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Escherichia Coli: il batterio killer

Il parere della Dottoressa Caramelli, direttore scientifico dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta (Izsto), da sempre in prima linea nel monitoraggio delle malattie umane di origine animale

Ci sono volute quasi cinque settimane perché le autorità tedesche riuscissero a individuare finalmente la fonte dell’epidemia che ha causato circa 40 morti e oltre 3.500 infezioni per lo più in Germania (dati European fFod Safety Agency, 20 giugno). Principali indiziati i germogli di legumi, che in Italia indichiamo genericamente come germogli di soia poiché le varietà risultano pressoché indistinguibili al consumatore medio.

Escherichia coli - immagine al microscopioSecondo Alfredo Caprioli, direttore del laboratorio dell’Istituto Superiore di Sanità che fa da centro di riferimento europeo sull’escherichia coli (il ceppo di batteri responsabile dell’epidemia tedesca), «la presenza del patogeno nei germogli spiegherebbe perché il contagio è stato così circoscritto: essendo piantine molto deperibili, non vengono mai vendute lontano dalla zona di produzione»; la loro delicatezza inoltre fa sì che «non siano coltivate a terra, ma in vaschette con acqua e sali nutrienti, e a temperature abbastanza elevate: l’habitat ideale per la proliferazione dei batteri».

L’agente patogeno può essere stato veicolato dall’acqua usata per la germinazione oppure dal seme, ma per Caprioli è «più probabile la seconda ipotesi, visto che in genere l’acqua di coltura viene sterilizzata. La pianta d’origine può contaminarsi quando è ancora nel campo e il batterio passa, in fase dormiente, al seme. Quando poi il seme è messo in coltura, il patogeno si risveglia».

Oltre all’azienda della Bassa Sassonia che le autorità tedesche hanno individuato come fonte prima dell’infezione, potrebbero esserci altre imprese che hanno in lavorazione germogli a partire dai semi infettati. Dunque l’allarme su questi alimenti resta alto, mentre sono del tutto scagionati cetrioli, pomodori e lattuga, additati a più riprese nelle settimane passate come veicoli dell’infezione.

Per Maria Caramelli, direttore scientifico dellIstituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta (Izsto), da sempre in prima linea nel monitoraggio delle malattie umane di origine animale (le cosiddette «zoonosi»), siamo dinanzi alla «più grande epidemia da malattia alimentare avvenuta in Europa in tempi recenti».

Maria CaramelliDottoressa Caramelli, partiamo dal batterio responsabile dell’epidemia. Sappiamo che appartiene alla famiglia escherichia coli produttrice di Verocitotossina o Shiga-tossina (Vtec o Stec), di cui esistono circa cento diverse varianti. In cosa si differenzia il ceppo isolato in Germania?

La famiglia dei batteri escherichia coli comprende ceppi buoni e cattivi (identificati con una lettera seguita da un numero); si annidano nell’intestino di uomini e animali e vengono eliminati attraverso le feci nell’ambiente. I bovini non sviluppano malattia, quindi possono essere “portatori sani”. L’O104, isolato in Germania, provoca gastroenterite come tutti i tipi aggressivi di escherichia coli: libera infatti tossine che aderiscono alla parete intestinale e provocano forti crampi, dissenteria, leggera febbre e vomito. In alcuni casi (in genere pochi) provoca anche una Sindrome emolitico uremica (Seu) che danneggia gravemente le pareti vascolari dei reni. Finora il ceppo O104 non era monitorato in Europa perché non rientrava tra quelli segnalati come particolarmente pericolosi. Un elemento “anomalo” del ceppo tedesco O104 è che è molto resistente agli antibiotici, caratteristica dovuta probabilmente anche alla somministrazione indiscriminata di tali farmaci ai bovini. Altra peculiarità della recente epidemia è che circa in un caso su quattro sfocia in Seu, mentre in genere si tratta di una complicanza rara; inoltre O104 colpisce soprattutto le donne (68% dei casi), forse perché sono più esposte al contagio quando cucinano, inoltre mangiano più frequentemente verdura cruda.

Il laboratorio europeo di riferimento per l’ e. coli, che ha sede a Roma, ha messo a punto un metodo specifico per la ricerca del ceppo O104 negli alimenti. Voi avete già usato questa tecnica? Quanto tempo occorre per avere i risultati delle analisi?

Sì, il Laboratorio controllo alimenti dell’Izsto ha usato proprio quel metodo per testare alcuni campioni di cetrioli. La procedura è stata messa a punto a Roma in tempi record: 2-3 giorni dopo l’inizio dell’epidemia. In genere con questo test occorrono 24 ore per stabilire se ci sono o meno batteri della famiglia e. coli; se l’esito è positivo, bisogna controllare di che tipo di e. coli si tratta (altre 24 ore); a quel punto, se si tratta proprio di O104, l'iter prevede di mandare il campione a Roma per un’ulteriore conferma (altre 24 ore). In tutto, dunque, possono trascorrere tre giorni.

Germogli di soiaUna delle principali fonti di allarme e disorientamento nell’opinione pubblica è il fatto che si è tardato molto a individuare la fonte del contagio, cioè i germogli di legumi. Perché questa difficoltà? È un limite tecnico-scientifico o c’è di mezzo anche una scarsa organizzazione?

Credo che ci sia stato un concorso di fattori e, forse, anche la scarsa trasparenza iniziale: in genere tutte le crisi alimentari hanno una prima fase “opaca”, perché inevitabilmente i provvedimenti toccano sistemi produttivi e interessi economici. A ciò occorre aggiungere la difficoltà di fare un’indagine epidemiologica sull’alimentazione. Quando si sono verificati i primi casi in Germania, il batterio responsabile dell’infezione è stato individuato velocemente, così si è subito stabilito che l’origine doveva essere alimentare. Ma fare un’indagine epidemiologica sulle abitudini alimentari di tante persone nell’arco di 10 giorni (il tempo massimo di incubazione della malattia) è obiettivamente difficile.

Per questo si è data la colpa di volta in volta a cetrioli, pomodori, salame di cervo, germogli di soia...?

Le persone contagiate in Germania erano state in 26 ristoranti diversi. I primi malati interrogati dalle autorità sanitarie avevano dichiarato tutti di aver mangiato cetrioli crudi, poi però si è scoperto che altre persone infette non ne avevano consumati, mentre solo un quarto del totale ricordava la presenza di germogli nell'insalata. Se a questi elementi fuorvianti si aggiunge che in emergenze simili bisogna prendere decisioni tempestive per scongiurare l’ulteriore estensione del contagio, è chiaro che i falsi allarmi si possono moltiplicare provocando purtroppo danni economici, come nel caso dei cetrioli spagnoli. Resta il fatto che la Germania è un Paese che in genere brilla per efficienza e organizzazione, anche nell’ambito delle produzioni agro-alimentari (hanno anche un Istituto nazionale per la valutazione del rischio) quindi non mi sembra possano esserci margini di critica da questo punto di vista. L’episodio tedesco è la tipica crisi alimentare che, da emergenza sanitaria, diventa politica, economica e sociale.

Lavaggio frutta e verduraA questo punto quali indicazioni pratiche si possono dare ai cittadini italiani, sia in termini di igiene personale sia di acquisto e consumo degli alimenti?

È ormai chiaro che frutta e verdura si possono consumare tranquillamente, tanto più in Italia. Quindi occorre seguire le norme igieniche valide in generale per prevenire ogni forma di infezione alimentare, non solo da e. coli. Queste regole si applicano soprattutto agli alimenti che consumiamo crudi, dal momento che la cottura completa distrugge tutti i batteri. Per ciò che riguarda frutta e verdura, occorre lavare i prodotti in modo accurato, con un po’ di sfregamento manuale: l’acqua è sufficiente per evitare tutti i rischi, tanto più che nel nostro Paese i controlli non hanno rilevato alcun campione infetto da O104. Altra indicazione importante è lavarsi bene le mani prima di preparare i cibi e mettersi a tavola e anche dopo l’uso dei servizi igienici (le infezioni da e. coli possono trasmettersi da uomo a uomo attraverso l’ingestione di cibi venuti accidentalmente a contatto con deiezioni contaminate). Più in generale, poiché ci avviamo verso l’estate e temperature maggiori, ricordiamoci che gli alimenti deperibili devono essere lasciati il minor tempo possibile a temperatura ambiente e conservati in frigorifero: la bassa temperatura, infatti, rallenta la crescita di qualunque micro-organismo.

E nel caso di carne e latte cosa si deve fare?

Confezioni di carne in atmosfera protettivaIl pericolo potenziale viene dalla carne poco cotta o cruda e dal latte crudo. La carne si può contaminare durante la fase di macellazione, se c’è “inquinamento” ambientale, e l’unico rimedio è la cottura completa. Per il latte occorre passare attraverso la pastorizzazione (trattamento termico); purtroppo il pericolo si annida anche in tutti i prodotti a base di latte crudo, come gelato e formaggi di latte crudo. La legge italiana, tra l’altro, impone di far bollire il latte crudo spillato dai distributori automatici (i cosiddetti «bancolat»): purtroppo in passato l'inosservanza della norma ha causato il contagio di alcuni bambini. Infine anche i cibi “ready to eat”, pronti da mangiare e preparati industrialmente, possono essere fonte di infezione: l’ e. coli O157, ad esempio, è stato trovato in confezioni di maionese e succhi di frutta.

Quali lezioni si possono trarre dall’epidemia tedesca?

Sicuramente è stato un buon test per la nostra rete di sorveglianza: in un solo giorno abbiamo analizzato numerosi campioni di cetrioli. Più in generale, la crisi scoppiata in Germania deve ricordarci che le malattie trasmesse dagli alimenti sono in crescita. I motivi sono diversi: la crisi economica, che induce a consumare cibi scaduti o a produrli saltando norme igienico-sanitarie “costose”; l’invecchiamento progressivo della popolazione; la globalizzazione dei mercati e i crescenti flussi turistici; la diffusione di nuovi stili alimentari (come l’assunzione di cibi “esotici” o preparati in modo inusuale, tipo il sushi crudo). Purtroppo ogni anno in Europa si ammalano decine di migliaia di persone per assunzione di acqua o cibo contaminati: tutto ciò, quando non provoca morti, ha comunque un costo elevato, sia per i sistemi sanitari che per quelli economici.

Per approfondimenti:

Istituto Superiore di Sanità -  Laboratorio Comunitario di Riferimento VTEC:

http://www.iss.it/vtec/index.php?lang=1

European Center for desease prevention and control:

http://ecdc.europa.eu/en/healthtopics/escherichia_coli/epidemiological_data/Pages/Epidemiological_updates.aspx

 

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