Articoli

La riscossa delle proteine vegetali

Le proteine possono avere origine animale o vegetale. Un recente convegno ha stabilito come non sia tanto importante la fonte, quanto piuttosto la qualità dei composti proteici. Dal tubero della patata forti aspettative.

Nella primavera scorsa si è svolto ad Amsterdam il 1° Dibattito Internazionale “Confronto tra proteine animali e vegetali”, cui hanno partecipato accademici, esperti e rappresentanti dell’industria. Punto caldo della riunione la discussione sulle caratteristiche delle proteine vegetali: il loro contenuto in aminoacidi, la digeribilità, l’esistenza di possibili fattori antinutrizionali, il potenziale ruolo di arricchimento, a livello degli aminoacidi, nelle proteine inferiori.

E’ vero che i vegetali in generale hanno proteine meno complete - è noto come i cereali siano limitati nei contenuti in lisina e le leguminose difettino di metionina e cisteina - mentre le proteine animali non hanno mai problemi di limitazioni. Ma è anche vero che le possibili differenze tra le diverse fonti vegetali possono essere superate dalla loro grande varietà. E qualcuno al dibattito ha anche sostenuto come i tipi di aminoacidi nelle proteine non sono oggi elementi di importanza vitale, visto che in Occidente la normale alimentazione copre i fabbisogni. Quando si parla di qualità delle proteine, piuttosto, è importante conoscere e approfondire le indagini sul loro ruolo nel bilancio energetico necessario all’omeostasi - ovvero alla stabilità delle funzioni interne dell’organismo - e al mantenimento della salute.

Quando il dibattito si è rivolto all’esame della patata come potenziale fonte di proteine, è emerso che, a detta degli esperti, la valutazione qualitativa delle sue proteine si pone al di sopra di quella delle proteine della soia, considerate già tra le migliori nel mondo vegetale. Dati positivi sono inoltre presenti in merito alle proprietà di queste proteine come stimolanti del senso di sazietà e dei positivi effetti nelle diete destinate a ridurre il colesterolo. Restano invece al momento da esplorare alcuni aspetti, come ad esempio la valutazione delle proprietà allergeniche.

Per lungo tempo, l’umile patata è stata sottovalutata come fonte vitale di proteine da sfruttare commercialmente, visto che il contenuto non supera il 2%. Ma recenti osservazioni hanno evidenziato come la stessa percentuale è presente nel succo, un residuo della produzione dell’amido, nel quale, quando si fa una valutazione riferita alla materia secca, la percentuale cresce al 27%: i numeri allora cominciano ad essere commercialmente interessanti.Piantagioni di patate La produzione di amido comporta un elevato consumo di energia e di acqua e genera molti scarti: adottando nuovi processi di lavorazione (cosiddetti di “separazione dolce”) si potrebbero ridurre i primi anche del 30% e sfruttare al meglio i secondi. Infatti, nel processo produttivo delle amiderie il succo di patata subisce un pretrattamento e una fase di assorbimento, dopo di che prosegue su due linee: la frazione ad alto peso molecolare da’ origine ad un ingrediente alimentare secco e contiene in grandi quantità “patatine”, la proteina specifica, caratterizzata dall’essere costituita da una famiglia da 40kDa di glicoproteine, le molecole organiche che costituiscono il 40% delle proteine solubili nei tuberi, generalmente introvabili in altri tessuti vegetali; la frazione a basso peso molecolare è un liquido che contiene inibitori della proteasi , l’ enzima che regola la rottura del legame peptidico nelle proteine, e che già oggi trovano innumerevoli applicazioni, compresa quella farmacologica. Una volta purificata, la “patatine” potrebbe avere un vasto campo di applicazione in tutte quelle trasformazioni industriali alimentari e non in cui si richiedano caratteristiche schiumogene, emulsionanti, gelatificanti, ecc.

Per approfondimenti

http://www.solanic.nl/downloads/Summary_report_Solanic_Debate_240507.pdf

Suggerimenti