Ogni mare e ogni oceano del nostro pianeta formano parte di un unico, globale, Oceano che può essere paragonato al sistema circolatorio umano: esso infatti supporta tutta una serie di funzioni vitali, che rendono il pianeta abitabile, senza le quali anche la specie umana è destinata all'estinzione. E oggi lo stato di salute degli oceani è seriamente compromesso ed è in atto una pericolosa estinzione della fauna marina.
L'allarme, inquietante, arriva dall'ultimo Rapporto, “International Earth System expert workshop on ocean impacts and stresses”, di recente pubblicato dall'IPSO - International Programme on the State of Ocean -, al quale ha lavorato un gruppo internazionale formato da 27 esperti di sei diversi paesi.
Le attività umane stanno producendo un impatto sull'ecosistema marino tale che, negli ultimi decenni, le estinzioni sono aumentate sino a diventare anche cento volte più numerose rispetto ai valori fisiologici. In pratica in pochi secoli l'uomo produce cambiamenti così radicali e irreversibili da poter essere paragonati a quelli che nel passato si sviluppavano nell'arco di ere geologiche (centinaia di milioni di anni).
Più in dettaglio gli scienziati hanno analizzato 50 recenti documenti di ricerca da parte di esperti di oceani, ed hanno evidenziato che i livelli di carbonio assorbiti dai mari del Pianeta oggi sono già diventati molto più elevati rispetto all’epoca dell’ultima estinzione di massa di specie marine, circa 55 milioni di anni fa, quando alcuni gruppi di animali hanno subito il 50% di perdite. Un singolo evento di sbiancamento di massa poi, avvenuto nel ’98, ha ucciso il 16% di tutte le barriere coralline tropicali del mondo.
Alex Rogers, dell'Università di Oxford, in qualità di coordinatore del lavoro, ha evidenziato che i risultati sono scioccanti, la situazione è, infatti, ben più grave di quanto si fosse fino ad oggi registrato con ricerche individuali. Anche la Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) mantiene la stessa posizione: c’è in sostanza grande sorpresa per la velocità e la portata dei cambiamenti in atto.
I fattori che pesano su questa progressiva compromissione dell’ambiente oceanico, combinando e assommando i loro effetti negativi, sono sostanzialmente: l'inquinamento, dal quale deriva l’aumento dell’acidita’ dei mari, la pesca indiscriminata e il cambiamento climatico con conseguente riscaldamento delle acque.
Considerando che tre di essi, mancanza di ossigeno, riscaldamento e acidificazione, erano presenti anche in ognuna delle precedenti fasi di estinzione di massa registrate nella storia della Terra, è facile capire quanto debba essere elevato il livello di allarme e quanto sia importante valutare in tempo utile le azioni di mitigazione che possono essere messe in campo immediatamente.
Si pensi ad esempio che gli oceani, grazie ai processi di fotosintesi dei microvegetali marini, forniscono circa il 50% dell'ossigeno presente sulla Terra, inoltre hanno un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio, provvedendo al riassorbimento dell'anidride carbonica (CO2) emessa in atmosfera. Ma se i valori di anidride carbonica aumentano con ritmi esponenziali, come avvenuto nel corso dell'ultimo secolo, le potenzialità di assorbimento dei mari vengono saturate e l'acqua fa registrare dei livelli di acidità alterati, dannosi per gli ecosistemi marini più delicati. Il processo di acidificazione in corso oggi è più elevato di quello occorso negli ultimi 55 milioni di anni.
Il riscaldamento globale, oltre ad alterare l'habitat di numerosi ecosistemi marini, influisce sullo scioglimento dei ghiacci artici, con conseguente rilascio in atmosfera del metanointrappolato nel permafrost, terreno solitamente perennemente ghiacciato. Il metano, più ancora della CO2, contribuisce all'effetto serra.
Per non parlare degli effetti conseguenti all'inquinamento dovuto al petrolio, a diversi prodotti chimici e ai rifiuti, in particolare quelli plastici, che vengono trasportati negli oceani ed entrano nella catena di alimentazione della fauna marina con conseguenze disastrose. Sul banco degli imputati anche la pesca intensiva che dal canto suo ha prodotto una riduzione del 90% di alcune specie.
Più si ritardano gli interventi per la riduzione delle emissioni, maggiori dovranno essere le percentuali di miglioramento nel futuro e, soprattutto, più elevati saranno gli impatti sociali e i costi per la messa in atto degli interventi sempre più radicali richiesti.
Proprio questa urgenza e il pensiero dell’eredità che lascieremo alle generazioni future fanno dire a Dan Laffoley, presidente della Commissione mondiale sulle Aree protette (IUCN), nonchè co-autore del rapporto, “Le sfide per il futuro degli oceani sono enormi, ma a differenza delle generazioni precedenti oggi sappiamo cosa accadrà. Il tempo per proteggere il cuore azzurro del nostro pianeta è oggi".