri sperimentali. «Per questo», ha concluso Regge, «non credo ci sia una teoria cosmologica definitiva, ma infinite ipotesi che inglobano via via le precedenti. Lo spettacolo non finirà mai».

ricercatore dna Questo atteggiamento presuppone un sano scetticismo di fondo, che il professore applica a tutti gli ambiti della ricerca scientifica. «Il progresso scientifico deve essere valutato sempre con la dovuta severità: funziona o no? Fa bene o fa male?». È pur vero che non esistono soluzioni del tutto prive di rischi: «Questo comunque non è un valido motivo per abbandonare ogni pratica. Se, infatti, il cosiddetto “principio di precauzione” fosse preso alla lettera, dovremmo tornare all’età della pietra». Insomma, davanti a qualunque novità, occorre esigere il massimo controllo, senza opporre però un rifiuto ideologico né tanto meno un’approvazione a priori. «Non chiudetevi alla scienza», ha ammonito il professore, «perché alla fine saremo noi stessi a pagarne le conseguenze».

Un esempio? «Alcuni anni fa la terapia genica (basata sulla correzione del dna difettoso nei malati) diede i primi risultati positivi nel caso di alcune gravi patologie: fino ad allora i bambini immunodeficienti alla nascita erano costretti a vivere “sotto vetro”, perché qualsiasi batterio o virus poteva farli morire. Oggi, grazie alla terapia genica, possono guarire e vivere in modo del tutto normale. All’epoca, però, ci fu subito chi agitò lo spauracchio dei possibili rischi derivanti dalla manipolazione del genoma». Un allarme del tutto ingiustificato, ha spiegato Regge, perché «i cosiddetti organismi geneticamente modificati (Ogm) ci sono da sempre: la natura modifica costantemente il patrimonio genetico di animali e vegetali. Le mutazioni spontanee possono essere causate di volta in volta da fattori diversi come i raggi cosmici, le sostanze tossiche, gli agenti patogeni (es. virus)… Se non ci fossero queste alterazioni naturali, d’altronde, l’uomo stesso non si sarebbe mai differenziato dalla scimmia e noi non saremmo qui a discettare su tali questioni. Nessuno è mai riuscito a provare che nuocciano alla salute. Gli unici danni accertati», ha dichiarato lo studioso, «sono quelli economici e ambientali per chi, come l’Italia, continua a opporsi alle colture Ogm. Le varietà geneticamente modificate, infatti, hanno una resa produttiva molto più alta; inoltre, poiché sono intrinsecamente resistenti ai parassiti, non richiedono l’uso massiccio di pesticidi, altamente tossici e inquinanti».

mais pannocchia Una delle critiche principali alle colture Ogm (in nome della quale sono stati distrutti interi campi “frankenstein”) è che potrebbero contaminare i terreni vicini, provocando gravi danni. «Ma esistono Ogm il cui polline non contiene il gene contestato e non lo può trasmettere», ha obiettato Regge, «o anche Ogm sterili, creati nello stesso interesse delle aziende che ne detengono il brevetto. Su questi Ogm, tuttavia, è calata la censura ambientalista». Altri critici ancora sostengono che gli Ogm minacciano la diversità e condurranno alla scomparsa di varietà locali. «È vero semmai il contrario», ha spiegato il professore. «Il pomodoro di San Marzano, ad esempio, sta scomparendo vittima di un virus. E già siamo costretti, noi italiani adoratori degli spaghetti al sugo, a importare massicciamente pomodori dall’estero. Del San Marzano esiste la variante Ogm che resiste al virus. Da noi però è vietato coltivarla, così da anni ci mangiamo pomodori Ogm importati». Che senso ha tutto ciò?

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