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La distanza della Luna

La Nasa ha impiegato il progetto Apollo per andare sulla Luna. Il vecchio Qfwfq, invece, ci andava sotto con una barchetta, poi tirava fuori una scaletta a pioli e con quattro salti era già su. Racconto tratto da "La memoria del mondo" Oscar Mondadori, Milano 1997

Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla Terra. Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree che lei Luna provoca nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia.

Lo so bene! – esclamò il vecchio Qfwfq – voi non ve ne potete ricordare ma io sì. L’avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand’era il plenilunio, notti chiare come di giorno, ma d’una luce color burro, pareva che ci schiacciasse; quand’era luna nuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento; e a luna crescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la cresta d’un promontorio e restarci ancorata. Ma tutto il meccanismo delle fasi andava diversamente che oggigiorno: per via che le distanze dal Sole erano diverse, e le orbite, e l’inclinazione non ricordo di che cosa; eclissi poi, con Terra e Luna così appiccicate, ce n’erano tutti i momenti: figuriamoci se quelle due bestione non trovavano modo di farsi continuamente ombra a vicenda.

L’orbita? Ellittica, si capisce, ellittica: un po’ ci s’appiattiva addosso e un po’ prendeva il volo. Le maree, quando la Luna si faceva più sotto, salivano che non le teneva più nessuno. C’erano delle notti di plenilunio basso basso e d’alta marea alta alta che se la Luna non si bagnava in mare ci mancava un pelo; diciamo: pochi metri. Se non abbiamo mai provato a salirci? E come no? Bastava andarci proprio sotto con la barca, appoggiarci una scala a pioli e montar su.

Il punto dove la Luna passava più basso era al largo degli Scogli di Zinco. Andavamo con quelle barchette a remi che si usavano allora, tonde e piatte, di sughero. Ci si stava in parecchi: io, il capitano Vhd Vhd, sua moglie, mio cugino il sordo, e alle volte anche la piccola Xlthlx che allora avrà avuto dodici anni. L’acqua era in quelle notti calmissima, argentata che pareva mercurio, e i pesci, dentro, violetti, che non potendo resistere all’attrazione della Luna venivano tutti a galla, e così polpi e meduse color zafferano. C’era sempre un volo di bestioline minute – piccoli granchi, calamari, e anche alghe leggere e diafane e piantine di corallo – che si staccavano dal mare e finivano nella Luna, a penzolare giù da quel soffitto calcinoso, oppure restavano lì a mezz’aria, in uno sciame fosforescente, che scacciavamo agitando delle foglie di banano.

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Selezione a cura di Stefano Sandrelli

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