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L'alcol come l'aspirina?

L'alcol, bevuto in dosi moderate, agisce sulla coagulazione sanguigna in un modo che ricorda molto da vicino quello dell'aspirina, comunemente usata oggi in chi ha già avuto un infarto.

Tutto cominciò con il "paradosso francese", una parola entrata piano piano nel gergo dei ricercatori, e poi della gente comune, per indicare un qualcosa capace di proteggere dalle malattie cardiovascolari anche chi ha un'alimentazione non proprio salutare.

Negli anni '70, infatti, si cominciò notare che i Francesi, pur avendo una dieta molto ricca di grassi, paragonabile a quella degli Inglesi, si ammalavano (e morivano) molto meno di infarto. vino C'era qualcosa che li proteggeva, ma cosa? La differenza fondamentale tra le due popolazioni era il vino, consumato in buone quantità dai cittadini d'oltralpe. Oggi è sicuramente difficile trovare qualcuno che non conosca il fatto che questa bevanda abbia funzioni positive nei confronti del cuore e dei vasi sanguigni, un dato sempre più confermato dalle ricerche scientifiche.

La gran parte delle informazioni in questo campo, fino a qualche anno fa, veniva unicamente dall'epidemiologia, cioè da studi che, esaminando intere popolazioni, sono capaci di mettere in relazione le abitudini di vita con lo stato di salute. Le più recenti iniziative si sono però concentrate anche sui meccanismi biologici attraverso i quali il vino, o altre bevande alcoliche, potrebbero svolgere la loro azione. L'ultima ricerca in questo campo è stata condotta dal Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, dove gli scienziati hanno usato i dati del progetto "Framingham Offspring Study of risk factors for cardiovascular disease".

Il Framingham è una ricerca medica molto famosa. Il nome viene da una cittadina americana dove, a partire dagli Anni Cinquanta, praticamente tutti gli abitanti sono stati coinvolti in uno studio rivolto ad esaminare i fattori di rischio e le possibilità di prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari. Poi sono arrivati i figli, ed anche loro sono entrati nel progetto, che è diventato, appunto, il Framingham Offspring Study, con in tutto 5.124 partecipanti.

Di questi, 3.798 sono stati studiati tra il 1° aprile 1991 ed il 1° marzo 1994. I risultati hanno mostrato che le persone abituate a bere da tre a sei drink alcolici a settimana (in questo caso non è specificato il tipo di bevanda) avevano una minore capacità coagulativa del sangue, e c'era anche un più basso livello di attivazione delle piastrine.

In pratica, l'alcol, sempre in dosi moderate, agisce sulla coagulazione sanguigna in un modo che ricorda molto da vicino quello dell'aspirina, comunemente usata oggi in chi ha già avuto un infarto. L'aspirina, infatti, esercita la sua azione riducendo la capacità delle piastrine di aggregarsi, lo stesso meccanismo individuato nello studio americano.

Minore coagulazione significa una minore probabilità di formazione di trombi nelle arterie (causa principale dell'infarto), ma anche una minore capacità di fermare le emorragie. I dati, pubblicati sulla rivista Alcoholism: Clinical & Experimental Research, confermano insomma l'ipotesi secondo la quale un consumo moderato di alcol causa da un lato una protezione dal rischio di essere colpiti da infarto, dall'altro una più alta possibilità di ictus cerebrali emorragici. Ancora una volta, proprio come l'aspirina.

Dal punto di vista pratico sembrerebbe quindi che l'alcol sia positivo per un verso (prevenzione dell'infarto), ma negativo per l'altro (aumento del rischio di emorragie cerebrali). Ciò a cui bisogna però fare attenzione è la frequenza dell'evento clinico che viene modificato. Una riduzione dei casi di infarto nella popolazione, infatti, rappresenta un vantaggio notevole, decisamente superiore al rischio di un limitato aumento delle possibilità di ictus. E' il solito rapporto costi-benefici che si incontra in medicina quando si ha a che fare con un farmaco. Questa volta va applicato ad un alimento.

Bisogna poi considerare che lo studio americano non ha fatto differenza tra le varie bevande alcoliche. Ma molti ricercatori in tutto il mondo hanno gli occhi puntati non solo sull'alcol, ma anche su altre sostanze. Ad esempio, il vino è ben noto per la sua ricchezza in flavonoidi ed altre molecole ad azione antiossidante. Nel suo caso l'azione preventiva verso l'infarto non sarebbe dovuta solo al contenuto alcolico, ma anche, e forse soprattutto, alle altre caratteristiche che lo rendono così unico.

In ogni caso, tutte le ricerche scientifiche hanno mostrato, senza ombra di dubbio, anche che il "paradosso francese" non è una scusa per alzare il gomito. Al di là di un consumo moderato di un bicchiere di vino a pranzo ed uno a cena, infatti, cominciano a farsi sentire gli effetti negativi dell'eccesso di alcol, una sostanza sempre pericolosa. Ed allora il consumatore un po' esagerato si ritrova non solo a perdere i vantaggi di prevenzione, ma addirittura aumenta il suo rischio di ammalarsi.