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Difendere le opere d’arte dai biofilm

I biofilm batterici e fungini rappresentano un problema sia nel settore sanitario che in quello ambientale. Le acquisizioni scientifiche recenti e l’interazione fra gruppi di ricerca specialistica hanno il compito di trovare soluzioni efficaci per la salvaguardia dei monumenti.

La brutta patina verdastra che spesso ricopre statue o parti di edifici d’epoca è dovuta alla presenza di biofilm, cioè di pellicole costituite da comunità di microrganismi immersi in una matrice mucillaginosa, formata da polisaccaridi, prodotta dai microbi stessi. Il colore deriva dalla clorofilla posseduta da questi microrganismi fotosintetici, con prevalenza di cianobatteri, che, per il fatto di essere completamente autosufficienti, possono impiantarsi su substrati inerti, come le rocce o i marmi, una volta che siano soddisfatte le loro necessità in termini di luce, temperatura e umidità. Il loro proliferare sulle opere d’arte non si limita solo ad un danno estetico, ma produce purtroppo danni microstrutturali nel materiale colonizzato. Si distinguono infatti microrganismi epilitici, che restano sulla superficie, e microrganismi endolitici, che penetrano negli strati sottosuperficiali.

Nei biofilm di origine microbica possono poi essere presenti anche “organismi eterotrofi, dando così origine a cenosi complesse e specifiche” (Lamenti et al., 2000) e si possono trovare anche licheni, con i quali si instaura un rapporto di simbiosi. Un vero problema per molti esemplari del vasto patrimonio artistico europeo, già esposti all’azione di fattori di degrado abiotici come le piogge acide o le sostanze inquinanti.

Chimere ricoperte da biofilm

Contro i biofilm nel passato sono stati utilizzati dei biocidi, cioè principi attivi in grado di distruggere o contrastare lo sviluppo di microbi considerati nocivi per l’uomo. Tali sostanze però, una volta rilasciate nell’ambiente, hanno spesso dimostrato di avere un impatto negativo sull’ambiente, compresi gli uomini.

Il Progetto europeo BIODAM si è fatto carico di concepire nuovi metodi di controllo delle patine biologiche, più “amichevoli” nei confronti dell’ambiente. Nella prima fase del progetto, durata due anni, i trattamenti sono stati eseguiti in laboratorio con la tecnica in vitro, su pietra e su strati d’intonaco. Le combinazioni comprendenti i fotodinamici sono quelle che hanno per ora dato i migliori risultati quanto ad efficacia. Nel futuro l’applicazione verrà effettuata in situ, direttamente su statue e monumenti.

Per approfondimenti

http://www.iss.it/binary/publ/publi/05_C5.1118408709.pdf

Progetto Biodam http://www.ucl.ac.uk/sustainableheritage/conference-proceedings/pdf/PD.20_gorbushina.pdf

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