Sfruttare le proprietà di propagazione della luce sulla superficie di cristalli fotonici per rilevare marcatori tumorali presenti in bassissime quantità nei campioni biologici, permettendo così una diagnosi precoce.
Questo l’obiettivo del prototipo di biosensore fotonico nato dalla collaborazione tra il team del ChiLab - Laboratorio Materiali e Microsistemi del Dip. di Scienza dei Materiali del Politecnico di Torino (guidato dal Prof. Fabrizio Pirri) con il Dip. di Scienze Oncologiche dell'Università di Torino presso l'Istituto di Candiolo e la Direzione Scientifica della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus, nella persona del Prof. Federico Bussolino.
Una partnership che permette di integrare competenze scientifiche in campo fisico ed ingegneristico con quelle biologiche e molecolari, finalizzate a mettere a punto sistemi che permetteranno una diagnosi più precoce dei tumori. Il progetto vede anche la collaborazione dell'Università del Piemonte Orientale e di due aziende, Biodiversity ed Inpeco.
La tecnologia proposta ha lo scopo di superare gli attuali limiti di sensibilità delle misure dei marcatori tumorali. Una volta messa a punto permetterà di misurare variazioni significativamente più piccole di specifici marcatori tumorali rispetto a quelle rilevate dalle tecnologie oggi disponibili. Ciò permetterà un’anticipazione del percorso diagnostico e terapeutico da intraprendere, nonché un’ulteriore possibilità per meglio seguire la risposta ai farmaci.
Il principio di rivelazione dei sensori si basa sulla possibilità di controllare la propagazione della luce sulla superficie di nanostrutture fotoniche. Gli effetti di propagazione della luce su superfici metalliche e su cristalli fotonici sono noti da decenni. È recente invece l'intuizione di utilizzare questi effetti per la diagnosi in ambito biomedicale. In questo caso la superficie del cristallo fotonico viene “funzionalizzata”, resa cioè sensibile ad uno specifico marker tumorale grazie a particolari recettori molecolari, studiati presso l’Istituto di Candiolo.
Una luce laser viene fatta propagare sulla superficie funzionalizzata del cristallo fotonico. Così come un piccolo oggetto è sufficiente a increspare un sottile velo d'acqua che scorre sul marmo di una fontana, allo stesso modo un'onda elettromagnetica di superficie – la luce – è facilmente alterabile dalle piccole perturbazioni che avvengono sulla superficie del cristallo fotonico, in seguito al riconoscimento di uno specifico biomarker tumorale. Un fotorivelatore, misurando questa variazione di intensità luminosa, fornisce l'indicazione della presenza di marker anche in quantità molto piccole.
La misura biosensoristica mediata da onde elettromagnetiche di superficie garantisce una grande sensibilità anche in presenza di piccole quantità di molecole da rilevare.
I risultati ottenuti finora sono molto incoraggianti: hanno permesso di testare la sensibilità del sistema di detection e validarlo dal punto di vista della stabilità e della ripetibilità. Misure controllate in laboratorio hanno rilevato in modo specifico quantità di un picogrammo (un miliardo di volte più piccole del milligrammo) di alcune biomolecole test. Ma i ricercatori sono convinti di poter migliorare di almeno 100 volte la sensibilità finora dimostrata con le prove preliminari: una volta testata la capacità del sensore di “catturare” le proteine di prova, inizieranno i test per la detection di proteine comunemente usate come marker tumorali.
Il team del Politecnico di Torino è impegnato su questo filone di ricerca dal 2007, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma (Prof. Francesco Michelotti) e l’EPFL di Lausanne e Neuchatel. Altri gruppi focalizzati su analoghi sistemi di rilevazione fanno capo a istituti di ricerca statunitensi, australiani e russi.
Si tratta di uno studio dalle grandi potenzialità, che una volta sviluppato potrà avere un impatto significativo sulle attività diagnostiche e terapeutiche su un ampio numero di tumori. I riscontri finora avuti sono estremamente incoraggianti e promettenti, ma l’applicazione di questa sofisticata tecnologia nella pratica diagnostica oncologica necessiterà di alcuni anni di approfondimenti e validazioni, prima dell’utilizzo su ampie casisitiche di pazienti.