Il petrolio, il carbone e il gas naturale costituiscono le fonti energetiche convenzionali di cui la società usufruisce quotidianamente per soddisfare i propri fabbisogni a livello di consumi di mantenimento e produzione. La dipendenza da queste tre risorse naturali è infatti molto forte: il petrolio è utilizzato come carburante ed è alla base della formulazione chimica della plastica, mentre il carbone e il gas naturale attraverso vari processi di lavorazione sono trasformati in combustibili e prodotti chimici di uso industriale e comune. Il loro impiego massiccio sta suscitando molti timori in merito al rischio, ormai non molto remoto, di un possibile esaurimento, e per questo la ricerca di fonti energetiche alternative tiene banco da anni all’interno della comunità scientifica internazionale. Tentata la strada del nucleare e delle cosiddette energie rinnovabili, oggi è la volta delle piante. Potrebbe infatti arrivare dal mondo verde una soluzione al fabbisogno sempre crescente della società per ciò che riguarda la produzione di combustibile, carburante e prodotti derivati di uso quotidiano.
La nascita del Progetto EPOBIO
La commissione di studio euroamericana che gestisce il Progetto EPOBIO ha stabilito che l’attività di ricerca relativa alle nuove energie rinnovabili deve essere sviluppata monitorando continuamente l’impatto che può avere sull’ambiente, sulla società e sull’economia. Inoltre deve tenere conto dell’opinione e delle aspettative della classe politica e della popolazione, e deve prevedere un adeguato piano di comunicazione in merito agli avanzamenti della ricerca stessa. Una scelta senza precedenti nel mondo scientifico, che riconosce la necessità di inserire i progressi conseguiti in un più ampio contesto sociale.
L’attività di ricerca svolta nell’ambito delle tre aree tematiche individuate è finalizzata allo sviluppo di alcune piattaforme tecnologiche come la chimica sostenibile, l’industria biotecnologica, i biocarburanti, l’individuazione e l’utilizzo di piante con idonee caratteristiche energetiche, l’impiego di materiali di derivazione vegetale attraverso uno sfruttamento controllato del patrimonio forestale. Scendendo nello specifico, gli scienziati del Progetto EPOBIO ritengono che gli oli vegetali possano sostituire quelli di origine minerale nella produzione di lubrificanti, che le pareti cellulari delle piante siano utilizzabili per produrre energia e prodotti attualmente derivati dal petrolio, e che i biopolimeri siano da considerarsi valide alternative alla gomma.
Gli oli vegetali sono parenti prossimi di quelli minerali. Hanno strutture e proprietà simili, ma fino a oggi il loro impiego è stato limitato dagli elevati costi di estrazione. Dalle ultime relazioni pubblicate nell’ambito del Progetto EPOBIO, però, è emerso che una pianta appartenente alla famiglia delle Cruciferae, il
Le pareti cellulari delle piante contengono elevate quantità di zuccheri e composti che potrebbero essere trasformati, con idonei processi di lavorazione in apposite bioraffinerie, in energia, combustibile e prodotti che attualmente derivano dalle cosiddette risorse convenzionali. Il problema è rappresentato dal fatto che le pareti cellulari sono strutture che si sono evolute per resistere ad attacchi di natura fisica, chimica e microbica e per questo rappresentano un ostacolo al proprio utilizzo. L’obiettivo che si sono posti i ricercatori del Progetto EPOBIO è trovare una modo per riuscire a utilizzare una simile ricchezza.
Infine, l’impiego dei biopolimeri in alternativa alla gomma è auspicabile a fronte di una domanda che nel 2020 supererà del 25% la disponibilità e di un accertato aumento a livello mondiale di casi di intolleranza al lattice. Gli scienziati ritengono che una soluzione al problema possa fornirla il
Le relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori del Progetto EPOBIO sono presentate annualmente in seminari internazionali. Il primo è stato organizzato nel 2006 a Wagenigen, nei Paesi Bassi, mentre il secondo, dal titolo